BANANA RIDENS - BASTANO LE LARGHE INTESE (CON PRISA E TELEFONICA) SULLA PAY TV IN SALSA SPAGNOLA PER FAR IMPENNARE IL TITOLO MEDIASET IN BORSA (+16%)? O SOTTO BOLLE QUALCOSA?

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Ettore Livini e Giovanni Pons per "la Repubblica"

Le grandi manovre sull'asse Milano-Madrid mettono le ali al titolo Mediaset che balza del 16,4% e regala a Silvio Berlusconi un guadagno di 200 milioni (virtuali) in un giorno. A innescare la galoppata a scoppio ritardato delle tv di Arcore è stato l'annuncio, a dire il vero un po' fumoso, dell'avvio di una valutazione sul progetto di integrazione tra le attività di pay tv in Italia - Mediaset Premium - con il 22% del Biscione in Digital +, la tv a pagamento iberica controllata al 56% da Prisa.

La notizia è arrivata a metà seduta di mercoledì. I fuochi d'artificio azionari sui network del Cavaliere sono però scattati solo ieri mattina, quando gli analisti hanno iniziato a valutare le possibili ricadute dell'annuncio. Incluse le ipotesi (allo stato ancora un po' di fanta-finanza) di un patto di ferro tra Mediaset e Telefonica, azionista al 22% di Digital +, che dalle televisioni potrebbe arrivare fino a Telecom Italia.

Un segnale in questa direzione è arrivato nelle ultime ore dal mondo della politica, con il premier Enrico Letta che avrebbe prima dato un via libera preventivo al rafforzamento di Telefonica in Telecom e che poi si è adoperato per affossare la riforma della legge sull'Opa chiesta dal senatore Mucchetti.

Inoltre, a molti non sfugge il fatto che un'eventuale incorporazione di Mediaset in Telecom, con la Fininvest che diventerebbe il socio industriale italiano del gruppo al posto delle banche, rappresenterebbe anche una contropartita per l'uscita dalla scena politica di Silvio Berlusconi. Mentre gli spagnoli verrebbero "ricompensati" con la vendita di Tim Brasil nelle modalità che permetteranno a Telefonica di non essere penalizzata dall'autorità antitrust sul mercato sudamericano.

Tutte ipotesi la cui realizzazione dipenderà in maniera cruciale dal cda di Telecom che si andrà a formare, oggi o ad aprile se quello attuale verrà riconfermato dall'assemblea. È evidente che un cda modello public company sarà meno incline ad avallare accordi tra i vari gruppi o soci che non siano nell'interesse di tutti gli azionisti. Un punto di riferimento potrebbe essere British Telecom che ha appena lanciato la sua sfida a BSkyB in Gran Bretagna sulla paytv e con il mercato che potrebbe tornare a scommettere sulla convergenza tra media e tlc.

Per il momento Piazza Affari si limita a festeggiare la speranza che Cologno riesca a trovare un partner finanziario con cui condividere l'avventura, fino ad oggi costosissima, nelle pay-tv. Mediaset Premium ha 1,8 milioni di abbonati ma da tempo ha smesso di crescere e viaggia ancora in rosso.

Le nozze con i cugini iberici consentono adesso di dare un valore a questo asset: la società unica con la pay spagnola potrebbe essere quotata in Borsa o anche ceduta tout court a un investitore (i nomi sono i soliti: Al Jazeera, Canal + o Rtl) intenzionato a sbarcare in un colpo solo in Italia e a Madrid.

Sul piatto però c'è anche un'altra ipotesi. Il polo delle tv a pagamento potrebbe essere utilizzato da Mediaset, forse assieme a Telefonica, per provare a conquistare il 100% di Digital +. Il 56% di Prisa nel canale - che ha 1,7 milioni di abbonati ma quota in lieve perdita - è in vendita da qualche mese. Ma nessuno, finora, ha offerto i 900 milioni circa che l'editore di El Pais chiede.

Prisa però, alle prese con un duro piano di rientro dei debiti, avrebbe adesso ridotto le sue pretese. E i due partner detengono un diritto di prelazione su questa quota. A inizio gennaio potranno essere presentate nuove offerte per la pay-tv di Prisa e a quel punto si dovrebbe giocare a carte un po' più scoperte.

Di sicuro l'annuncio di mercoledì ha riportato un po' di buon umore per i soci Mediaset che dalla nascita di Forza Italia e l'addio al governo Letta in pochi giorni era ripiombata sotto i 3 euro dai 3,8 raggiunti con la corsa del 2013.

 

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