DOMANDE SPARSE SUL CASO ALMASRI – CON QUALE AUTORIZZAZIONE IL TORTURATORE LIBICO VIAGGIAVA…
Ugo Magri per "La Stampa"
Non occorre essere Machiavelli per intuire che cosa ha in mente Napolitano, quando tira in ballo il «compromesso storico», e quasi sospira: «Ci volle coraggio, in quella scelta inedita di larga intesa...».
Parla del '76, rievoca il compagno di tante battaglie Chiaromonte, ma si capisce che sta pensando ai giorni nostri, in cui di coraggio ne circola sicuramente meno di 37 anni fa. Se dopo un mese e mezzo la crisi resta in alto mare, è anche perché Grillo non vuole allearsi con Bersani, e Bersani non vuole nulla a che fare con Berlusconi.
L'incomunicabilità regna totale. Per il Presidente, invece, ci vorrebbe più responsabilità da parte dei protagonisti. E poi basta, quasi esplode Napolitano, con i sepolcri imbiancati: «Certe campagne che si vorrebbero moralizzatrici in realtà si rivelano, nel loro fanatismo, negatrici e distruttive della politica». Si riferisce ai Cinque Stelle, che proprio stasera mandano in scena una simbolica occupazione del Parlamento, con la speranza di mettere in moto le Commissioni parlamentari? Oppure il Capo dello Stato sta mettendo nel suo mirino l'anti-berlusconismo più intransigente?
Di sicuro, il richiamo al '76 fa tornare alla memoria la trovata politica di allora, passata alla storia come il governo della «non-sfiducia» perché si trattava di un monocolore democristiano guidato da Andreotti che galleggiava su una sorta di apparente vuoto, l'astensione congiunta di Pci, Psi, Psdi e Pri.
Altri momenti (l'inflazione a due cifre, il terrorismo) e altri protagonisti (Berlinguer, Moro, La Malfa), si capisce. Ma sembra quasi che Napolitano suggerisca di imboccare la stessa via, magari un governo Bersani sorretto dall'astensione di Berlusconi e di Grillo, o del primo tra i due. Così perlomeno tutti hanno inteso. A parole l'accoglienza è ottima, salvo dividersi sui soliti infernali dettagli.
Al Pd può andar bene (precisano al Largo del Nazareno) se il sostegno sotto forma di astensione è solo per la fase di avvio, e poi Silvio si smaterializza senza metter becco nelle scelte di governo. Berlusconi, inutile dire, in cambio del «disco verde» ha la pretesa di dire la sua.
Sul piano rigorosamente storico, l'evocazione presidenziale del '76 sembra offrire appigli più numerosi al Cavaliere che a Bersani. Chi ricorda quella fase drammatica, sa che per 590 giorni ogni minima decisione venne condivisa da Dc e Pci. Sebbene espressa attraverso le astensioni, quella del «compromesso storico» era una maggioranza al cubo, non certo occasionale e tantomeno raccogliticcia.
Ecco perché, dalle parti del Pdl, l'esternazione di Napolitano viene vissuta alla stregua di un «assist». Contrariamente alle abitudini, il Cavaliere è calato a Roma di lunedì sera per incontrare i suoi luogotenenti, ma forse non solo loro. Se non dovesse tenere colloqui riservati, magari con personaggi del Pd, l'uomo se ne sarebbe rimasto tranquillo ad Arcore, limitandosi a chiamare per telefono Alfano e il negoziatore Verdini.
Vedrà dunque Bersani? Yes, l'incontro sarà in settimana, top secret il giorno esatto. «Finalmente si è aperto, si è reso disponibile», esulta Berlusconi. Tuttavia nulla fa ritenere che, incontrandosi, i due si metteranno d'accordo.
Un «governissimo» viene escluso dal segretario in una lettera a «Repubblica», e ieri sera Enrico Letta (annoverato tra i fautori del dialogo col Pdl) ha ribadito che non è aria. La linea decisa da Bersani rimane quella, per rovesciarla non bastano le esortazioni del Colle. Guarda caso, ai vertici del Pd, nessuno prende le distanze dal senatore Mineo, che accusa Napolitano di non aver dato l'incarico pieno a Bersani assumendosi una «responsabilità gravissima». Cosicché la difesa del Presidente dai suoi antichi sodali è toccata, oltre che al dalemiano Latorre e al renziano Anzaldi, nientemeno che al post-missino Gasparri...
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