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Ernesto Menicucci per il "Corriere della Sera"
IGNAZIO MARINO E MATTEO RENZI IN CAMPIDOGLIO
Si sono visti da soli, al riparo da cronisti e orecchie indiscrete, persino senza i rispettivi staff. Ignazio Marino e Matteo Orfini, sindaco e commissario del Pd romano, a tu per tu, nella casa del primo cittadino a due passi dal Senato.
Incontro breve, ma intenso. Perché, se è vero — come dicono i due, nelle rispettive versioni ufficiali — che «si è parlato solo dei cambiamenti in atto nel Pd», cioè del «taglio» di alcuni circoli, in realtà nel colloquio è stato «abbozzato» anche altro: come ripartire con l’azione amministrativa di Marino e dell’ipotesi di rimpasto di giunta. Una strada che ammettono anche gli orfiniani: «Serve un cambio di passo, anche nei nomi». La verifica politica ci sarà. Non subito, magari. Ma, come detto dal commissario qualche giorno fa, subito dopo la conclusione della vicenda relativa al rapporto del prefetto Franco Gabrielli sull’eventuale scioglimento per mafia del Comune.
luigi nieri carmine fotia ignazio marino
Ipotesi che nel Pd non vogliono neppure prendere in considerazione ma che è ancora sul tavolo. Sia perché il prefetto ha ribadito «di non essersi ancora fatto nessun convincimento», sia per le parole del procuratore aggiunto Michele Prestipino: «Chi cerca di minimizzare Mafia Capitale è in malafede: la mafia a Roma non l’abbiamo certo scoperta oggi». In ogni caso il confronto tra le forze che sostengono Marino sarà inevitabile.
Nel Pd ci sono molti malumori, specie dalla componente «renziana», Sel è da tempo in fibrillazione, il vicesindaco Luigi Nieri è dato in bilico, il sindaco e i suoi «fedelissimi» se la prendono con gli assessori «governativi» Silvia Scozzese (Bilancio) e Guido Improta (Trasporti). Quest’ultimo, dopo una lite con Marino sul Patto di stabilità, aspetterebbe solo l’apertura della linea C della metropolitana per poi lasciare la giunta. Agli stretti collaboratori avrebbe detto: «Ho finito il mio mandato, me ne vado».
MATTEO RENZI ROBERTO GIACHETTI FOTO LAPRESSE
L’idea che prende corpo, da Orfini e dai suoi, è di «puntellare» Marino con un paio di innesti di qualità, magari ergendo Alfonso Sabella, magistrato antimafia da dicembre nell’esecutivo di palazzo Senatorio, a numero due. Quelli di Renzi, però, le pensano diversamente. E la strategia di aumentare la «pressione» sul primo cittadino sarebbe maturata dopo un pranzo, riservatissimo, tra lo stesso premier, Lorenza Bonaccorsi, Luca Lotti e Roberto Giachetti.
In mezzo, la questione del Mef e del salario accessorio. Il ministero, confermando quanto scritto dal Corriere , precisa che «la Ragioneria generale non ha chiesto il rimborso della cifra erogata» dal 2008 al 2013 (giunta Alemanno), pari a 350 milioni di euro. L’azione, casomai, tocca alla Corte dei Conti che infatti ha aperto un’inchiesta. Il sottosegretario all’Economia Enrico Zanetti insiste: «Il salario accessorio non poteva essere dato a pioggia, doveva essere agganciato alla produttività del dipendente».
alfonso sabella assessore alla legalita per ignazio marino
Enrico Zanetti sottosegretario al Ministero dell'Economia e delle Finanze
E, per risolvere la questione, si muove anche l’Aran (Agenzia per la rappresentanza negoziale delle pubbliche amministrazioni) con una circolare esplicativa e il 2 luglio si aprirà una vertenza nazionale. Marino, ieri, ha incontrato i sindacati e, ora, difende i dipendenti («gli stipendi non si toccano, non c’è nulla da restituire») e cita il precedente «del Comune di Firenze che non restituì le somme erogate». Una nuova frecciatina a Renzi, che all’epoca guidava palazzo Vecchio.
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