marco pannella fumo

IN MORTE DEL DALAI MARCO - IL NARCISO GIACINTO, DETTO MARCO, VEDEVA LA MORTE COSI’: “CI SONO MILIARDI DI ATOMI CHE SE NE VANNO NELL’ARIA, QUALCOSA DEVE PUR SUCCEDERE, LA PERSONA È ENERGIA, IL PENSIERO DI CHI SE N’È ANDATO ACQUISTA UNA SUA MATERIALITÀ”

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Filippo Ceccarelli per “la Repubblica

 

GLI 86 ANNI DI MARCO PANNELLAGLI 86 ANNI DI MARCO PANNELLA

Sembra incredibile che non ci sia più Pannella, di tutti i politici fino a ieri in servizio senza dubbio il più nobile. Per gli altri, che a questo benedetto servizio assegnavano un ruolo secondario, era uno spaventoso rompiscatole. Forse proprio per questo lo temevano, come si teme una cattiva coscienza; forse anche per questo, quando stava per morire, hanno fin troppo cantato le sue lodi.

 

Il bello, semmai, è che lui stesso l’aveva previsto: «Vedrete i funerali!» Per anni, come un vero narciso, Marco, che poi si chiamava Giacinto, s’è immaginato di vedere la nomenklatura, il potere, il regime «dalla mia bara». Un sorriso, un’alzata di spalle, una boccata alla sigaretta, pestilenziale. Non aveva paura di niente, non aveva paura della morte.

 

PANNELLAPANNELLA

A 29 anni aveva cercato di farla finita, e per il resto della sua lunga e piena esistenza, specie durante i digiuni, ha giocato a rimpiattino, a nascondino, ad acchiapparella, perfino a battimuro e a rubabandiera con la sua stessa scomparsa.

 

Come estrema risorsa spettacolare negli ultimi anni volentieri accettava di parlarne: «Lentamente muore chi teme di morire. Più ti neghi le cose, più spegni la vita. Spero di accoglierla con grande familiarità, spero che in qualsiasi momento, soprattutto la notte, quella arrivi e io possa darle il benvenuto, felice di trovarmi così...».

BERLUSCONI GIANNI LETTA PAOLO ROMANI VISITANO MARCO PANNELLA -4BERLUSCONI GIANNI LETTA PAOLO ROMANI VISITANO MARCO PANNELLA -4

 

Pausa, gli occhi sgranati, la coda di cavallo giallastra che uno sciamano un giorno gli aveva tirato come augurio, i denti bianchi, la bocca enorme, e ancora la chiamava, la morte, facendole segno, con tenerezza: «Vieni, vieni qui...».

 

Eccola dunque, è arrivata. Lui che riempiva le stanze e le svuotava, gigantesco e rumoroso, a volte però anche gonfio, tronfio, ma pure flebile e gracile come un uccelletto. Vestito da Amleto, dolcevita nero e pendaglio pacifista, ma anche fasciato di terribili doppipetti da gangster. Come pure, direttamente travestito: fantasma (il costume preferito), clown, Babbo Natale rosso (tradizionale) e giallo (originale), una volta, sembra di ricordare, anche Befana.

 

walter veltroni e marco pannellawalter veltroni e marco pannella

Comunque quasi sempre bellissimo. All’inizio degli anni Sessanta, quando il giovanotto scampato al suicidio aveva trovato già il modo di polemizzare con Togliatti, disse no ad Antonioni che lo voleva nel cast de La Notte. Alla metà dei Settanta, scheletrico all’apice di uno sciopero della fame, si fece fotografare da Playboy senza vestiti. Più di ogni altro Pannella ha sperimentato il potere della nudità. Nel 1995 ha fatto spogliare in un teatro otto militanti, tra cui l’ultrasettantenne Stanzani, mentre lui dietro le quinte recitava il profeta Isaia.

 

marco pannellamarco pannella

E lì per lì, essendo vaghi i confini tra l’osservazione giornalistica e il cinismo — al teatro Flaiano, oltretutto! — ecco, lì ci poteva scappare qualche sghignazzo dinanzi a quella penitenziale performance, come dinanzi alle maratone oratorie che vedevano quei poveracci di radicali parlare al gelo e sotto il solleone, quando la tempesta non si portava via tavoli e gazebo. Eppure, dalla droga alle staminali, dalla fame nel mondo all’eutanasia, nessun altro leader più di Pannella è riuscito a dare cervello e corpo, ma letteralmente, alla politica. Quindi anima.

