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Ugo Magri per "la Stampa"
Un mese dopo, Monti e Berlusconi ci riprovano. Salvo colpi di scena (c'è La Russa che protesta perché alla vigilia dei ballottaggi il momento non poteva essere più sbagliato), oggi è previsto un faccia a faccia. Il 18 aprile scorso saltò perché avrebbe avuto il sapore di un affronto al segretario Pdl Alfano che, in quel preciso momento, stava battagliando con il governo sulla riforma del lavoro. L'invito era partito dal premier.
E nei palazzi romani subito avevano insinuato che Silvio fosse molto attratto da qualche forma di «do ut des» in materia di frequenze televisive. Per stroncare tutte queste malignità , Berlusconi preferì dare forfait. Tra i due calò il gelo, anche perché il Cavaliere dimenticò di avvertire il premier, che lo apprese con dispiacere dalle agenzie di stampa. Alla fine si mise di mezzo Gianni Letta, la diplomazia fatta persona, li fece parlare al telefono, e insomma oggi si vedono.
Alfano è andato ieri ad Arcore per ragionare sui contenuti di un colloquio che non sarà , si capisce, solo sulle frequenze e sugli interessi aziendali di Berlusconi. Altra carne al fuoco si è aggiunta, incominciando dalla giustizia. Per non dire della crisi economica che si sta avvitando su se stessa, e spinge un preoccupatissimo Bonaiuti (portavoce del Cavaliere) a coniare un gioco di parole: «Di questo passo finiamo a Patrasso», località della penisola ellenica. Ci saranno le solite richieste di accelerare sulla crescita e le solite risposte (con quali soldi?).
Il Cavaliere si presenterà da Monti fornitissimo di sondaggi. L'ultimo, confezionato per lui da Euromedia Research, registra un calo nella popolarità del premier. Il suo gradimento sarebbe sceso ormai al 42,3 per cento, quasi due punti inferiore a quello del governo nel suo complesso. E alla domanda se dopo il voto del 2013 vorrebbero continuare con il governo tecnico, solo il 24 per cento risponde sì.
Escluso che Berlusconi voglia rendere partecipe Monti del piano riservatissimo concepito nel suo «cerchio magico» per vincere le prossime elezioni: una lista di duri e puri insomma, distinta e per certi versi antagonista del Pdl (dove verrebbero relegati tutti i «tiepidi»). Quale candidato premier, verrebbe lanciata in pista la Santanché, il cui berlusconismo sanguigno e passionale non teme rivali. Guarda caso, sulla Santanché si è scatenato un interesse mediatico anche internazionale.
Gli inglesi del «Sun» la lanciano verso Palazzo Chigi come «la Sarah Palin italiana», salvo rovinare tutto quando presentano la Santanché come una «pupa» di Silvio, al pari di Ruby e le altre. Anche per questo motivo, nel Pdl e nella vecchia guardia berlusconiana non riescono a prendere sul serio l'idea del «listone», giudicata folle e autolesionista. Però dicevano così anche quando Berlusconi voleva sciogliere Forza Italia. Poi si sa come andò...
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