DAGOREPORT - ED ORA, CHE È STATO “ASSOLTO PERCHÉ IL FATTO NON SUSSISTE”, CHE SUCCEDE? SALVINI…
Maurizio Belpietro per la Verità
Visto che non si riesce a mettere insieme un governo con due partiti, a Sergio Mattarella è venuta la brillante idea di farne uno in cui ci siano tutti i partiti. Sì, avete letto bene, questa è l' ultima invenzione scaturita dalle parti del Quirinale.
Il presidente della Repubblica, pur non avendo ancora inaugurato la liturgia delle consultazioni, ovvero quel giro di incontri tra cariche istituzionali e segreterie dei partiti che avviene a ogni inizio legislatura, ha trascorso l' intera settimana a telefonare per informarsi su quali siano le soluzioni del rebus che gli è stato consegnato il 4 marzo. Cinque stelle più Pd? Oppure centrodestra più Pd? O magari Cinque stelle più centrodestra? O, ancora, un governo di minoranza, cioè senza i numeri, con appoggio esterno del Partito democratico o di chi ci sta? Al momento nessuna di queste ipotesi pare essere percorribile.
Anche perché Matteo Renzi è in cerca di rivincite e tiene sequestrati i voti del Pd, dicendo a tutti quelli che lo chiamano che il partito deve stare all' opposizione e mandare a schiantarsi sia il centrodestra sia i Cinque stelle. Risultato, a 15 giorni dalla data di insediamento delle Camere non si avvista alcuna soluzione. È vero, come dicono alcuni, che questa è una partita a poker che va condotta con i nervi saldi, e dunque bisogna mettere nel conto che fino all' ultimo ogni giocatore cercherà di tenere coperte le proprie carte, bluffando e tentando di far venire allo scoperto gli altri. Tuttavia, in genere un qualche spiraglio si intravede e, anche se ci vuole pazienza per arrivare alla conclusione dei giochi, si capisce da subito o quasi la strada da imboccare.
In questo caso, invece, di spiragli non se ne vedono. Anzi, il dialogo post elezioni sembra condotto fra sordi, o tra persone che non parlano la stessa lingua. Luigi Di Maio continua a proclamare di essere il vincitore della tornata elettorale, anche se è di tutta evidenza che mancano oltre un centinaio di parlamentari per comporre una maggioranza pentastellata. Matteo Salvini anche: mentre prepara la manovra di aprile, come se fosse già a Palazzo Chigi, sembra non curarsi del fatto che per avere la fiducia bisogna trovare un' altra cinquantina di deputati e almeno 25 senatori.
Per non parlare poi del Pd, che dice di voler rimanere all' opposizione, ma ha una fifa blu di quel che potrebbe accadere se non si facesse un governo. Per i compagni nuove elezioni sarebbero un disastro, non soltanto perché si sono indebitati fino all' ultimo euro per l' ultima campagna elettorale, ma perché, dopo aver toccato il minimo storico, il Pd potrebbe scoprire che la discesa agl' inferi non è conclusa con il 18 per cento.
E allora, visto che ogni schieramento sembra andare per conto proprio, che si fa, deve aver chiesto il capo dello Stato ai suoi consiglieri? Non sappiamo a chi sia venuta l' idea, se cioè sia farina del sacco di Mattarella, democristiano di lungo corso e dunque esperto in ogni genere di pastrocchio, dalle convergenze parallele in su, oppure se il prodotto sia frutto dei suoi collaboratori. E però sappiamo che il piano prevede un «dentro tutti».
berlusconi salvini meloni fitto
Pd, Cinque stelle, Lega, Forza Italia, Leu e radicali: una vera e propria ammucchiata, senza esclusione di intreccio. La formula non ha ancora un nome.
Potrebbe essere chiamato governissimo, oppure, rispolverando un' insegna dei vecchi tempi della Balena bianca e del Pci, unità nazionale. Sta di fatto che, rispetto alla Grosse Koalition, questo progetto avrebbe il vantaggio di non consentire a nessuno di chiamarsi fuori e dunque di godere dei vantaggi dell' opposizione. Se ci sono tutti, è il ragionamento, nessuno può sparare sul governo e dunque viene meno l' obiezione di chi alla proposta di entrare in maggioranza replica con un «chi me lo fa fare?».
BERLUSCONI ED IL SUDORE DI SALVINI
Il mucchio selvaggio offrirebbe un alibi a ogni partito, perché nessuno sarebbe costretto a intestarsi i risultati dell' esecutivo. Forze antisistema e forze del sistema a questo punto sarebbero alla pari, e nel frattempo si potrebbero fare la manovra, la legge elettorale e quanto altro serve. Riveduta e corretta, con un allargamento anche alla Lega, ai Cinque stelle e a Liberi e uguali, sarebbe un po' quel che accadde con Mario Monti, quando i partiti furono costretti a fare un passo indietro lasciando che a farne uno avanti fosse l' ex rettore della Bocconi. Ovvio, adesso non si parla di governo tecnico, perché la sola idea di lasciare in mano la baracca ai professori fa inorridire gli italiani, i quali corrono a toccarsi, ma il risultato non è molto diverso. Il governo è politico, anche se nessun politico ne avrà davvero il controllo.
Mica male come invenzione, no? A noi resta solo un dubbio: perché i Cinque stelle e la Lega dovrebbero farsi infinocchiare così dopo averci messo tanto a spazzare via i giochi del Palazzo?
