NE VEDREMO DELLE BELLE: VOLANO GIÀ GLI STRACCI TRA I TECNO-PAPERONI CONVERTITI AL TRUMPISMO – ELON…
Maurizio Molinari per "La Stampa"
Rinviando al Congresso di Washington la richiesta per l'autorizzazione all'uso della forza la Casa Bianca dà inizio ad una battaglia politica che può vincere solo se riuscirà a spezzare la coalizione anti-intervento composta da repubblicani isolazionisti e democratici ultraliberal. La posta in palio non potrebbe essere più alta: «In gioco c'è non solo l'intervento in Siria ma la credibilità della leadership del presidente Barack Obama come comandante in capo» riassume Zbignew Brzezinski, ex consigliere per la sicurezza di Jimmy Carter.
Per riuscire nell'intento la Casa Bianca ha redatto una richiesta basata su tre pilastri. Primo: la responsabilità del regime siriano di aver ucciso «oltre 1000 civili innocenti con i gas» il 21 agosto a Damasco. Secondo: la violazione da parte di Assad della Convenzione di Ginevra del 1925 contro l'uso dei gas, della risoluzione Onu 1540 del 2004 contro la proliferazione di armi di distruzione di massa e della risoluzione del Congresso Usa di contenuto analogo, risalente al 2003.
Terzo: la richiesta di usare la forza «per prevenire ed evitare la proliferazione dentro, da o verso la Siria di armi di distruzione di massa» e «proteggere Stati Uniti, alleati e partner da simili armi» senza alcun esplicito riferimento alla «limitazione» dei tipo di attacco.
à un testo che, secondo il deputato repubblicano Peter King, «se fosse votato oggi non passerebbe ma Obama può rovesciare la situazione spiegando con chiarezza le prove raccolte dall'intelligence e quale è l'interesse nazionale degli Stati Uniti». King evidenzia le difficoltà perché «nel mio partito c'è una crescente ala isolazionista». Il suo volto di maggior spicco è Rand Paul, senatore del Kentucky, la cui previsione è: «L'approvazione del Senato è sicura mentre alla Camera le possibilità sono 50-50».
Il motivo è che al Senato i democratici hanno una maggioranza di 54 seggi su 100 ed anche subendo delle defezioni fra i liberal potranno contare sul sostegno di un numero importante di repubblicani. Soprattutto in ragione del fatto che il documento della Casa Bianca va incontro alla richiesta di John McCain dell'Arizona di «fare di più» dell'«intervento limitato» finora ipotizzato. I democratici hanno reagito presentato una nuova versione più restrittiva, ma le posizioni sembrano vicine.
Proprio in ragione di tale situazione è il Senato che inizia domani l'esame del testo - in commissione Esteri - e voterà per primo dopo la ripresa dei lavori il 9 settembre.
Alla Camera dei Rappresentanti invece è tutto più difficile: i conservatori isolazionisti sono almeno una quarantina, i democratici anti-guerra sono 54 e la maggioranza repubblicana -233 seggi su 435 - restringe i margini di manovra della Casa Bianca. John Boehner, presidente della Camera, fotografa la situazione in bilico facendo sapere di «approvare la scelta di Obama di andare al voto» ma di «non essere ancora pronto» a dire come si pronuncerà . Gli oltre 200 deputati firmatari della lettera a Obama in cui si chiedeva il voto del Congresso evidenziano le difficoltà .
L'unica strada che la Casa Bianca ha per ottenere l'avallo della Camera è il recupero dei 54 ultraliberal dissidenti, veterani dell'opposizione all'Iraq. E poiché si tratta in gran parte di deputati della California come Barbara Lee che li guida - ciò implica che la responsabilità cade su Nancy Pelosi: come capo della minoranza e ed anche in quanto eletta nella progressista San Francisco. Da qui il fatto che la credibilità politica di Obama è legata alla capacità della leader democratica di far votare a favore dell'intervento in Siria almeno parte della coalizione di deputati anti-guerra che lei stessa contribuì a creare nel 2006 cavalcando l'opposizione alla guerra in Iraq.
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