 

Adesso che tutti dicono, come pappagalli «Ci metto la faccia», è bene ricordare che in questi ultimi cinquant’anni, dal divorzio all’aborto, dall’informazione alla corruzione, dall’Europa al Sud del mondo, se non ce l’avesse messa davvero lui, la faccia, non ci sarebbe italiano che almeno una volta non abbia pensato: grazie, Marco.

marco pannella urlamarco pannella urla

 

Alla guida della più esigua e strampalata minoranza, a partire dal divorzio secondo misteriose e prodigiose traiettorie incrociò il respiro di maggioranze autentiche cambiando la storia d’Italia.

 

E poi, si capisce, facendo anche un sacco di errori e terra bruciata e piazza pulita attorno a sé, dissipando consensi, carisma, energia, ma sempre riuscendo con strenua e gioiosa naturalezza a restare se stesso: povero, coerente, coraggioso, drasticamente antimachiavellico e anticuriale, così lontano dal potere, quest’entità demoniaca, da proporre di continuo a tanti potenti curiose forme di alleanze che si risolvevano per loro in purgazioni, liberazioni, paradossi, ribaltamenti, con l’unico invalicabile limite che il suo caratteraccio gli imponeva: o tutto o nulla.

 

marco pannella fermato dai commessimarco pannella fermato dai commessi

Chi non è con me, suonava la sua istanza basilare, è contro di sé. Così Pannella ha conosciuto i ceffoni della Vigilanza del Pci, gli sputi dei rifondatori comunisti, le botte dei poliziotti di cinque o sei paesi compreso il suo, le manette e la puzza delle galere, il disprezzo e il silenzio dei media.

 

In Sicilia ha trattato con l’avvocato Guarrasi e a Pinerolo è andato a bussare a quattrini dall’Avvocato Agnelli; lungo il suo orizzonte nell’arco di pochi anni hanno trovato posto Cicciolina e Giovanni Paolo II; a un congresso del Msi ha sfidato Almirante gridando «il fascismo è qui!»; durante una marcia antimilitarista gli è capitato di trovarsi a fianco Pino Pinelli da una parte e il Commissario Calabresi dall’altra.

marco pannella contro la leva obbligatoriamarco pannella contro la leva obbligatoria

 

A un certo punto ha trasformato il Partito radicale da un’accolita di vecchi signori in un raduno di hippy e poi in una straordinaria macchina di opposizione parlamentare e per i diritti civili: quattro deputati che facevano per trenta o quaranta. L’hanno sempre accusato di mangiarsi i figli (“i magnati” li chiamava lui), ma in fondo è uno dei pochi ad aver stabilito una scuola politica e formato una classe dirigente, vedi Rutelli, vedi Bonino, vedi la grande esperienza di Radio Radicale.

 

marco pannella e il dalai lamamarco pannella e il dalai lama

È davvero impossibile, in questo giorno, rammentare ogni sforzo, ogni lotta, ogni invenzione e ogni resistenza pannelliana, e tanto più se si considera che lui ha sempre scritto poco e abbastanza contorto, affidando il suo impegno alla parola, a volte anche profetica.

 

Pure nel Palazzo è stato a lungo abilissimo tessitore di trame. Lunga è la lista degli “impannellati”, come li chiamava Craxi, che pure a tratti rientrò nella fattispecie e che forse alla fine avrebbe fatto bene a dargli ascolto, avendogli Marco consigliato di offrirsi ai giudici. Il punto è che chi offriva la mano al leader radicale, all’istante si vedeva acchiappare braccia, gambe, testa, come accadde a Martelli, Occhetto, Scalfaro, Piccoli, che pure a suo tempo l’aveva accusato di essere Satana, e poi Segni, Pecoraro e un’altra dozzina di protagonisti, oggi più o meno dimenticati.

marco pannella marco pannella

 

Lo stesso Berlusconi sentì il fascino intermittente di Pannella, che un giorno invitò lui e Letta a mangiare la pastasciutta nella sua buia cucina, dietro fontana di Trevi. E D’Alema.

