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NETANYAHU SÌ CHE HA GLI “AMICI” GIUSTI – IL PRIMO MINISTRO ISRAELIANO HA POTUTO TRANQUILLAMENTE METTERE PIEDE IN UNGHERIA SAPENDO CHE IL PUTINIANO ORBÀN SE NE SAREBBE FOTTUTO DEL MANDATO DI ARRESTO DELLA CORTE INTERNAZIONALE PENALE (CPI) PER I CRIMINI CONTRO I PALESTINESI – IL PIÙ FILORUSSO DEI LEADER EUROPEI HA ANNUNCIATO L’USCITA DALLA CORTE, ACCUSANDOLA DI ESSERE DIVENTATA “UNO STRUMENTO POLITICO”. E “BIBI” GODE SPERANDO IN UN ALLARGAMENTO DEL CONSENSO: “SIETE I PRIMI, NON SARETE GLI UNICI”
Estratto dell’articolo di Fabio Tonacci per "la Repubblica"
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Sordo agli appelli della Corte penale internazionale a eseguire il mandato di arresto, Victor Orbán accoglie Netanyahu con il più largo degli abbracci. «Budapest è il luogo più sicuro d’Europa. Benvenuto in Ungheria, primo ministro!», scrive su X, a riprova dell’alleanza di acciaio che ha stretto col governo dello Stato ebraico. In dote, Orbán porta anche il ritiro del suo Paese dallo Statuto di Roma che più di vent’anni fa, con gran fatica, istituì la Corte dell’Aia (Cpi) per giudicare sui crimini di guerra e contro l’umanità.
«Io firmai quel documento di adesione e ora ho firmato il documento per uscirne, ormai è un tribunale politico», sostiene il leader ungherese, già orgoglioso teorico della democrazia illiberale.
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Non per caso, dunque, Netanyahu ha scelto l’Ungheria come meta del suo primo viaggio istituzionale nella Ue da quando, lo scorso novembre, la Cpi ne ha chiesto l’arresto accusandolo di crimini contro la popolazione palestinese. Ancora ieri, 31 morti per un raid missilistico su una scuola di Dar Al-Arqam che accoglieva centinaia di sfollati. «Diciotto vittime sono bambini», afferma Mahmoud Basal, portavoce della Difesa civile di Gaza. Da quando Israele ha rotto la tregua, i morti sono quasi mille.
La visita di Netanyahu a Budapest durerà fino a domenica. Secondo indiscrezioni, le autorità ungheresi potrebbero annunciare lo spostamento della propria ambasciata da Tel Aviv a Gerusalemme, la capitale di Israele non riconosciuta dalle Nazioni Unite, sull’esempio di quanto fece Trump nel 2017. E proprio col presidente americano, Orbán e Netanyahu hanno parlato al telefono per discutere del ritiro dallo Statuto di Roma «e su altri passi da compiere».
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Il viaggio del premier israeliano è così una plateale sfida all’architrave della giustizia internazionale e alla Cpi, già nel mirino dell’asse sovranista e misconosciuta sia da Putin (anche su di lui pende il mandato di cattura per le deportazioni di minorenni ucraini in Russia) sia da Trump, che ha minacciato sanzioni ai giudici dell’Aia. Appena Netanyahu è sceso dall’aereo insieme a sua moglie Sara, il portavoce della Cpi Fadi El Abdallah ha ricordato al governo ungherese l’obbligo, in qualità di Stato firmatario, di eseguire l’arresto. Parole al vento
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[…] «Le decisioni su Israele hanno dimostrato che la Corte è diventata uno strumento politico, non vogliamo più avere a che fare con essa» […] Netanyahu: […]«Siete stati i primi, non sarete gli unici». Ci vorrà comunque almeno un anno per completare la procedura di uscita. […]
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