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Marco Lillo per "Il Fatto Quotidiano"
Renato Schifani è una mente. Parola di Totò Riina. Il capo dei capi è stato intercettato il 10 giugno del 2008 nella sala colloqui del carcere di Opera. Il boss è recluso nel regime di massimo isolamento previsto dall'articolo 41 bis. Dietro il vetro parla con i suoi familiari e probabilmente lancia messaggi in un momento di svolta della vita politica italiana.
Il 14 aprile del 2008 Silvio Berlusconi ha vinto con le elezioni politiche. Il 29 aprile Schifani è stato eletto presidente del Senato. Passano poche settimane e il capo indiscusso di Cosa Nostra, durante il colloquio, quando è perfettamente consapevole di essere intercettato e videoregistrato si fa scappare sorridendo apprezzamenti sull'uomo politico siciliano più potente del momento.
Il Fatto è in grado di pubblicare la trascrizione del colloquio. Nella sala colloqui del carcere di Opera ci sono la moglie del boss, Ninetta Bagarella, oggi 68enne, la sorella, Arcangela Riina, oggi 74enne, e la figlia Lucia Riina, oggi 32enne.
Gli investigatori videoregistrano e ascoltano con attenzione. In passato per esempio il boss ha lasciato intravedere la sua scarsa stima per il leader del Pdl: "Berlusconi, che io ci credo poco o niente". Il Capo dei Capi in quel caso infila la riflessione mentre consiglia al figlio di mangiare molta frutta.
Sarà un caso ma anche stavolta il riferimento alla politica arriva mentre si parla di frutta. Il 10 giugno del 2008 Riina dice "l'altro ieri ci hanno portato queste ciliegie a otto euro e virgola sei, sedicimila lire un chilo di ciliegie, e che erano... ciliegie d'oro?". Ci manca solo che il boss aggiunga âsignora mia'. Poi Totò Riina riprende: "ciliegie d'oro! ciliegie d'oro!. Né amore né sapore c'è in quelle ciliegie non è che ci sono le ciliegie di questi tempi come da noi".
A quel punto è la figlia Lucia che interviene: "infatti le ciliegie , quelle di Chiusa sono buone da noi!". Totò Riina coglie lo spunto e prosegue: "vengono da Chiusa... le ciliegie vengono da Chiusa Sclafani, è la zona di ciliegie più bella che c'è in Sicilia... Chiusa Sclafani! Io sono un conoscitore della Sicilia.
Io so dove fanno le ciliegie buone... dove si fanno il vino buono... dove si fa l'uva buona. Le ciliegie da noi, è stata sempre la zona di Chiusa Sciafani che ha avuto questo... questa... perché veramente lì hanno la storia da centinaia di anni che si coltiva, non è che lo so da ora che è zona di ciliegie e fanno ciliegie bene... io lo so da quando ero piccolino.., quando ero giovanottino".
La figlia Lucia interviene ancora e fa riferimento a qualcuno che aveva un suolo in zona: "avevano loro il terreno... non lo so io com'è che ... ".
Il capo dei capi interrompe la figlia e introduce il senatore Schifani: "il paese di un senatore siciliano", dice Totò Riina, "il paese... di... uno di Chiusa Sclafani .....un senatore..... Forza Italia!. Il paese Chiusa Sclafani e del Senatore Schifani". La figlia Lucia e la moglie Ninetta non sanno nulla e gli chiedono incredule: "Chiusa Sclafani?". Totò conferma: "Sì il paese del Senatore". Poi c'è una pausa e Totò Riina aggiunge "eh.....è... una mente è! Che è una mente... incompr... uno non è che".
La moglie a questo punto, senza senso, interrompe il marito e introduce il tema delle rare visite che può fare al boss in carcere. Apparentemente non c'è alcuna connessione tra i due discorsi: "perché ti vengo a vedere ogni due mesi, ogni tre mesi", dice Ninetta e Totò Riina ribatte: "tant'è vero che dicono ....ma loro avrebbero pensato che avessero bucato il cervello, a me l'avessero bucato, invece il cervello... non si è bucato, pazienza... pazienza... pazienza".
Insomma Riina, dopo avere detto che Schifani è di Chiusa Sclafani (ed effettivamente il padre del senatore, recentemente scomparso, era nato in questo paese del corleonese nel quale a giugno si tiene la sagra delle ciliegie) e dopo avere aggiunto che Schifani è una mente, si lamenta del fatto che pensavano di distruggerlo, lasciandolo in isolamento. Ma il suo cervello però ha resistito e ci vuole pazienza, tanta pazienza.
La conversazione è stata subito trasmessa ai pm che indagavano Schifani per concorso esterno in associazione mafiosa. Pende la richiesta di archiviazione per questo procedimento davanti al Gip Morosini che presto potrebbe firmare il decreto di archiviazione. I pm hanno considerato che "questo apprezzamento positivo proveniente da un pericoloso capomafia non è certo lusinghiero per il destinatario" ma non hanno ovviamente riscontrato alcun indizio di reato in un semplice apprezzamento.
Anche se Riina sorrideva quando pronunciava i complimenti a Schifani, sapendo di essere intercettato. Il capogruppo del Pdl è entrato in Parlamento nel 1996 quando è stato eletto nel collegio di Corleone-Altofonte. Era un avvocato esperto di urbanistica ed era socio dello studio di Piazza Virgilio a Palerno insieme al professor Giuseppe Pinelli.
Il Fatto ha scoperto che in un'indagine palermitana c'è una traccia che lega la famiglia Riina allo studio Pinelli-Schifani, chiamato ancora così perché il figlio del senatore, Roberto Schifani, ha ereditato il ruolo del padre. Il 16 gennaio 2002 alle ore 18 e 37 dal numero 091-323054 del telefono fisso dello studio legale Pinelli-Schifani parte una telefonata diretta al cellulare di Giuseppe Salvatore Riina, allora 25enne, figlio di Totò Riina. La telefonata dura 114 secondi.
Il figlio del boss si trova a Corleone ed è indagato per i suoi affari con altri mafiosi. Sarà arrestato a giugno del 2002 e poi condannato molti anni dopo in via definitiva a 8 anni per mafia. In quel momento però il suo cellulare non è intercettato. Quindi non possiamo sapere chi chiamava e chi parlava quel giorno con Riina Jr dallo studio Pinelli-Schifani. Alle 18 e 06, pochi minuti prima, Riina jr chiama qualcuno che è a Roma, al Jolly Hotel Vittorio Veneto. L'ignoto interlocutore romano parla con lui per quasi tre minuti.
Chi era la persona che parlava con Riina dallo studio palermitano? Fonti vicine a Renato Schifani sostengono che il senatore quel giorno era a Roma e che non si occupava da tempo dello studio. Anche il suo socio Giuseppe Pinelli sostiene di non avere fatto quella telefonata. Solo il figlio di Riina, oggi uscito dal carcere dopo avere scontato la pena, potrebbe chiarire il dubbio.
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