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VIDEO - ''FUCK DONALD TRUMP!'' - IL VIDEO RAP DI YG
VIDEO - IL RAPPER YG FA CANTARE ''FUCK DONALD TRUMP'' A 40MILA SPETTATORI DEL FESTIVAL COACHELLA
il rapper yg canta fuck donald trump a coachella
Maria Giovanna Maglie per Dagospia
Se proprio non gliela vogliono dare la nomination, neanche ora che a New York li ha stracciati, ai vertici del Partito Repubblicano toccherà sparargli. Lo teorizza anche un rap , “Fuck Donald Trump”, composto ed eseguito da YG e Nipsey Hussle. davanti a ventimila persone al Coachella festival la settimana scorsa.
Non è male immaginarsi i bacchettoni del GOP a Washington che canticchiano in doppio petto gessato e colletto duro “ All the niggas in the hood wanna fight you Surprised El Chapo ain’t tried to snipe you Surprised the Nation of Islam ain’t tried to find you Have a rally out in L.A., we gon fuck it up Home of the Rodney King riot, we don’t give a fuck You built walls? We gong prolly dig holes And if your ass do win, you gong prolly get smoked Fuck nigga, fuck you! When me and Nip link, that’s Bloods and Crips Where your L.A. rally? We gon crash your shit”;
il rapper yg canta fuck donald trump a coachella
laddove tra un insulto e l’altro si evince che se dovesse vincere va fatto fuori, che avrebbe dovuto occuparsene El Chapo o l’Islam, e che si potrebbe procedere durante un rally a Los Angeles. Fanatici estremisti i due artisti? No, “He got me appreciating Obama way more,” Trump li avvicina ancora di più a Obama.
Mentre il video veniva girato, la polizia è intervenuta a fermare tutto temendo casini seri, ma il contenuto viene trasmesso regolarmente dalle radio, e si è preso giudizi lusinghieri da Billboard, the Source, MTV, il cui critico, Adam Fleischer, scrive che “è un punto di vista netto che funziona di fatto da richiamo contro Trump, unisce centinaia di persone che marciano nelle strade senza distinzioni di genere, età, razza”.
Per intanto vale quel che Rudy Giuliani ha detto martedì ad urne aperte a New York al New Day di Cnn, ovvero che “ se gli mancano alla nomination venti o trenta voti, cambino la regola,come ne hanno cambiate tante, e gliela diano, è dovuta”.Poi, dagli affari loschi ai tempi di Little Rock allo scandalo White Water alla strage di Bengasi,ai misteriosi rapporti tra la Fondazione Clinton e la Swiss bank, l’ex sindaco di New York ha brillantemente indicato le magagne di Hillary Clinton e famiglia che dovrebbero essere approfondite ulteriormente e diventare cavallo di battaglia del partito repubblicano.
donald trump celebra la vittoria di new york
Invece i repubblicani buttano milioni di dollari per fare la guerra a Trump. Ancora Giuliani, che detesta la nomenclatura gop ed è ricambiato, ha ricordato l’imbroglio dei delegati rubati da Ted Cruz: “ Se vinci per un canestro tre punti e te ne assegnano due, è scorretto,e basta, ed è per questi maneggi, per simili scorrettezze, che non solo Trump ma anche Sanders hanno avuto tanti voti, perché la gente è stanca”.
In realtà già prima della grande vittoria di New York, 89 delegati su 95, neanche uno a Cruz, 4 a Kasich, il grosso del partito ha cominciato a riflettere sui costi politici della guerra a Donald Trump. Una riunione a porte chiuse in Florida è finita di fatto con una conclusione simile a quella auspicata da Giuliani: se arriva molto vicino al numero magico di 1237, anche gli altri delegati confluiranno su di lui, chi volete che si prenda una responsabilità diversa.
