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Paola Di Caro per corriere.it
GIANNI LETTA SILVIO BERLUSCONI
Alla vigilia del vertice che si terrà oggi alle 14, presenti tutti i leader del centrodestra, la linea è «compattezza, la partita a scacchi è ancora lunga» e a guidarla sarà Berlusconi. Che continua a «coltivare il suo sogno» di potercela fare, ma che non farà mosse azzardate come annunciare la sua candidatura a 10 giorni dal voto per l’elezione del presidente della Repubblica.
Quello che ha fatto invece, mercoledì sera, è stato chiarirsi sia con Giorgia Meloni che soprattutto con Matteo Salvini , per capire a che gioco la Lega stesse giocando. L’alleato lo ha rassicurato, ma per farlo in modo ufficiale ha aspettato ieri mattina, quando dopo aver visto come i giornali avevano letto i messaggi leghisti (uno stop a Berlusconi), ha diramato una nota per definire «inaccettabili» i veti sul Cavaliere.
Era il minimo, in vista del summit di oggi. Perché comunque finisca, che si sottoponga alla prova dei numeri alla quarta votazione o apra ad altre ipotesi, oggi il centrodestra deve «essere unito» sul suo nome: «Me lo devono — continua a ripetere — pretendo un atto di lealtà». Un atto che, dice in queste ore, se andrà a buon fine «converrà a tutti: a chi non vuole andare a votare subito, a chi intende governare se vinceremo le elezioni e solo con me avrà la certezza di essere nominato premier e garantito in Europa, a chi vorrà ristrutturare il centrodestra senza la mia presenza, sia in FI che fuori».
Oltre a chiedere garanzie sui numeri prima di sottoporsi a un voto, gli alleati poco potranno opporre. Anche gli agitati centristi, per Berlusconi con pochissime carte in mano e pronti ad allinearsi per mancanza di alternative. Perché, dicono gli azzurri, se «salta il patto sul sostegno a Berlusconi, salta tutto il centrodestra».
Restano però i problemi. E a rappresentare plasticamente il tutto è arrivato in mattinata l’auspicio di Gianni Letta, a margine della camera ardente per David Sassoli, per un’elezione in un clima «condiviso» come quello che ha caratterizzato la commemorazione per la morte del presidente del Parlamento Ue: «Bisogna guardare agli interessi del Paese e non alle differenze di parte».
letta berlusconi andreotti spadolini
Uno stop a Berlusconi? Raccontano che il consigliere di Berlusconi, che comunque è tra chi più consiglia cautela all’ex premier, abbia passato due ore ieri mattina a villa Grande, e «non c’è dissidio» giura Gasparri. Ma il punto è cruciale: si può votare un presidente della Repubblica in un muro contro muro? Secondo Matteo Renzi no, tanto che il leader di Iv coglie la palla al balzo al balzo e si dice «d’accordo con le parole di Letta, Gianni» e prevede un’elezione il «27, massimo 28 gennaio», le prime due a maggioranza assoluta.
Ma Berlusconi, che secondo Sgarbi «ha parlato con Renzi», non demorde: secondo lui, «pochissimi» lo tradiranno; il fronte avversario, poi, non ha armi: «Se ci presentiamo compatti, anche se loro disertassero la quarta votazione, per quanto potrebbero rifiutarsi poi di presentarsi?».
E poi c’è il fronte internazionale. Le parole del capogruppo del Ppe Weber, che ieri Berlusconi ha ricevuto a cena a Villa Grande, sono un endorsement non banale: «È importante per noi avere un presidente della Repubblica del Ppe, soprattutto dopo l’addio della Merkel», gli ha detto in privato. E il Cavaliere lunedì andrà a Strasburgo per votare il presidente del Parlamento europeo (esponente del Ppe) e magari ottenere altre benedizioni. In attesa, dicono i suoi, di chissà quale altro «colpo di scena». Che ci sarà, comunque finisca la partita.
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