2. AMMUCCHIATA NAZIONALE
Carlo Tarallo per la Verità
Sergio Mattarella avrebbe le idee chiare su come tentare di uscire dallo stallo provocato dai risultati delle elezioni di domenica scorsa. L' inquilino del Colle osserva i dibattiti interni ai diversi partiti e quello tra le forze politiche, ma avrebbe già in mente un percorso e un obiettivo. Secondo fonti molto ben informate, Mattarella sarebbe persuaso che tornare al voto non risolverebbe nessuno dei problemi emersi dalle urne lo scorso 4 marzo: da nuove elezioni uscirebbe un quadro molto simile a quello attuale, senza una maggioranza, e un bis di quanto appena accaduto avrebbe ripercussioni molto negative sulla nostra economia e sul nostro peso, già scarso, a livello internazionale.
Secondo Mattarella, quindi, sarebbe necessario formare un governo che abbia la più solida maggioranza parlamentare possibile. Quale?
Il suo auspicio è che possa nascere, al termine di una prima fase di consultazioni «a salve», con ciascun leader politico fermo sulla propria posizione, un governo del presidente con il sostegno del centrodestra e del centrosinistra. I numeri ci sarebbero, e anche comodi: una maggioranza di «tutti tranne il M5s» alla Camera conterebbe su circa 400 deputati (la maggioranza è fissata a quota 316), e al Senato su 200 voti (la maggioranza è a 161). Numeri più che sufficienti per sostenere un governo di legislatura. Il problema è convincere i leader dei partiti ad accettare questa soluzione.
Silvio Berlusconi da un lato, e chiunque sarà il prossimo leader del Pd dall' altro, non avrebbero nessun problema a dare il proprio benestare: Forza Italia resterebbe centrale nel panorama politico italiano nonostante la batosta di domenica scorsa, mentre ciò che resta del Partito democratico è talmente terrorizzato da un ritorno alle urne in tempi brevi che, al di là della guerra interna e del destino di Matteo Renzi, accetterebbe con gioia qualunque ipotesi di larghe intese. Il nodo da sciogliere si chiama Matteo Salvini, il quale da una soluzione di questo genere, invece, avrebbe, ora come ora, tutto da perdere: si ritroverebbe a recitare un ruolo da comprimario mentre le urne gli hanno consegnato la fascia di capitano del centrodestra.
Mattarella lo sa bene, e ha pronto l' asso nella manica: il governo che il capo dello Stato immagina, infatti, avrebbe come pilastro la riforma costituzionale. Il progetto di una nuova architettura delle istituzioni, intorno al quale coagulare una maggioranza parlamentare, avrebbe una caratteristica peculiare: quella di prendere «il meglio» delle due riforme bocciate dai referendum costituzionali del 2006 e del 2016.
In sostanza: cercare di mettere insieme i punti in comune e quelli più qualificanti della riforma targata Silvio Berlusconi e di quella di Matteo Renzi. Entrambe le riforme sono state bocciate dagli elettori al momento del referendum, con risultati molto simili: nel giugno 2006 i No furono il 61%, nel dicembre 2016 il 59%.
Come convincere la Lega a sostenere un governissimo, una volta tramontata l' ipotesi di Salvini a Palazzo Chigi?
Con la prospettiva dell' approvazione di una riforma costituzionale che contenga una forte impronta federalista. Non solo: la riforma avrebbe altri pilastri qualificanti, a partire dalla fine del bicameralismo perfetto, con il taglio del numero dei parlamentari, un Senato delle Regioni con competenze ridotte rispetto a quelle della Camera dei deputati, e una legge elettorale semipresidenzialista, con il doppio turno, che tenga conto delle recenti decisioni della Corte Costituzionale.
luigi di maio sergio mattarella
Di fronte a una ipotesi di questo genere, soprattutto dopo che sarà accertata l' impossibilità di trovare una maggioranza che sostenga un governo guidato da Matteo Salvini, la Lega potrebbe accettare di partecipare a un esecutivo del presidente basato sull' impegno di realizzare una riforma ampiamente condivisa, con una marcata impronta federalista e semipresidenzialista, che possa garantire la modernizzazione delle istituzioni, la stabilità (grazie al doppio turno) e il taglio dei costi della politica, con la diminuzione del numero dei parlamentari e un Senato espressione dei consigli regionali. A quel punto, la maggioranza di governo sarebbe esattamente la stessa che approvò, lo scorso ottobre, il Rosatellum bis: Lega, Forza Italia, Pd e centristi vari (Fratelli d' Italia e Mdp, oggi Leu, si opposero, ma potrebbero ritrovarsi comunque a sostenere questo governo del presidente).
Sul taglio dei parlamentari, in particolare, si giocherebbe un' altra partita delicatissima: quella della partecipazione anche del M5s alla maggioranza che dovrebbe sostenere il governissimo.
Luigi Di Maio e Beppe Grillo, infatti, si troverebbero davanti a un bivio: schierarsi all' opposizione, contando sul naufragio del progetto, oppure «sporcarsi le mani» e sostenere l' esecutivo? Considerato che il taglio dei costi della politica è un cavallo di battaglia del M5s, sarebbe difficile per i pentastellati spiegare ai propri elettori il no a una riforma che prevede di ridurre non gli stipendi dei parlamentari, ma il numero dei parlamentari stessi.
Chi guiderebbe questo governo delle riforme? I nomi, a quanto trapela, non sono la prima preoccupazione di Mattarella, che è convinto della necessità di trovare prima di tutto una base comune tra le diverse forze politiche sulla quale iniziare a costruire la maggioranza. L' esecutivo sarebbe un mix tra tecnici e politici di area. Entro due anni, le riforme dovrebbero essere realizzate e approvate. Il piano ha una sua logica, ma perché vada in porto ci sarà bisogno dell' ok prima di tutto di Matteo Salvini (senza la Lega questo governo non vedrebbe mai la luce) e se possibile anche del M5s.
Lega e M5s che, invece, potrebbero dare vita a un governo tutto loro: sarebbe l' unica possibilità per evitare le larghissime intese.
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