FINI ACCENDE LA MICCIA DELLA LA CAMPAGNA ELETTORALE - L’OSPITATA A “BALLARÒ” CON LA BORDATA SULLA SIGNORA BOSSI È LA SVOLTA: FINITA LA STAGIONE DELLE INTERVISTE “EX CATHEDRA”, TOLTO DI MEZZO IL BEGANIZZATO BOCCHINO, IL LEADER FLI ACCETTA UN DIBATTITO ALLA “PARI” CON GLI ALTRI POLITICI E È SUBITO RISSA CON I LEGHISTI ALLA CAMERA - I TIPINI FINI: “UN AGGUATO ORGANIZZATO DALLA GELMINI E DALLA SANTANCHÉ” - DANIELA: “CI VUOLE UN BEL CORAGGIO A PARLARE DELLA MOGLIE DI BOSSI QUANDO SI HA QUELLA MOGLIE E QUEL COGNATO”…

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1 - LA MUTAZIONE DI FINI APRE LA CAMPAGNA ELETTORALE ED È RISSA ALLA CAMERA
Fabio Martini per "La Stampa"

Era dall'inizio di «Ballarò» che Gianfranco Fini cercava l'«acuto», ma non lo trovava. E così, quando mancavano pochi minuti alla conclusione della trasmissione, il presidente della Camera si è prodotto in un «numero» sulle pensioni di anzianità: «Magari non tutti sanno che esistono casi da manuale, c'è un'insegnante andata in pensione a 29 anni..., a 39 anni chiedo scusa: quella signora è la moglie dell'onorevole Bossi! Questo magari spiega...».

Cosa spiega? Fini, questo non arriva a dirlo, anche perché le sue parole sono coperte da un applauso in sala del pubblico seduto sul lato «sinistro» e dalle proteste della ministra Maria Stella Gelmini: «Ha una scuola e tuttora insegna... Questa è una caduta di stile da parte del presidente della Camera...». E Fini: «Va bene, è una caduta... ma la verità fa male!». E poi, rivolgendosi a Giovanni Floris che provava a sedare: «Aspetti Fazio...».

Due sere fa l'affondo di Gianfranco Fini, ieri mattina l'immediato riverbero nell'aula di Montecitorio. Con una raffica di «delicatezze» scambiate tra gli opposti schieramenti. Per prima ha protestato la Lega con accuse alla «doppiezza» di Fini, presidente della Camera e capo-partito; sono seguiti reiterati coretti da stadio («dimissioni, dimissioni»), indirizzati dai banchi del centrodestra verso il presidente della Camera; una quasi-scazzottata tra un deputato leghista Fabio Rainieri e uno finiano, Claudio Barbaro; l'annuncio del presidente dei deputati Pdl Fabrizio Cicchitto: «Investiremo del caso il Capo dello Stato».

A tutti, in aula, ha replicato Fini: «L'accusa di partigianeria nei miei confronti è insussistente».

E finalmente la vicenda si è conclusa nel pomeriggio, coronata da una battuta delle sue da parte di Umberto Bossi. Gli hanno chiesto: cosa vuol dire a Fini? E Bossi: «Di andare a quel paese». E poi: «Quando uno va in pensione, ci va con le regole che ci sono».

Effettivamente la signora Bossi, a suo tempo, è andata in pensione rispettando la legge di quel momento. Ma proprio perché di baby pensione legale si tratta, l'affondo di Fini ha tutta l'aria di un vero e proprio cambio di marcia. Pensato a freddo da parte di chi ritiene molto probabili (e auspicabili) elezioni nella prossima primavera e comunque fa tutto per accreditare un clima «elettorale».

Preoccupato di ridar fiato a un Fli mai decollato come partito, il presidente della Camera ha cominciato a scoprire le sue carte nei giorni scorsi: per la prima volta da quando presiede l'aula di Montecitorio, Fini ha fatto conoscere ai curatori di «Ballarò» la sua disponibilità a partecipare ad un dibattito alla «pari» con gli altri interlocutori, concludendo così la stagione delle interviste «ex cathedra». E non ha obiettato sulla presenza, al suo fianco, del «comunista» con l'orecchino Nichi Vendola. E due sere fa, in studio, Fini è partito sì con «l'aplomb» sottolineato da un Maurizio Crozza in versione buonista.

