DAGOREPORT – AVVISATE IL GOVERNO MELONI: I GRANDI FONDI INTERNAZIONALI SONO SULLA SOGLIA PER USCIRE…
Estratto dell’articolo di Ugo Magri per “la Stampa”
giorgia meloni alfredo mantovano adolfo urso sergio mattarella
La firma di Sergio Mattarella è arrivata dopo dieci giorni di approfondimenti e di riflessioni: il che già la dice lunga su quanto sia stato laborioso questo via libera alla mini-riforma della giustizia targata Nordio. Era sì un atto dovuto (il presidente si limita semplicemente ad autorizzare che il disegno di legge venga presentato alle Camere); ma nella lettura del testo il Quirinale aveva colto varie criticità, in particolare sull'abuso d'ufficio. Cancellare completamente il reato, secondo i giuristi del Colle, ci metterebbe in conflitto con la direttiva che l'Ue si prepara a emanare sull'onda del cosiddetto «Qatargate» dove, tra parentesi, come Paese non abbiamo fatto una gran figura.
sergio mattarella giorgia meloni alla riunione del Consiglio Supremo di Difesa
Qualcuno in Europa potrebbe sospettare che vogliamo sottrarci agli impegni contro la corruzione. Ecco perché giovedì scorso il presidente ne aveva voluto ragionare direttamente con Giorgia Meloni; la quale, durante quell'ora di cordialissimo colloquio, aveva promesso di farsene personalmente carico attraverso correzioni del ddl che sarebbero intervenute durante l'esame parlamentare. Cosicché alla fine il disco verde è arrivato […] Caso chiuso? Niente affatto. Anzi, s'è creato un nuovo pasticcio […]
CARLO NORDIO SERGIO MATTARELLA
Proprio mentre Mattarella stava vergando il suo sofferto autografo in calce al ddl Nordio, quasi negli stessi minuti la Commissione sulle politiche Ue di Montecitorio bocciava a maggioranza la proposta di direttiva europea: proprio quella che ci imporrà di mantenere l'abuso d'ufficio tra i reati contro la pubblica amministrazione. Già, perché non sarà certo l'Italia, mettendosi di traverso, a rovesciare un orientamento largamente condiviso tra gli Stati membri; semmai finirà per rafforzarlo. Col risultato che durante l'iter parlamentare, oppure subito dopo, sulla mini-riforma Nordio calerà la mannaia europea.
sergio mattarella giorgia meloni alla riunione del Consiglio Supremo di Difesa
E quando le direttive Ue collidono con le leggi nazionali, si sa come va a finire: sono le prime a prevalere. Al Quirinale non hanno dubbi al riguardo nonostante qualcuno, nella maggioranza di governo allargata nell'occasione ai renziani, sostenga il contrario appellandosi a una presunta «sussidiarietà». Se Mattarella se ne preoccupa, d'altra parte, ci sarà pure un perché; la premier, durante il faccia a faccia col presidente, era sembrata disposta a riconoscerlo; ma il primo atto parlamentare va in direzione diametralmente opposta alle intese intercorse col capo dello Stato. Che ci sia un cortocircuito, dunque, è fuori discussione.
CODICE NORDIO - POSTER BY MACONDO
Come l'abbia presa Mattarella al momento non si sa. Sul Colle sono sempre piuttosto riservati circa le reazioni del presidente. […] Mattarella ha la coscienza a posto, assicurano intorno a lui. S'è preoccupato di segnalare in anticipo i problemi di costituzionalità (a quanto pare ne sono emersi più d'uno in un ddl che, oltre all'abuso d'ufficio, riguarda materie altrettanto delicate come le intercettazioni o il cosiddetto «traffico di influenze»). La volontà di dialogo è confermata dalla voce molto attendibile secondo cui, nelle ultime ore, il presidente si sarebbe confrontato proprio con Nordio […]
GIORGIA MELONI SERGIO MATTARELLA
Dopodiché una domanda si pone, tanto scomoda quanto inevitabile: cosa farebbe Mattarella nel caso in cui, incuranti dei suoi rilievi e in barba all'Europa, questo Parlamento controllato dal centrodestra cancellasse tout court il reato di abuso d'ufficio? Promulgherebbe lo stesso una riforma probabilmente incostituzionale? La risposta non può prescindere dai poteri del presidente. Il quale, se nutre fondate riserve, ha davanti a sé due strade. La prima consiste nel rinvio della legge alle Camere, vale a dire nella richiesta (motivata attraverso un apposito messaggio) di riconsiderarne gli aspetti più discutibili; il Parlamento sarebbe libero di dargli ascolto e di correggere il testo; ma volendo potrebbe respingere l'appello del presidente che, a quel punto, sarebbe costretto a promulgare la legge così com'è stata approvata o, nei casi più estremi, a presentare le dimissioni. In quel caso drammatico sarebbe davvero «game over».
C'è poi la seconda strada, ben collaudata, di un via libera presidenziale accompagnato però da qualche pubblica spiegazione, per esempio una lettera dove Mattarella metterebbe in fila tutte le sue riserve. In pratica, dal Colle si accenderebbe un potente faro sulle sospette incostituzionalità della mini-riforma, agevolando il successivo lavoro della Consulta, che se la vedrebbe lei come in fondo è giusto. Ma ancora non siamo a questo, e la speranza di Mattarella è che non ce ne sia bisogno.
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