DAGOREPORT – AVVISATE IL GOVERNO MELONI: I GRANDI FONDI INTERNAZIONALI SONO SULLA SOGLIA PER USCIRE…
Alessandro Trocino per il “Corriere della Sera”
A un certo punto Federico D'Incà ottiene il silenzio della sala: «L'altro giorno mio padre mi ha detto: ma chi siete diventati? Io non capisco più chi siete e dove volete andare». Riflessione di buon senso, peraltro condivisa da buona parte dei presenti, ovvero tutto il gotha di governo e sottogoverno del Movimento 5 Stelle, convenuto per una riunione che è un po' team building, un po' autocoscienza e un po' gabinetto di guerra.
Il resoconto di quello che si dice in quelle ore di lunedì, in un frugale agriturismo alle porte di Roma immerso nella riserva naturale dell'Insugherata, è il quadro esatto dello stato di salute del Movimento, reduce dallo schiaffo delle urne regionali e incagliato nelle secche di una riforma interna bloccata da veti e diffidenze. Per più di un'ora si susseguono interventi su meet up e territorio, rimostranze e mea culpa.
Stefano Buffagni lamenta: «Non abbiamo più un'identità, non esistiamo». D'Incà: «Non ci siamo sui territori». Giuseppe L'Abbate, non si sa se provocatorio: «Siamo senza struttura, non siamo niente. Ma perché non prendiamo lo statuto del Pd, togliamo il loro simbolo e ci mettiamo il nostro?». Il capo delegazione Alfonso Bonafede richiama tutti all'ordine: «Ma non avevamo tre opzioni da discutere?». In effetti sì, quelle enunciate ai gruppi dal capo politico Vito Crimi, per capire come procedere. Anche per questo Perilli sbotta: «Non ho capito il senso di questa riunione. Perché non potevamo rispondere come gli altri via mail?».
Si cerca di capire come reagire al tracollo elettorale. Riccardo Fraccaro ha la sua ricetta: «Dobbiamo spingere sul referendum propositivo». Certo, come no, risponde a mezza bocca uno dei presenti, «se annuncio questo tema ai miei elettori mi vengono a prendere a mazzate». Il taglio degli stipendi dei parlamentari sembra finito nel dimenticatoio. È Luigi Di Maio a lanciare l'idea della riforma fiscale.
carlo sibilia luigi di maio federico dinca
Che viene sposata con forza anche da Carlo Sibilia e Davide Crippa e rilanciata alla stampa da Crimi. Il ministro degli Esteri si muove con l'energia rinnovata del capo in pectore. Non ha apprezzato granché certi cedimenti al Pd di Palazzo Chigi, ma la gira in chiave autocritica: «Sul reddito di cittadinanza dovevamo prendere l'iniziativa noi. Se c'è qualcosa da registrare, siamo noi a doverne parlare per primi».
ministri m5s all agriturismo cobragor
Del resto, si fa notare, c'è un ministro che si dovrebbe occupare del tema. Nunzia Catalfo, in call, assiste silente. Si affronta anche il decreto sicurezza. Se il Pd ci attacca, è il senso del ragionamento di alcuni, dobbiamo fargli sudare le modifiche del decreto. Di Maio torna sul processo interno. Teme che gli Stati Generali si protraggano per uno o due mesi. E il governo? Non si può aspettare: «Vito, credo che tu debba accelerare. Dobbiamo avere una nuova leadership forte entro 10-15 giorni». Crimi non si sbilancia. «Nel sondaggio fa parte della quota "non sa, non risponde"», ironizza un presente. Sibilia e gli altri di Parole Guerriere sono per mozioni legate a candidati, per far venire allo scoperto opinioni e idee, se ci sono.
ALESSANDRO DI BATTISTA DAVIDE CASALEGGIO
Alessandro Di Battista viene citato solo una volta, in negativo: «L'unica proposta che ha fatto è il servizio ambientale. Ormai è fuori dal mondo». Sarà anche fuori dalla segreteria politica? L'altro convitato di pietra è Davide Casaleggio. Quasi tutti chiedono di ridimensionare il suo ruolo e di trasformare il rapporto con la piattaforma Rousseau in un «contratto di servizio».
Vito Crimi si cimenta in un siparietto: «In teoria l'accesso per scrivere le mail agli eletti lo avrei solo io. Se ne dovrebbe dedurre che sono stato io a scrivere la mail in cui lamento la morosità». Segue scoppio di ilarità dei presenti. Qualcuno grida: «Allora sei tu Casaleggio!».
Raro momento lieto della riunione, che deve fare a meno dei sarcasmi surreali di Beppe Grillo. Si parla anche di lui. Viene reso noto che avrebbe annunciato di avere «risolto» le sue questioni giudiziarie e che quindi i fondi di Rousseau per le spese legali non gli sarebbero poi così utili. Altro legaccio in meno con l'associazione. La riunione si conclude con un monito di Angelo Tofalo: «Credo che ogni decisione debba essere condivisa con Grillo. Altrimenti se Beppe, come ha fatto per il Parlamento inutile, domani scrive un tweet dicendo che il Movimento deve chiudere la baracca, non ci resta che salutare e andare tutti a casa».
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