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1. E FORZA ITALIA HA SORPASSATO LA LEGA
Il centrodestra è in vantaggio nello spoglio delle elezioni regionali in Molise rispetto al M5s, quando mancano una trentina di sezioni al termine. Indietro il centrosinistra. Donato Toma, candidato alla presidenza della Regione sostenuto in campagna elettorale sia da Silvio Berlusconi che da Matteo Salvini, è al 44,2% delle preferenze. Andrea Greco del Movimento 5 stelle al 37,82%. Carlo Veneziale (centrosinistra) è al 16,9% e Agostino Di Giacomo (Casapound) allo 0,38%.
ELEZIONI REGIONALI IN MOLISE - ANDREA GRECO - CARLO VENEZIALE - DONATO TOMA - AGOSTINO DI GIACOMO
Per il Movimento 5 Stelle non è un buon risultato. Dopo il 44,8% delle politiche, avrebbe potuto sfondare e ottenere la sua prima regione. Invece il Movimento galleggia intorno a quota 31%. Ma per il candidato governatore Andrea Greco "è un risultato storico a livello regionale. Forse il Movimento cinque stelle non aveva mai fatto così bene in un'elezione regionale. Siamo passati da due consiglieri a sei, sei persone che si batteranno per difendere le idee del Movimento e soprattutto per rendere onore ai cittadini che ci hanno votato. Io parlerei di risultato storico, non di fallimento".
In mattinata è arrivato anche un primo commento dei 5 Stelle: "Siamo fieri di questa campagna elettorale e siamo fieri della fiducia che ci hanno dato i molisani. Con una sola lista contro nove e con 20 candidati contro 180 abbiamo tenuto testa al centrodestra. Il Movimento 5 Stelle si conferma la prima forza politica della Regione in maniera netta", dicono i pentastellati che hanno annunciato per domani 24 aprile una conferenza stampa di Greco.
Decisamente positivo, invece, il risultato del centrodestra. La coalizione è nettamente in testa al 49,9%, con Forza Italia primo partito al 9,5% e Lega seconda all'8,4%, con il buon risultato della lista Orgoglio Molise all'8,4%, Popolari per l'Italia al 7,3% e l'Udc al 5,3%. FdI è al 4,5%. "Stiamo aspettando i risultati ufficiali, intanto psicologicamente mi sto mettendo in sintonia con il ruolo di governatore", è stato il primo commento di Donato Toma.
Male il Pd con l'8,6% (alle politiche era al 15,2%). Leu rimane alle stesse percentuali delle politiche, sopra il 3%. Proprio Veneziale è stato il primo a parlare, intorno alle 3, per ammettere la sconfitta. "Ho perso, chiaramente", ha detto nella sala stampa che accoglie anche il centro dati sull'afflusso dei voti. "Ho perso ma quello che resta è il percorso politico, quello di un centrosinistra che ha ritrovato l'unità dopo anni di divisioni, e questa è l'eredità positiva che resterà a chi verrà dopo di me".
Erano chiamati alle urne 331mila molisani, di cui 78.025 residenti all'estero. E c'è un vincitore indiscusso: l'astensione. Solo un molisano su due ha deciso di votare, il 52,16% per la precisione. Ben venti punti in meno rispetto alle politiche del 4 marzo, anche se a pesare potrebbe essere stato il voto all'estero, consentito per le politiche e non per le regionali.
Il test molisano è diventato importante anche in chiave nazionale e i partiti si aspettano indicazioni per la formazione del nuovo governo. Non a caso nella campagna elettorale della più piccola delle Regioni a statuto ordinario si sono impegnati in prima persona i leader delle principali forze politiche, da Matteo Salvini a Luigi Di Maio, da Silvio Berlusconi a Maurizio Martina.
2. LE CONSULTAZIONI FRENANO I 5 STELLE
Nando Pagnoncelli per Corriere della Sera
La fase di trattative per la formazione di un governo sembra oramai escludere la possibilità di un esecutivo che veda la partecipazione dell' intero centrodestra insieme al Movimento 5 Stelle. Non sappiamo se davvero il percorso sia chiuso o ci siano ulteriori possibilità. L' unica possibile, in quest' area, sarebbe lo sganciamento della Lega dalla coalizione e la sua alleanza con il M5S. Ma sembra un' ipotesi di difficile realizzazione.