 

Ma che ricchezza di esperienze civili! La politica spettacolo anticipata di trent’anni, la saldatura tra pubblico e privato di quaranta. Pannella ha frequentato Pannunzio e Pasolini, fraternizzato con Aldo Capitini, Ernesto Rossi e Leonardo Sciascia, ha diretto Lotta continua, ha offerto la sua eccezionale e smodata disponibilità alle prime femministe, ai primi obiettori di coscienza, ai primi ecologisti dell’antinucleare, ai primi drogati, ai primi pazzi reclusi nei manicomi, ai primi poliziotti democratici, ai primi gruppi di omosessuali.

marco pannella 4marco pannella 4

 

Nel frattempo ha liberato Braibanti, tirato fuori dal carcere Enzo Tortora (poi ce l’ha rimandato con motivazioni socratiche) e Toni Negri (che invece l’ha trattato malissimo), ha cercato di difendere Sindona e diversi ergastolani della ‘ndrangheta. Ha bevuto la sua stessa pipì, l’osceno brindisi è andato in onda in diretta tv, così come sempre in diretta ha consegnato ad Alda D’Eusanio due etti di hashish («Che però nei verbali era diventati 1,40, il restante s’era perso per strada...»).

 

Ha accolto ex preti, ex monache, ex fascisti, ex “compagni assassini”, ex dittatori cambogiani; con tutti loro, secondo arcani algoritmi, ha proposto decine e decine di referendum. S’è imbavagliato, ha perso, ha vinto, ha pacificamente, ma fastidiosissimamente occupato giornali e televisioni, ha ballato di gioia con orchestrine e Premi Nobel, ha difeso il Parlamento degli inquisiti convocandoli la mattina alle sette. Fino a qualche tempo fa, quando camminava per strada — «la strada mi è amica» — coatti e famigliole lo salutavano allegramente.

marco pannella  marco pannella

 

Anche in forza di tale ruolo con chiunque, fosse anche Papa Francesco, divagava in un perpetuo di allusioni, aforismi, massime, sentenze, ricordi che si rincorrevano moltiplicandosi senza chiudersi, spezzettati come pastina in brodo, un lungo brodo in cui gli universali astratti prendevano non solo vigore, ma soprattutto valore dal fatto che al dunque nessuno più di lui aveva operato. Sembra ancora di sentirlo iniziare le frasi con la parola: «No», se si era fortunati «No, ma».

 

marco pannella   marco pannella

E che fatica di aggettivi e sostantivi per azzardare una classificazione. Torrenziale, evangelico, buffone, apocrifo, criptico, risorgimentale, liberale, libertario, Don Chisciotte, gandhiano, beat, martire, povero in canna, frocio, bisessuale, fumato, lucidissimo, abruzzese, europeo, filantropo, africanista, junghiano. Senza soldi, senza macchina, senza figli, forse uno, o due, ma la mamma non si era più fatta viva e vi accennava con un velo di malinconia.

 

marco pannella e ilona staller cicciolinamarco pannella e ilona staller cicciolina

Mai avuto un pregiudizio in vita sua. Raccontava, in ultimo: «Quando morì mia madre, un grande endocrinologo volle incontrarmi per ragioni diciamo scientifiche. Nella visita era molto interessato e cortese, mi disse chiaramente che voleva capire di persona se ero un tipo eccezionale o un imbroglione di talento. Concluse che ero una persona che avrebbe potuto fare bene tutto ciò che voleva, sport, studio, “Ma lei — disse — ha deciso di fare il Pannella, e io le auguro di esserne all’altezza”».

 

lanfranco pace, marco pannella, il leader di autonomismo romano riccardo tavani e jean fabrelanfranco pace, marco pannella, il leader di autonomismo romano riccardo tavani e jean fabre

E così adesso si apre l’ultima avventura nell’aldilà: «Fattelo spiegare da qualche scienziato cosa succede “dopo”, ci sono miliardi di atomi che se ne vanno nell’aria, qualcosa deve pur succedere, la persona è energia, il pensiero di chi se n’è andato acquista una sua materialità». E prima di passare al Buddha e a quanto gli disse un giorno la direttrice del museo astrofisico di Dharamsala, accarezzava quella trasognata “materialità”; come se per davvero la compresenza dei viventi e dei morti fosse il contrario dell’assenza; come se una vita vera fosse destinata a durare nel tempo.

bruno vespa e marco pannellabruno vespa e marco pannellagiulio andreotti e marco pannellagiulio andreotti e marco pannella