hillary clinton e famiglia a new york
Ne arriveranno circa 200 a Cleveland liberi di decidere quale candidato appoggiare,certo gli uomini di Trump devono avvicinarli, corteggiarli, convincerli, imparare da Cruz. Qualcuno di loro comincia a dirlo chiaramente, come Ron Kaufman, membro del Comitato Nazionale Repubblicano del Massachusetts e delegato “libero”, vicino a Mitt Romney e a Jeb Bush, quando dichiara che “se dopo il 7 giugno ( ultime primarie in California), sarà arrivato vicino, sarà evidente per la gente che ha vinto il numero più alto di delegati e ottenuto il numero più alto di voti in modo gigantesco. Alla fine, vogliamo che i milioni di nostri elettori delle primarie si sentano tranquilli che i loro voti valgono, che non li buttiamo nell’immondizia, che vogliamo essere certi che siano con noi a novembre”.
Non si rassegnano quelli di Our Principles PAC, l’organizzazione principale di finanziatori anti Trump. Dice il direttore, Katie Parker: “Il numero è 1237, se non ce l’ha, sarà una convention aperta e ce la giocheremo, la gente deve capire che sarebbe un candidato debole, senza possibilità di battere Hillary”. Vedremo. La campagna di addomesticamento di Trump è partita alla grande con il nuovo campaign manager Paul Manafort, che ha assunto Rick Wiley, prendendolo dallo staff del comitato repubblicano per i suoi stretti legami con l’establishment del partito.
hillary clinton vince le primarie di new york
Il super Tuesday della East Coast, 26 aprile, sembra sorridere loro: Connecticut, 28 delegati; Delaware, 16 delegati; Maryland, 38 delegati; Pennsylvania,71 delegati; Rhode Island, 19 delegati. Tranne che per Rhode Island, the winner takes all, il vincitore prende tutti i delegati.
melania trump vota alle primarie di new york
La Clinton viaggia su un altro treno, altro percorso. New York ha dato una sonora lezione alle velleità di Bernie Sanders, a poco sono serviti gli Spike Lee e le Susan Sarandon, in questa città e in questo Stato Hillary ha sempre avuto alto gradimento, da quando si presentò come candidato senatore nel 2000, che era ancora first lady. Certo, la sua abituale fortuna la accompagnò allora, a Rudy Giuliani, l’avversario repubblicano al Senato, venne un cancro.
Ma da allora va detto che si è spesa per gli abitanti della Grande Mela e del Grande Stato, e raccoglie i frutti, troppo facile pensare che bastasse qualche giovanotto e un po’ di star di Hollywood a far conoscere il senatore del Vermont. Il quale ha masticato amaro ma continua la corsa, e questo richiede alla Clinton di inseguirlo a sinistra per prendergli voti ora, e assicurarsi gli altri dopo la nomination, alle elezioni generali di novembre.
ted cruz magna pure a pittsburgh
Questo è un peccato, ed è un pericolo, perché già le è toccato inseguire il liberal Obama e fare non poche gigantesche sciocchezze quando era segretario di Stato, Primavera araba e Libia sopra a tutte.
La campagna 2016 però era stata avviata e studiata nel solco terzista del marito ed ex presidente, Bill Clinton, uno che nel 1992 aveva fatto fuori estremisti neri, pastori radicali, soprattutto lo strapotere delle Unions, il sindacato; uno, insomma che un moderato, anche di simpatie repubblicane poteva votare senza troppo sforzo.
donald trump junior con la figlia
Questa strada è perduta, a Hillary Clinton ora toccano le trivelle da fermare, il salario minimo da aumentare, la riforma sanitaria di Obama che Sanders vorrebbe ancora allargata, le tasse da alzare agli imprenditori, la legalizzazione della marijuana, la schedatura dei poliziotti. Tutti argomenti che in casa Clinton sono sempre stati considerati spazzatura per rooseveltiani e radical della East Coast.
bernie sanders con la moglie jane
bernie sanders in pennsylvania
bill clinton vota alle primarie
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