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L’ultimo caso è quello di Igor Tupalskii, imprenditore, accusato dalla Federazione russa di avere fatto trucidare una donna, ma che ha dimostrato di essere vittima di una vera e propria persecuzione. Pochi giorni fa, la Corte d’appello di Venezia ha respinto la richiesta di estradizione a suo carico: per i giudici, Tupalskii, in patria, rischia di essere torturato, visto che nell’ultimo decennio si è schierato con alcuni storici oppositori di Vladimir Putin. Di più: durante un periodo di detenzione è stato trattato “in modo crudele e disumano” da esponenti delle istituzioni, si legge nelle motivazioni.
Si tratta solo dell’ultimo caso, appunto. Perché prima dell’imprenditore altri suoi connazionali avevano dichiarato di avere subito vere e proprie persecuzioni giudiziarie, organizzate dal potere russo per eliminarli dalla scena. Dichiarazioni a cui i magistrati sembrano avere creduto: le Corti italiane respingono sempre più spesso le richieste di estradizione provenienti dalla Russia.
La prima a dare parere negativo era stata la Corte d’Appello di Genova, nel dicembre del 2017, sul caso di M. N., importante businessman internazionale ricercato per omicidio e frode. Poi era stato il turno di quella di Milano, ad agosto di quest’anno: un architetto era finito nei guai con la giustizia russa per una presunta appropriazione indebita di fondi. Infine, con una sentenza depositata pochi giorni fa, è arrivata quella di Venezia, chiamata a pronunciarsi sulla vicenda di Tupalskii, fuggito nel 2014 da un processo per omicidio.
Le udienze si sono tutte concluse con decisioni della Giustizia italiana contrarie all’estradizione, nonostante gli sforzi profusi dalle Autorità russe per ottenere il rimpatrio dei loro cittadini. Processi soprattutto accomunati da similitudini che non sono passate inosservate agli occhi della nostra Magistratura. Tutti e tre gli estradandi si sono infatti dichiarati, per ragioni diverse, vittime di complotti giudiziari.
L’architetto giudicato a Milano, per esempio, si era detto in grave pericolo per aver scoperchiato un giro di corruzione in cui sarebbe stato coinvolto anche un potente ex membro della Duma russa. Le storie di N. e Tupalskii, invece, sembrano fotocopiate. Entrambi erano accusati di aver ingaggiato dei sicari per far uccidere dei soci in affari e impossessarsi delle loro attività. Per i loro difensori, gli avvocati Michele e Alessandro Gentiloni Silveri, le accuse elevate a loro carico in Russia nascondevano ben altro.
Nel caso di N., la sua vicinanza a Georgy Shuppe, cognato di Boris Berezovskij, noto oligarca russo trovato senza vita in circostanze dubbie nella sua villa inglese nel 2013 e, secondo alcuni, depositario di dossier esplosivi sugli affari di Vladimir Putin. Quei documenti sarebbero poi stati consegnati proprio a Shuppe, che è fuggito a Londra. La Federazione russa aveva chiesto la sua estradizione, accusandolo di essere un complice di N. nell’omicidio.
vladimir putin con matteo salvini
Le Corti inglesi, però, nell’agosto 2017 hanno negato il suo “ritorno” in patria. Le troppe contraddizioni nei fatti addebitatigli, e, soprattutto, l’eccessiva permeabilità della struttura giudiziaria russa alle richieste del potere politico avevano persuaso i giudici a negare la consegna. E così ha fatto la Corte di Appello di Genova nei confronti di N.M., giudicato pochi mesi dopo. Pure Igor Tupalskii ha il profilo dell’oppositore al potere dominante in Russia.
Seguace e collaboratore dei più noti avversari del presidente Putin, come Aleksei Navalny, Boris Nemtsov e Mikhail Khodorkovskij, Tupalskii ha usato le ricchezze personali e delle sue aziende per fondare testate giornalistiche che hanno portato avanti inchieste indipendenti sulle malefatte del governo. Costantemente minacciato da esponenti dell’apparato di polizia russo, nel tentativo di fargli cedere gratis tutte le sue aziende, Tupalskii ha dimostrato alla Corte d’appello di Venezia di essere stato accusato ingiustamente per l’omicidio di una sua socia e, soprattutto, di essere stato sottoposto ad atroci sevizie mentre si trovava in carcere a San Pietroburgo nel 2009.
Le Autorità russe, ad agosto di quest’anno, avevano fatto pervenire per via diplomatica ampie assicurazioni che, in prigione, Tupalskii sarebbe stato trattato nel rispetto dei suoi diritti fondamentali. Per la Corte veneziana, invece, è stato trattato “in modo crudele e disumano” da parte di “soggetti intranei all’apparato istituzionale”. Ed esiste un “elevato rischio” che, se estradato, vada incontro a trattamenti “analoghi a quelli già subiti”.
Mentre la vicenda di Tupalskii potrebbe ancora approdare in Cassazione, la stessa Corte d’Appello di Venezia dovrà a breve pronunciarsi su un altro caso. La Federazione russa questa volta reclama Dmitrij Krivitsky, ex senatore dissidente accusato di aver percepito una tangente per alcuni appalti. Rifugiatosi in Francia, si è dichiarato un perseguitato ed ha richiesto politico alle autorità transalpine. Nell’attesa della decisione, ancora una volta toccherà alla Magistratura italiana decidere della credibilità delle accuse.
navalnyandreas schockenhoff con khodorkovsky nemico di putinBORIS BEREZOVSKYAleksey Navalny
nikolai glushkov e boris berezovskiAleksej Navalny
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