“CHIARA, TI RICORDI QUANDO HAI AMMESSO A FEDEZ CHE TI SEI SCOPATA ACHILLE LAURO?” - IL “PUPARO” DEL…
Giampaolo Cadalanu per "la Repubblica"
All' ingresso del Tribunale internazionale per la legge del mare c' è una statua di Shiva, dono del governo indiano del 30 marzo 2012, appena sei settimane dopo l' incidente della petroliera "Enrica Lexie". Sul piedistallo si legge che il dio a quattro braccia è il signore della tandava, la danza in cui l' universo nasce, si conserva e si distrugge, nel ciclo eterno della creazione.
È quasi inevitabile vederci un' allusione al rischio che sia davvero l' India a governare la danza, nella discussione sulle rive dell' Elba. Il rischio che Delhi imponga i toni e la sostanza del confronto con l' Italia è già presente, e il dibattito nelle sale dell' Itlos appare intossicato dalle sfumature nazionaliste fin dalla nascita.
Lo avverte molto bene il capo del team legale italiano, sir Daniel Bethlehem, sottolineando che l' India «fa un gioco pericoloso, ha costruito un castello di carte », perché non vuole mettere in discussione la propria giurisdizione sui due fucilieri di Marina accusati di aver ucciso due pescatori del Kerala scambiandoli per pirati.
A sentire Delhi, dice Bethlehem, Massimiliano Latorre e Salvatore Girone sono colpevoli e basta, mentre in realtà non è stato loro contestato formalmente alcun reato. E ignorare la presunzione di innocenza è un approccio «sbagliato e rischioso».
La delegazione indiana, soprattutto il legale veterano della cause internazionali Rodman Bundy, sottolinea la poca linearità della difesa italiana («contraddittorietà », la chiama Bundy), evocando senza citarla l' infelice presa di posizione dell' allora ministro degli Esteri Giulio Terzi di Sant' Agata e sottolineando - stavolta in modo esplicito - che «l' Italia non mantiene la parola».
Anche il francese Alain Pellet gioca la carta della poca fiducia: «Se Salvatore Girone fosse autorizzato a rientrare a casa, non tornerebbe in India nemmeno dopo una decisione in senso inverso della Corte arbitrale».
Poco importa se poco prima l' ambasciatore Azzarello aveva definito «inaccettabili» queste considerazioni, visto che dopo la licenza a casa del febbraio 2013 i due fucilieri erano ritornati regolarmente in India.
L'uscita di Terzi, che non li voleva "riconsegnare", è lo spunto che permette agli indiani, anche a distanza di anni, di mettere in discussione la credibilità del Paese. Bundy contesta anche la mancanza di urgenza, «altrimenti, perché avete aspettato tutto questo tempo per chiedere l' arbitrato internazionale?
Adesso non c' è niente di nuovo». E' una magra soddisfazione per Emma Bonino, che ai tempi del governo Letta si era battuta per far partire il procedimento prima possibile.
giulio terzi ammiraglio giampaolo di paola
In realtà qualcosa di nuovo c'è: le condizioni di salute dei due fucilieri, lo stress di Girone e i malanni di Latorre. Ma i toni della discussione non sembrano lasciar spazio, almeno in questa fase, a considerazioni umanitarie.
MASSIMILIANO LATORRE CON LA FIGLIA
Curiosamente, è la rappresentante del governo di New Delhi, Neeru Chadha, a formulare parole distensive nel brevissimo intervento finale, ringraziando «gli amici italiani per la cooperazione ».
E' l'unico segnale positivo di una giornata incentrata sul "muro contro muro", senza spiragli. Dopo di che, la parola passa ai giudici: la decisione, annuncia il presidente del Tribunale Vladimir Golitsyn, è attesa per il 24 agosto.
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