DAGOREPORT – CON L'OPERAZIONE GENERALI-NATIXIS, DONNET SFRUTTA UN'OCCASIONE D'ORO PER…
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Accolta dai più come un positivo salto culturale, l'affermazione concreta dell'equiparazione tra diritti sociali e diritti civili, la nomina di Elsa Fornero a ministro delle Pari Opportunità (oltre che al Welfare) in realtà nasconde interessi molto più terra terra delle aleatorie (seppur importanti) politiche di genere e di parità .
Non tutti sanno, infatti, che proprio il titolare di questo dicastero esprime un componente del Consiglio Generale della Compagnia San Paolo di Torino. Secondo lo statuto della fondazione, principale azionista di Intesa Sanpaolo, istituto del quale è stata fino a l'altro giorno vicepresidente, prevede al comma m la nomina da parte della "Commissione Nazionale per la Parità e le Pari Opportunità tra Uomo e Donna" di un membro dell'organo di indirizzo.
Chi l'ha preceduta su quella poltrona si è comportata in vario modo. C'è chi si è astenuta per ragioni di inopportunità , come la diessina Barbara Pollastrini il cui marito, Pietro Modiano, era al tempo direttore generale della banca, oppure ha designato sodali di partito, ed è il caso della pidiellina Stefania Prestigiacomo che ha indicato Patrizia Polliotto, consorte del senatore berlusconiano Aldo Scarabosio.
Se il governo Monti riuscirà a reggere fino al nuovo anno toccherà alla Fornero fare una scelta che potrebbe essere risolutiva sul futuro assetto della Compagnia che, com'è noto, rinnoverà organismi e vertici nella primavera prossima. Al di là delle voci romane che riferiscono di un non proprio disinteressato intervento di Giovanni Bazoli per la sua promozione nella squadra degli ottimati, stante gli equilibri precari che governano l'ente quel posto da consigliere sui ventuno del plenum di corso Vittorio avrà un peso notevole, soprattutto nel gioco delle alleanze in vista dell'elezione del successore di Angelo Benessia.
Farà fronte comune al sistema camerale che conta su sei componenti (due espressi dalla Cciaa di Torino, uno da Unioncamere Piemonte, uno ciascuno dalle Cciaa di Genova, Milano e Roma), feudo in larga parte incontrastato di Enrico Salza, tornato ad agitarsi sulla scena (e ancor meglio nelle retrovie)?
E se, com'è probabile, il fido Pietro Garibaldi gli succederà alla vicepresidenza del Consiglio di Sorveglianza, uscendo dalla rosa dei papabili lascerà mano libera a Piero Fassino che continua a puntare tutte le carte su Alfonso Iozzo? Dilemmi cruciali di una civil servant con un invidiabile pedigree politico.
2- SI RIAPRE LA PARTITA NEL SALOTTO DI TORINO - IN MANOVRA PER BENESSIA SALGONO LE CHANCE DI RICONFERMA L'ATTIVISMO DI SALZA E IL RUOLO DELLA POLITICA CON FASSINO E CHIAMPARINO
Marco Ferrando per Sole 24 Ore
Una partita tutta torinese. Una sorta di regolamento di conti tra contenti e scontenti di una gestione che negli ultimi tre anni - secondo molti - ha visto crescere la quota azionaria della Compagnia di San Paolo dentro a Intesa (di cui oggi è azionista al 9,8 per cento) ma al tempo stesso diminuirne la voce in capitolo.
Così doveva essere il rinnovo dei vertici degli organi della fondazione, previsto nella primavera prossima. Invece, la doppia chiamata alle armi di Mario Monti a Corrado Passera ed Elsa Fornero, ceo e vice presidente del consiglio di sorveglianza di Intesa, ha improvvisamente riaperto i giochi, riequilibrando le quotazioni dei vari concorrenti.
Al momento, chi ha molto da guadagnarci è Angelo Benessia, presidente uscente fino a ieri dato per difficile rientrante. Il nuovo confronto con gli altri azionisti sulle sorti della banca, a cinque mesi dalla fine del suo mandato, gli ha messo nelle mani la possibilità di conquistarsi sul campo la conferma, facendo dimenticare il «pasticcio» combinato un anno e mezzo fa con Domenico Siniscalco, in corsa per la presidenza del consiglio di gestione di Intesa ma bruciato alla vigilia.