Anche perché Salvini ha forse più interesse a consolidare il suo ruolo nel centrodestra trasformando la leadership in un' annessione di parte rilevante dell' elettorato di Forza Italia. Ipotesi non peregrina, che avrebbe bisogno però di una nuova tornata elettorale.
Di Maio invece è in una situazione più complessa, poiché da un lato non può non affermare la propria primazia, in quanto investito dal voto popolare (anche se, in un sistema sostanzialmente proporzionale, questo non è sufficiente), ma dall' altro lato si trova costretto a trattare pur non potendo fare un passo indietro rispetto alla propria candidatura alla premiership.
In questi giorni quindi i riflettori si sono accesi sui due leader e per questo anche noi abbiamo deciso di valutarne la forza e l' impatto sugli elettori. In primo luogo naturalmente verificando gli orientamenti di voto. Qualche settimana fa abbiamo spiegato che, subito dopo il voto, in qualunque elezione, si ha l' effetto bandwagon, quello che Flaiano chiamava correre in soccorso del vincitore. Anche questa settimana i dati si confermano, ma con alcuni piccoli segnali che vanno colti. Un piccolo rafforzamento del Pd, forse aiutato dall' essere timidamente rientrato nell' agone con la proposta di temi programmatici avanzata dal reggente Martina.
La contrazione di Forza Italia, oggi a oltre un punto in meno del già magro risultato delle politiche. Presumibilmente frutto del fatto che la scena è occupata da Salvini con la leadership berlusconiana in qualche modo costretta alla difensiva. L' ulteriore piccolo passo avanti della Lega, stimata due punti sopra il lusinghiero risultato delle recenti elezioni. Una lieve contrazione da parte del Movimento 5 Stelle, certo poca cosa, ma che si accompagna ad altri piccoli, ma non irrilevanti, segnali di difficoltà.
Concentrandoci sui due leader che hanno dato vita alle trattative di queste settimane, si trova un' ulteriore conferma dei segnali appena visti. L' apprezzamento di Salvini è sostanzialmente stabile, con qualche piccolissimo segnale di crescita, segno che nonostante le difficoltà, è riuscito a non scontentare i propri sostenitori. Di Maio segnala invece un decremento più significativo: il suo indice di apprezzamento era del 49 poco meno di un mese fa, oggi è sceso di sei punti collocandosi al 43, un punto sotto il leader della Lega, perdendo il primato.
Analogo andamento si registra riguardo alle valutazioni dell' operato dei due partiti considerati vincitori del recente confronto elettorale. La Lega, proprio in quest' ultima settimana, segna un miglioramento di tre punti sull' indice di gradimento dell' operato, collocandosi al 44. Il Movimento 5 Stelle, analogamente a quanto accade al suo leader Di Maio, segna un calo, passando dal 51 di quattro settimane fa, all' attuale 45, sostanzialmente identico a quello della Lega.
Sono piccoli segnali, da cui non si possono trarre indicazioni che facciano parlare di una tendenza consolidata. Ma se rimaniamo al breve arco di tempo che ha visto le consultazioni entrare nel vivo, non si può che concludere che Salvini ne esce meglio. Sia perché è stato capace di mettersi in secondo piano, sostenendo ripetutamente di non mirare per forza alla leadership e così dando l' idea di mettere al primo posto l' interesse del Paese.
luigi di maio berlusconi salvini meloni
Sia perché è riuscito ad affermare la propria leadership (esplicitamente riconosciuta anche da Berlusconi all' uscita del primo turno di consultazioni) portando tuttavia con sé l' intera coalizione, sia pur con mal di pancia in casa forzista. Di Maio al contrario ha qualche difficoltà in più. Si è infatti posizionato immediatamente come il vincente e quindi il candidato premier per definizione, segnando in tal modo una disponibilità minore rispetto a quella di Salvini.
Probabilmente nel calo registrato si cumulano due elementi. Da un lato l' apertura di credito degli elettori potenzialmente alleati del centrodestra: credito che rientra di fronte alla difficoltà di chiudere la trattativa. Dall' altro lato una relativa resistenza di una parte dei propri elettori storici a fronte di una mediazione considerata forse come un cedimento. D' altronde il Movimento ha un elettorato assai articolato per provenienza politica, come abbiamo più volte detto, e qualunque scelta di governo, tanto più di alleanza, crea necessariamente scontenti. Allo stato attuale però è questa forza che sembra avere il cerino in mano. Deve spegnerlo a breve, se non vuole pagare altri prezzi.
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