DAGOREPORT - TONY EFFE VIA DAL CONCERTO DI CAPODANNO A ROMA PER I TESTI “VIOLENTI E MISOGINI”? MA…
Alessandro Trocino per il “Corriere della Sera”
Luigi Di Maio interrompe il suo tour nazionale a sostegno dei candidati dei 5 Stelle per un'apparizione televisiva da Fabio Fazio, nella quale parla da ministro degli Esteri ma, di fatto, anche da leader «naturale» del Movimento. Di Maio rivendica i risultati del referendum e spiega che «gli italiani sono riusciti a dettare l'agenda delle riforme dei prossimi mesi. Ora siamo costretti a fare una legge elettorale, a riformare i regolamenti e possiamo superare le pluricandidature».
Dice anche, cambiando passo rispetto al passato, che è il momento di «affrontare il tema del bicameralismo». Il modello inevitabile, spiega, è il proporzionale, sia pure corretto con una soglia di sbarramento per la governabilità. Il 3 per cento, gradito anche a Matteo Renzi, «è una soglia sana». Poi chiede di «abolire i paracadutati» e introdurre le preferenze. La tappa successiva della lotta «anticasta» sarà il taglio degli stipendi dei parlamentari: «Bisogna dare un segnale, per mantenere un rapporto di fiducia con i cittadini».
Di Maio scommette con forza sull'alleanza con il Pd: «Mettere in discussione l'intesa con i dem vorrebbe dire far cadere l'esecutivo. Io, invece, sono d'accordo con Zingaretti: serve un colpo d'ala per questo governo, che è stato rinforzato dalla pandemia e dalle Regionali». Colpo d'ala che non consiste nel rimpasto: «Noi non siamo interessati. E poi, cambiare per la terza volta in tre anni gli interlocutori con l'Europa vorrebbe dire rallentare il Recovery Fund».
Di Maio si dice pronto a «dialogare» per modificare i decreti sicurezza, anche se insiste a chiedere più «solidarietà» all'Europa. Le diplomazie, aggiunge, stanno lavorando «per rinegoziare gli accordo con la Libia sui centri di detenzione». Quanto alla politica estera, va bene il dialogo commerciale con la Cina, «ma noi restiamo ancorati ai valori dell'Occidente».
Sul fronte interno, riassume così: «Muoviamoci: meno opinioni e più idee». Un'urgenza che ha a che fare con i conflitti che attraversano il Movimento: «Non mi auguro scissioni, siamo una grande famiglia. Io mi sono dimesso otto mesi fa per dare responsabilità a tutti, per avviare un processo di cambiamento, che deve mettere insieme queste anime, con un organo collegiale e un programma rinnovato». Che includa il dialogo con il Pd: «Non credo alla corsa solitaria».
A tenere i fili della macchina organizzativa, è però ancora Vito Crimi. Che ieri sera ha sentito in video conferenza gli europarlamentari e oggi vedrà i consiglieri regionali, ma anche i ministri 5 Stelle. Il tour de force continuerà con i sindaci. Entro oggi arriverà il responso al quiz a tre domande posto agli eletti, anche se la decisione finale sarà di Crimi. Si sceglierà l'avvio di un processo dal basso: entro il 15 ottobre si terranno assemblee locali che dovranno stilare un documento sintetico.
Entro quella data, dovrà essere costituita una commissione di dieci persone, «scelti dalle singole realtà» tra eletti di tutti i livelli. Meccanismo farraginoso, ma non è questo che preoccupa i più. Impensierisce il rischio di un conflitto con veti incrociati, tra parlamentari giovani al primo mandato e veterani in dirittura d'arrivo, visto il divieto ancora in vigore di una terza ricandidatura. Anche per questo Di Maio ha lanciato un piano per valorizzare negli enti locali, candidando a sindaci e governatori i big che hanno maturato esperienza e competenza e che rischiano di restare fuori dal prossimo Parlamento.
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