Se ad Angelo Benessia dovesse riuscire il colpo di portare Marco Morelli al posto di Passera l'avvocato potrebbe ritrovarsi tra i favoriti. In questi giorni Benessia ha ricordato che la partita in corso è per il bene della banca e non ha niente a che vedere con la difesa della torinesità nell'istituto, ma un'eventuale soluzione gradita sotto la Mole potrebbe innescare l'appoggio del sindaco di Torino, Piero Fassino, al quale spettano due nomine nel parlamentino della fondazione e per prassi la prima parola nell'indicare il presidente: l'ex segretario Ds sta seguendo in prima persona le vicende di Intesa, e anche se finora non ha fatto nomi è probabile che la scelta di Morelli gli sia la più gradita, per lo meno tra quelle interne.
Altra freccia all'arco di Benessia è la difficile situazione finanziaria del Comune di Torino: per chiudere i prossimi bilanci Palazzo civico dovrà riorganizzare le aziende partecipate, un delicato riassetto che per far confluire nelle casse comunali la liquidità necessaria richiede il coinvolgimento delle fondazioni, Compagnia in testa.
Basterà tutto questo per determinare un Benessia-bis? Difficile a dirsi. Perché la situazione è fluida, ma anche perché l'avvocato in questi anni non ha convinto tutti. Così si spiega l'ampia rosa dei possibili competitor e l'attivismo degli altri centri di potere che hanno voce in capitolo sulle sorti della Compagnia.
Tra i più vivaci, c'è il mondo camerale, al quale spettano ben sei nomine nel consiglio generale della fondazione, dove in totale i membri eletti sono 17 e dunque per eleggere il presidente bastano 9 voti. Da sempre su questo versante il deus ex machina è Enrico Salza, ex presidente del consiglio di gestione di Ca' de Sass e artefice della fusione tra Intesa e Sanpaolo insieme con Giovanni Bazoli nel 2006.
Uscito sconfitto dalla tornata di nomine del 2010, Salza - che agli amici confida di coltivare il sogno di un rientro proprio ai vertici della banca - sta cercando di ritagliarsi il ruolo di king maker per la fondazione, ma qui deve vedersela con l'altro uomo forte del sistema, Ferruccio Dardanello.
Tra i due in passato c'è stata una tensione fortissima, ma c'è chi ritiene che tra Salza e il presidente nazionale di Unioncamere, destinato a essere confermanto per un secondo mandato nella primavera prossima, ultimamente ci sia stato un riavvicinamento; i due nelle ultime settimane si sono parlati, e nei prossimi giorni potrebbero anche incontrarsi.
Certo è che Dardanello, abile diplomatico di scuola democristiana, sta lavorando per una soluzione di sistema: sa infatti che se le camere di commercio, forti del loro maxi-pacchetto di voti, saranno unite potranno giocare un ruolo decisivo per la nomina del prossimo presidente della Compagnia.
Inoltre Dardanello proprio in queste settimane si è attivato per cercare anche qualche sponda esterna (a partire dal presidente della Provincia di Torino Antonio Saitta, al quale spetta un altro consigliere), in modo da ridimensionare il peso del Comune di Torino.
Per la carica di presidente, tra i nomi già messi sul tavolo - probabilmente con l'obiettivo di bruciarli - ci sono stati quelli dell'economista Pietro Garibaldi, vicino a Fassino e attuale consigliere di sorveglianza di Intesa, e dell'ex sindaco di Torino, Sergio Chiamparino, che però ha confidato a più riprese di non ritenere opportuno un suo "reimpiego" in fondazione.
Per ora in secondo piano, e forse non a caso, Alfonso Iozzo, ex ad Sanpaolo ed ex segretario della Compagnia, e Valentino Castellani, sindaco di Torino fino al 2001, non senza l'appoggio, tra gli altri, di Enrico Salza.
Elsa Fornero Fornero e Passera bon0552 pietro modiano barbara pollastriniSTEFANIA PRESTIGIACOMO Monti alla Camera Giovanni Bazoli Enrico Salza Alfonso IozzoMarco Morelli DG Intesa Sanpaolo Piero Fassino
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