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Paolo Lepri per il "Corriere della Sera"
L'amministrazione Obama non cambia idea e, pur usando toni estranei ad una logica di scontro, ribadisce agli amici tedeschi la necessità di invertire la rotta. O almeno di fare di più per il bene comune. «Continuiamo a credere che politiche che promuovano gli investimenti nazionali e la domanda interna sarebbero una buona cosa per l'economia della Germania e per quella globale», ha detto ieri a Berlino il segretario al Tesoro americano Jack Lew, incontrando il ministro delle Finanze Wolfgang Schäuble.
Il successore di Timothy Geithner ha ammesso che sono stati compiuti progressi verso un riequilibrio della bilancia commerciale, nonostante i dati diffusi proprio ieri sull'export della prima economia europea vadano in realtà in un'altra direzione. «Ma puntiamo - ha avvertito - ad un cambiamento ancora più netto». «Non facciamo incontri per giudicarci a vicenda ma per comprenderci meglio reciprocamente», è stata la replica, nella conferenza stampa congiunta, del padrone di casa.
E' proseguita cosi, a distanza ravvicinata, la partita iniziata alla fine di ottobre, quando in un rapporto dei collaboratori di Lew si definiva senza mezzi termini «una fonte di squilibrio» l'eccessiva dipendenza dell'economia tedesca dalle esportazioni. Lunedì, dopo un colloquio a Parigi con il ministro dell'Economia Pierre Moscovici, il segretario al Tesoro aveva rilevato, senza nominare esplicitamente la Germania, che «ci sono Paesi più in grado di altri di stimolare maggiormente la crescita e la domanda».
La più articolata risposta di Schäuble ai rilievi dell'ospite americano ha ricalcato la linea tradizionale del governo già espressa all'epoca del documento statunitense e ribadita poi, con determinazione, quando la commissione europea decise a metà novembre di aprire un'indagine sullo squilibrio delle partite correnti tedesche. Secondo il «vecchio leone» cristiano-democratico, tornato al suo posto nel nuovo governo Merkel, una Germania debole non rappresenterebbe un aiuto per nessuno.
Guardando in particolare alla situazione del Vecchio Continente «l'altro cancelliere», come lo chiamano i giornali tedeschi, ha sottolineato che «nell'eurozona la Germania non è in surplus e fornisce per questo il suo contributo alla regione nel suo complesso». I numeri citati dagli esperti del maestoso palazzo sulla Wilhelmstrasse parlano effettivamente chiaro: lo squilibrio con i partner della moneta unica è notevolmente diminuito nell'ultimo decennio mentre è aumentato quello con le altre aree mondiali.
Ma qui, in realtà , ci sono anche gli Stati Uniti. Su un piano generale, secondo i dati resi noti ieri, le esportazioni tedesche sono aumentate a novembre dello 0,3 per cento, mentre le esportazioni sono calate dell'1,1 per cento. Il surplus commerciale ha raggiunto i 17,8 miliardi di euro contro i 16,7 miliardi di ottobre.
La missione europea di Lew, iniziata a Parigi, è proseguita a Lisbona. Ai suoi interlocutori, il segretario al Tesoro americano ha chiesto anche maggiore coraggio nel cammino verso l'unione bancaria, in particolare per migliorare la credibilità del fondo di risoluzione comune.
Pochi giorni dopo la nascita del governo tedesco, non è mancato un significativo segnale di apertura nei confronti del programma della grande coalizione. Gli investimenti nelle infrastrutture e l'introduzione graduale del salario minimo, ha detto il ministro statunitense, «sono conformi al nostro approccio». Musica per le orecchie del vice cancelliere, il socialdemocratico Sigmar Gabriel.
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