DAGOREPORT – CHI È STATO A FAR TRAPELARE LA NOTIZIA DELLE DIMISSIONI DI ELISABETTA BELLONI? LE…
Carlo Bertini per “La Stampa”
«Conte dice che M5s parla ai moderati? Noi parliamo a tutti», fende l’aria Enrico Letta, per rimarcare l’identità di un Pd interclassista. «Conte invita gli elettori Pd a votare Raggi al ballottaggio? Ci andrà Gualtieri al ballottaggio, vincerà lui e mi fermo qui», dice e non dice il leader Pd.
Per evitare di rinfacciare che non inviterà mai gli elettori dem a votare la sindaca uscente, grazie alla quale non si è potuto fare alcun accordo a Roma. Dunque Letta ritiene, a differenza di altri big del Pd, che «nella capitale e a Torino non c’è un accordo sul ballottaggio e non ci sarà», rivela uno dei suoi consiglieri.
Ma quel che colpisce sono le uscite del leader dem all’indirizzo di Conte, pur condite con un «non voglio fare polemiche con Conte, siamo molto d’accordo e stiamo facendo cose molto positive insieme».
Precisazione che implicitamente conferma la frizione di interessi, se pur in spirito fraterno, come tra chi compete nello stesso terreno di gioco: con quel Giuseppe Conte leader di M5s, che sarebbe un suo competitor per palazzo Chigi nel caso le due forze unite vincessero le elezioni nel 2023.
A Torino test al primo turno
Due forze che cercano disperatamente di congiungersi in alleanze ovunque almeno ai ballottaggi. Tanto che a Torino, il flop delle primarie ha aperto un problema, ma offerto al contempo un’inedita possibilità al Pd: cercare un’intesa con i 5 Stelle, da una posizione non di forza.
«Ora vai avanti e cerca di aprire alla città», è stato il messaggio consegnato ieri mattina da Letta dopo la vittoria ai punti di Stefano Lorusso. Il quale ha subito lanciato un appello alle personalità di spicco della società torinese per farsi dare una mano. «Ma deve aprire poi un confronto sui progetti concreti anche con i 5 Stelle, provando a costruire le condizioni di un comune sentire tra i rispettivi elettorati», è il consiglio di Andrea Giorgis, ex sottosegretario e uomo di punta del partito piemontese.
ENRICO LETTA - ROBERTO GUALTIERI
Lorusso dunque tenterà un accordo ponte con i grillini al primo turno sulle circoscrizioni: per scegliere insieme due candidati presidenti, uno del Pd e uno di M5s, su cui far convergere i voti. Come viatico per un accordo al secondo turno, che la Appendino frena ma che metà dei grillini già rincorrono.
Ma se al Nazareno pensano che vi sia poca speranza di accordi blindati con il M5S a Roma e Torino, «due simboli delle sconfitte renziane», un altro simbolo di lotta sul campo tra i due attuali leader di Pd e 5 Stelle è l’ultima idea che ha avuto Letta.
stefano lo russo alle primarie pd
Caccia alle pmi e ceto medio
Il leader Pd farà una grande iniziativa nazionale per le piccole imprese, un viaggio in alcune filiere produttive e nei settori delle microimprese, i più colpiti dalla crisi. Terreno di caccia dei grillini, visto il verbo contiano su M5S che rappresenta il ceto medio moderato.
Dunque le avvisaglie di dura «competition» (per usare un termine usato da Romano Prodi quando si presentò alle Europee del 1999 con il suo Asinello contro Marini e D’Alema), cominciano a manifestarsi.
Anche la resistenza di Letta a candidarsi a Siena per il seggio che fu di Piercarlo Padoan, pare sia anche dovuta al rifiuto di Giuseppe Conte a candidarsi a Roma in un seggio lasciato vacante dai grillini. Insomma, se Conte non vuole entrare in Parlamento perché dovrebbe farlo Letta?
Il quale, prima di sciogliere la riserva, offre una motivazione nobile: il dovere di sostenere tutti i candidati sindaci all’election day di ottobre e di non pensare solo a se stesso con una campagna autoriflessa. Ma frena anche guardando al suo alleato-rivale Giuseppi, con il quale si sente «spesso» e al quale dovrà strappare voti per farli rientrare nel carniere piddino da cui sono in gran parte usciti.
foto di stefano lo russoenrico letta giuseppe conte 1
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