DAGOREPORT - L’ASSOLUZIONE NEL PROCESSO “OPEN ARMS” HA TOLTO A SALVINI LA POSSIBILITA’ DI FARE IL…
Tommaso Ciriaco e Annalisa Cuzzocrea per www.repubblica.it
Non c'è più tempo per trattare. E Beppe Grillo è già stufo di Virginia Raggi: "Non posso fare sempre la vostra balia. Adesso - le ha fatto sapere il Capo - ve la sbrigate da soli". Considera la prima cittadina in mano al "raggio magico". La osserva sconcertato mentre rompe con i big del direttorio nazionale. Si infuria perché favorisce l'ascesa di Salvatore Romeo e Raffaele Marra, i signori assoluti del Comune che hanno soffiato sul fuoco dello scontro. Una guerra di potere ormai chiara a tutti, tra le stanze di Palazzo Senatorio.
Anche a Marcello Minenna, entrato in rotta di collisione con la prima cittadina: "La verità - si sfoga il super assessore con gli amici, a poche ore dalle dimissioni - è che non c'erano più le condizioni per il rispetto delle regole. C'è stato un problema di trasparenza, Virginia deve spiegare ai cittadini. In questi mesi ho respinto compromessi al ribasso. Virginia si è circondata di persone sbagliate, che peraltro non hanno nulla a che fare con lo spirito dei cinquestelle". Scorre veleno nella giunta, insomma. E il Campidoglio, destinato a diventare la vetrina del Movimento, si trasforma in una giungla.
Nel risiko a cinquestelle Virginia Raggi è circondata, quasi protetta dai centurioni del Comune. Le offre una sponda decisiva anche Luigi Di Maio. Il reggente, pragmatico come sempre, considera decisiva la sfida capitolina e lotta per non far naufragare l'amministrazione grillina. Ieri, non a caso, è stato il primo a sponsorizzare una lettera del direttorio, poi rimessa nel cassetto da Grillo e dalle divisioni interne al vertice. Nella missiva si concedeva "piena autonomia" alla sindaca. Oneri e onori, ma senza strappi. In piena sintonia con la dottrina Di Maio, che recita: "Arriverà il momento in cui ognuno si assumerà le proprie responsabilità". L'iniziativa, come detto, è naufragata. E a farla affondare è stato proprio Grillo.
Il comico genovese non ha più voglia di blindare pubblicamente Raggi. Non intende spendersi con nuovi atti formali. E così, quando gli propongono una missione a Roma per lunedì, prima accetta e poi cambia idea. Non ci mette la firma, figuriamoci la faccia. Per non parlare del resto del direttorio. Alessandro Di Battista si è come inabissato, impegnato com'è nel suo tour di successo in giro per la Penisola. Carla Ruocco, in sintonia con Roberto Fico, è furiosa. Paola Taverna pure. Roberta Lombardi lo è da prima del trionfo elettorale. Le prime due hanno addirittura suggerito a Grillo di privare Raggi del simbolo.
Su tutto, pesa naturalmente l'ira del Capo. Se c'è una cosa che lo infastidisce, è aver previsto tutto senza riuscire a frenare l'ingranaggio. Solo poche settimane fa era stato proprio il Fondatore a suggerire a Raggi di sbarazzarsi di Marra. Il vicecapo di gabinetto, invece, è rimasto in sella e ha pure tramato con Daniele Frongia per garantire la scalata di Romeo.
Di fatto, la scintilla che ha scatenato la battaglia. I tre del "raggio magico", da quel momento, hanno alzato ulteriormente il tiro contro Raineri, difesa invece da Minenna. "Irregolare non è la sua nomina - confida il super assessore lamentando un "deficit di trasparenza" - ma la delibera che è servita a nominare Romeo". Di certo, con il blitz d'agosto l'uomo forte della sindaca compie un balzo importante. Triplo, come l'incremento dello stipendio: da 40 mila a 139 mila euro.
È l'attimo in cui la situazione sfugge di mano. E poco importa se anche Raineri mette in guardia la sindaca dal pericolo che in quella nomina rischiano di esserci profili penali, che basta un attimo per finire indagati per abuso d'ufficio. I due gruppi ormai si contendono ogni centimetro. Dallo staff del sindaco partono sms di fuoco contro il super assessore: "Pensa di fare il sindaco, vuole comandare da solo".
Nel mirino del "raggio magico" entra anche il capo del personale del Campidoglio, confermato ai tempi del prefetto Tronca. E nella faida tra correnti rischia di finire stritolato pure l'assessore all'Urbanistica Paolo Berdini, che in privato si lamenta: "Per ben tre volte ho fatto asse con Minenna, ma siamo stati sconfitti". I due si stimano parecchio, in effetti: "È il migliore che siede in giunta - confida il responsabile al Bilancio - Abbiamo anche avuto il tempo di fare qualcosa di bello insieme. Mi dispiace perché sulle Olimpiadi aveva detto cose di buonsenso".
E il direttorio nazionale? Si schiera con i tecnici della giunta. Ruocco si confronta quotidianamente con Minenna, Taverna lo considera un pilastro dell'amministrazione. A nessuno di loro piace Marra, né aiuta il fatto che il vice capo di gabinetto - raccontano - sia stato così vicino a Gianni Alemanno da rispondere a volte addirittura al telefono per lui. L'ultima parola, allora, spetta a Minenna: "Non sono ammesse deroghe ai valori di legalità, trasparenza, disciplina ed onore. Come diceva Casaleggio, è difficile vincere contro chi non si arrende mai".
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