PUTIN, SUCCHIA ‘STO LIMONOV! – LO SCRITTORE: ‘IN CRIMEA È GUERRA CIVILE E MOSCA DOVREBBE MANDARE UN SUO CONTINGENTE MA PUTIN È UN LEADER DEBOLE, NON MI ASPETTO NULLA DA LUI’

Lucia Sgueglia per ‘La Stampa'

Mentre sale la tensione in Crimea e Mosca non esclude manovre militari al confine con l'Ucraina, il russo Eduard Limonov, nato a Kharkiv, recluta i seguaci a sostenere l'indipendenza di Simferopol, auspicando un effetto «a catena» in tutto l'Est ucraino: «Non staremo a guardare come uccidono i russi» dice, e sul suo blog apre le iscrizioni per la «Società dei fan del turismo in Crimea», possibilmente con esperienza militare e pronti a partire se «la stagione turistica si aprisse all'improvviso».

Non le sembra di giocare col fuoco?
«E perché? C'è già la guerra civile laggiù! Tutte quelle persone uccise, i Berkut... Kiev è già una rovina, come nella guerra mondiale. La nostra iniziativa serve a coordinare e unire tutte le persone che vogliono aiutare la Crimea. Dobbiamo dimostrare che nessuno può imporle la propria volontà».

In che modo? Secondo lei la Russia dovrebbe mandare i carri armati?
«Non dico che dobbiamo attaccare. Ma la Russia per me deve dichiarare il proprio sostegno alla Crimea: o inviando dei volontari, come minimo, per aiutare la popolazione russa in loco ad auto-organizzarsi. O appoggiandone, ad esempio, l'indipendenza. E come opzione massima, mandare un contingente militare».

L'Ucraina per lei è Russia?
«No, certo, l'Ucraina non è Russia. Ma ci vivono 9 milioni di russi: sono nostri compatrioti. L'interesse della Russia è appoggiare l'Ucraina. L'Ucraina non è mai stata unita, è stato il potere sovietico a crearla e unirla, a partire dalla Repubblica Socialista Sovietica Ucraina (1919, capitale Kharkov), fino al 1991.

Lo Stato ucraino non è mai esistito. Ma hanno un Paese, una cultura, una lingua eccezionali. E quelli che ora distruggono le statue di Lenin, forse vogliono rifiutare anche la Crimea che gli fu regalata da Krusciov nel 1954? È una enorme contraddizione. Io vorrei che l'Ucraina si dividesse in due: l'Occidente è austro-ungarico, mentre l'Oriente da sempre è stato parte dell'Impero russo».

Come giudica il governo attuale instaurato a Kiev?
«Rappresenta solo l'Ovest del Paese, che è arrivato tardi, per ultimo, nell'Ucraina: nel 1939 la Transcarpazia annessa dalle forze sovietiche, e poi nel 1945. Lì vigono valori diversi: c'è l'influenza del cattolicesimo, più quella austro-ungarica. La guerra dei partigiani di Bandera contro i sovietici lì è durata fin quasi agli Anni 60».

A Mosca ora si grida ai «pogrom antirussi» puntando il dito contro il «nazionalismo» di Kiev. Ma Lvov, da sempre roccaforte europeista e pro-opposizione, ieri ha dichiarato una «giornata della lingua russa» in solidarietà con l'Est del Paese, contro la decisione del parlamento di abrogare il russo come seconda lingua.
«Sono solo pubbliche relazioni. È un nazionalismo campanilista. I rappresentanti ora al potere a Kiev vengono tutti dall'Ucraina occidentale, sono nazionalisti occidentali».

Putin tace, come mai?
«Lui cerca sempre di nascondersi. È un leader debole, ma comunque più forte di Yanukovich, che è un imbroglione. Se Putin dicesse che la Russia sostiene la Crimea, lì subito si attiverebbero. Ma non mi aspetto nulla da lui, la sua è una politica evasiva».

E l'Europa?
«Per l'Europa è indifferente chi distrugge i Paesi. Guardi cos'è successo in Siria: lì hanno scelto gli estremisti islamici per compiere l'opera, ora in Ucraina per questo ruolo hanno preso gli estremisti-nazionalisti».

L'Ucraina è così importante per i russi?
«Certo, e molto: quel che accade è la situazione più tragica dalla fine dell'Urss. Nel 2004 noi (oppositori russi, ndr) appoggiammo la rivoluzione arancione: perché era diversa, era pacifica e liberale. Ora invece lì non ci sono europeisti contemporanei, ma modelli di fine guerra».

Sarebbe pronto a lottare in prima persona per i russi di Crimea, come fece quando sparò su Sarajevo al fianco dei cecchini serbi?
«Questo lo dice lei. Io posso dire solo che sono pronto ad andare in Ucraina, se sarà necessario, per aiutare il popolo».

 

 

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