Ma poi in almeno due occasioni, è sembrato voler accendere la miccia. Quando si è rivolto alla Gelmini: «Sei nervosa, eh?». E quando ha spiegato la ritrosia del governo ad intraprendere la strada della patrimoniale, adducendo una ragione personale: «Il più ricco contribuente italiano è Silvio Berlusconi».

Ieri mattina il dibattito a Montecitorio, avviato dal presidente dei deputati leghisti Marco Reguzzoni, che imputa a Fini «una caduta di stile» nei confronti della Lega che «non è mai scesa nel gossip, non ha mai fatto il nome della moglie del Presidente della Camera, lei sì coinvolta in fatti di gossip e giudiziari ben più importanti». Oramai il dibattito diventa greve, rischia di degenerare in boxe, vengono schierati i commessi per dividere bossiani e finiani.

2 - I FINIANI: TUTTO ORGANIZZATO DA GELMINI E SANTANCHÉ
Monica Guerzoni per il "Corriere della Sera"

«Era tutto organizzato...». Lo dicono Flavia Perina e Fabio Granata e lo pensano in molti, tra i finiani. La rissa alla Camera non è scoppiata per caso, non è stato il «naturale» degenerare di una situazione politica da tempo compromessa. No, è stato «un agguato». Una «manovra studiata a tavolino» per sviare l'attenzione dell'opinione pubblica dai problemi del governo e dalle richieste dell'Europa. Questo si dice nei capannelli che si formano a caldo, nel Transatlantico di Montecitorio.

E i nomi che girano, sottovoce, anche nel centrodestra, sono quelli del ministro Mariastella Gelmini e di Daniela Santanché. Ma il sottosegretario smentisce, racconta che quando «è scoppiato il caos» lei era nella sala del governo, impegnata in una riunione ai massimi livelli. E giura che lei e la Gelmini non hanno «organizzato un bel nulla» perché tutto è nato «da come si è comportato Fini martedì in tv».

Il presidente della Camera «non può avere la botte piena e la moglie ubriaca», non può essere al tempo stesso la terza carica dello Stato e il capo di un partito di opposizione: «La gente è stufa, ci chiede di fare qualcosa... La mia pagina facebook è zeppa di commenti e presto gli elettori si muoveranno spontaneamente».

Minaccia la piazza? «I cittadini sono stufi e mi viene un sospetto. Fini è l'unico politico che ha avuto un avviso di garanzia sulla casa di Montecarlo senza che nessuno sapesse o scrivesse nulla fino all'archiviazione. Ci vuole un bel coraggio a parlare della moglie di Bossi quando si ha quella moglie e quel cognato... Fini guardi in casa sua». Di fronte a toni come questi il presidente della Camera, in Aula e fuori, è rimasto impassibile. E i suoi dicono che andrà dritto per la sua strada «senza farsi intimorire».

Dirà quel che ha da dire e forse alzerà ancora i toni, come gli hanno consigliato gli spin doctors americani della PSB (Penn Schoen & Berland), società Usa leader nei sondaggi che ha avuto tra i suoi clienti Bill Clinton, la Microsoft e anche Silvio Berlusconi. A Fini i comunicatori a stelle e strisce hanno detto che il suo nome sulla scheda elettorale vale il 2,5 per cento in più ed è per questo che Fli non intende rinunciarvi. Italo Bocchino lo ha confermato a «La Telefonata», su Canale 5: «Visto che siamo convinti che si voterà a marzo abbiamo dato inizio alla campagna elettorale».

Ecco spiegati i toni hard di Fini, gli interventi «più politici» che a detta del vicepresidente del partito significano «un recupero di un punto in dieci giorni». Ma sulla corsa del presidente della Camera verso le urne anticipate, primo test per il suo partito, c'è un ostacolo. E nemmeno tanto piccolo. Il movimentismo elettorale di Fini preoccupa gli alleati dell'Udc, che guardano con apprensione ai toni «forti» del compagno di strada. Ieri alla Camera era questo uno degli argomenti più compulsati dai parlamentari centristi. Eppure Casini è stato leale. Quando si è trattato di difendere Fini ha preso la parola in Aula e ha fatto la sua parte: «Si è sempre comportato in modo imparziale...».

 

GIANFRANCO FINI LA RISSA TRA LEGHISTI E FINIANI FOTO ROBERTO GIACHETTI PD CALUDIO BARBARO FLI CONTRO FABIO RAINIERI LEGA ALLA CAMERA FOTO ANSA Umberto Bossi e sua moglie Manuela Marrone MARIA STELLA GELMINI DANIELA SANTANCHE