DAGOREPORT – AVVISATE IL GOVERNO MELONI: I GRANDI FONDI INTERNAZIONALI SONO SULLA SOGLIA PER USCIRE…
Ettore Livini per “la Repubblica”
Il futuro dell’euro è in mano a una banda di 2,65 milioni di arzilli vecchietti (alcuni, a dire il vero, nemmeno troppo vecchietti): l’esercito dei pensionati greci, diventato in queste ore la linea del Piave su cui si è bloccato il negoziato tra Atene e la Troika.
“Costano troppo! Tsipras deve tagliare i loro assegni previdenziali di almeno 1,8 miliardi” dicono da settimane Ue, Bce, Fmi. “Richieste assurde — ribatte il premier — . Le abbiamo già ridotte oltre i limiti. Un esempio? Il 45% dei pensionati ellenici prende meno di 655 euro al mese, il livello della soglia di povertà”.
Protesta di Pensionati e studenti greci Atene Crisi Grecia
Chi ha ragione? Dipende da che parte si guardano i numeri. Dafne Grigoropoulos, 67 anni ben portati, snocciola i suoi. “Ho fatto l’insegnante di scuola elementare per 38 anni. Sono andata in pensione a 58 anni con 1.300 euro al mese — calcola cullando il nipote nel parco dello Zappeion — . Oggi ne prendo 1.050. E mi va ancora bene rispetto a molti”.
Con il suo assegno ci campano lei, rimasta vedova, la figlia 38enne disoccupata dal 2012 (“ha perso il sussidio dopo un anno, è andata a cercare lavoro per l’estate a Santorini”) e il piccolo Emmanuel. Tutt’altro che un caso isolato. Il 49% delle famiglie elleniche, calcola uno studio della Confindustria locale, vive solo di un reddito previdenziale.
“Nessuno vuole toccare chi prende il minimo — ha garantito due giorni fa Juncker — ma la Grecia spende 28 miliardi l’anno in pensioni, il 16% del Pil”. Nel 2009, quando è scoppiata la crisi, nel paese c’erano 130 differenti fondi pensione e 580 professioni usuranti tra cui i presentatori tv, a rischio per l’accumulo di flora batterica nei microfoni.
Atene, a voler guardare, ha già fatto i compiti a casa: il numero dei fondi è stato ridotto a 13. Un censimento nel 2012 ha portato alla scoperta di 90mila truffatori che ritiravano l’assegno di parenti morti da anni e di 350mila posizioni irregolari. I diktat di Ue, Bce e Fmi hanno ridotto da 14 a 12 le mensilità e le entrate medie sono oggi di 713 euro a testa al mese.
“La spiegazione del rapporto tra spesa e Pil è semplice — ha scritto ieri su Der Spiegel Tsipras per spiegare le sue ragioni ai tedeschi — . Noi abbiamo tagliato le pensioni, ma l’austerity ha fatto crollare il Pil del 25% in cinque anni distorcendo i dati. Da noi, per dire, si lascia il lavoro a 67 anni, due anni più tardi dei tedeschi”.
Peccato non sia vero. Certo, la Troika ha imposto una legge che sposta ai 67 anni l’età in cui si può lasciare il lavoro. Nella pratica le vie di fuga restano però tante. Fofi Gennimata, neo presidente del Pasok, ex impiegata di banca con tre figli, ha ritirato il suo primo assegno previdenziale lo scorso anno a 51 anni. Oggi, diventata parlamentare, l’ha sospeso. L’età media in cui si va in pensione nel pubblico è di 56,7 anni, destinati a diventare 60 solo nel 2022, con buona pace di Tsipras. E dal 2009 le richieste di ritiro anticipato sono salite del 48%.
“Il problema è con questi soldi campano intere famiglie”, dice Dafne. La disoccupazione giovanile è al 50%, quella tra gli ultra 55enni è balzata dal 6% del 2009 al 20%. “E con una cifra sempre più magra vivono sempre più persone”, conferma Iannis Angelopoulos, 62 anni e 594 euro di stipendio al mese (“200 se ne vanno in affitto”).
Il paradosso è servito. I pensionati greci sono tra i più poveri d’Europa ma pure i più costosi. E il tiro alla fune continua: Tsipras da una parte, la Troika dall’altra, e l’euro in mezzo.
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