DAGOREPORT - ED ORA, CHE È STATO “ASSOLTO PERCHÉ IL FATTO NON SUSSISTE”, CHE SUCCEDE? SALVINI…
Andrea Montanari per "La Repubblica"
Volano ormai gli stracci tra Roberto Maroni e Umberto Bossi nella Lega sempre più in crisi. Lo scambio di accuse tra il leader del Carroccio e il suo fondatore ormai si è trasformato in un duello a distanza a suon di insulti, pernacchie e lettere a militanti. Dopo l'assemblea degli eletti della Lega di domenica, che ha chiesto al segretario federale di congelare il congresso, dove diversi colonnelli hanno invocato l'espulsione di Bossi.
«Chi espelle ha paura, non è forte - ha tuonato ieri il Senatur da Montecitorio - Non amo chi espelle e porta il suo movimento alla rottura». Confermando, tra l'altro, di non avere alcuna intenzione di giustificare la sua assenza alla riunione milanese come aveva chiesto al contrario Maroni.
«Per fortuna io e Maroni non siamo padre e figlio - ha aggiunto Bossi rispondendo a chi gli chiedeva se non si sentiva come il padre che viene ucciso dal proprio figlio - Io sono superiore a queste beghe, l'espulsione non mi preoccupa». Seguito da una sonora pernacchia rivolta a chi, al contrario, ritiene possibile una sua cacciata dal partito. «Io sono uno che resiste» - ha tagliato corto.
A stretto giro, è arrivata da Milano la replica di Maroni, che inizialmente ha negato di aver proposto l'espulsione di Bossi («Non mi interessa, la questione oggi non è quella») e che l'assemblea di domenica si fosse trasformata in un processo al fondatore della Lega, ma poi ha ribadito: «La linea la scelgo io. Chi non è d'accordo si può accomodare fuori».
Concetto che è stato ribadito in una lettera inviata a tutte le sezioni del Carroccio. In cui Maroni non usa giri di parole. Arriva a dare del «pirla » a chi fra i leghisti dice che la Lega è morta.
«Gente che Bossi chiamava "lumaconi bavosi" scrive il segretario federale - che per me sono dei poveri pirla. Bene questa gentaglia è avvertita: chi vuole distruggere la Lega sarà distrutto». Missiva che si chiude, non a caso, con un nuovo avvertimento a Bossi e ai suoi fedelissimi. «Ho deciso che è ora di smetterla di farci del male con interviste, polemiche, risse verbali e cose di questo genere. Il congresso federale mi eletto Segretario sulla base di una precisa linea politica. Chi continuerà a polemizzare e a insultare se ne dovrà andare».
Proprio nelle stesse ore in cui da Roma un irrefrenabile Bossi sembrava contraddire ancora la linea del governatore della Lombardia punto su punto. «Io espellevo quelli che erano in alto non in giù - sentenzia il Senatur - L'espulsione è l'errore più grave che si possa fare. Io ho espulso il presidente della Camera, non semplici parlamentari».
Parole a cui Maroni ha opposto una nuova scarica di critiche. «Siamo stufi di queste menate interne, di queste interviste degli uni contro gli altri. Vogliamo ripartire dal movimento. Mi è stato chiesto da tutti di essere più cattivo di quanto ho fatto finora. Il resto è il contorno non è il piatto forte che mi interessa. La carne, la portata principale. Non me ne frega niente se alcuni bossiani faranno delle riunioni. La linea politica la decido io. Punto».
Una esclalation di dichiarazioni al fulmicotone che rende il clima all'interno del Carroccio sempre più rovente e sembra spiazzare sempre di più non solo i militanti, ma anche i dirigenti leghisti. Tanto che ieri tra coloro che sono corsi pubblicamente in aiuto di Maroni c'è stato solo il neo presidente del Copasir Giacomo Stucchi: «Nessuno auspica che Bossi vada via dalla Lega, ma le regole vanno rispettate da tutti».
VIGNETTA BENNY MARONI E IL CAPPIO PER BOSSI jpegBOSSI E MARONIBOSSI E MARONIBOSSI MARONI
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