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OMBRE RUSSE SULLE SVALBARD – IL REPORTAGE DI GABRIELE ROMAGNOLI NELLE ISOLE NORVEGESI DEL MAR GLACIALE ARTICO SU CUI INCOMBONO LE MIRE DI MOSCA - LA RUSSIA, CHE HA STABILITO ENCLAVE A PYRAMIDEN, ORMAI ABBANDONATA, E A BARENTSBURG, HA CHIESTO L’APPOGGIO DELLA CINA PER SVILUPPARE UNA ROTTA MARITTIMA ARTICA “PIÙ VELOCE TRA EUROPA E ASIA” E LA NATO È “IN FERMENTO” - IL TIMORE DELLA SPARTIZIONE: LA GROENLANDIA A TRUMP, LE SVALBARD A PUTIN. FINO A POCO TEMPO FA SAREBBE STATA UNA FANTASIA DA RISIKO, OGGI NON PIÙ..

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GABRIELE ROMAGNOLI per la Repubblica - Estratti

 

vladimir putin

Neppure il calendario è più lo stesso di una volta. Alle Svalbard è tradizione festeggiare l’8 marzo l’arrivo della luce dopo la lunga notte artica.

 

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C’è molto di nuovo sotto il sole che verrà. Prima di andarsene nuovamente avrà visto la chiusura dell’ultima miniera alla fine del mondo, lo sbarco di migliaia di turisti da decine di Paesi, che andranno ad aggiungersi ai lavoratori di 52 nazionalità e la possibile miccia di un conflitto che, nel nuovo scenario geopolitico, potrebbe far comparire molte più bandiere russe di quante già se ne vedano nell’arcipelago.

 

Questo era un mondo a parte, ma ora replica i problemi del resto del pianeta: surriscaldamento, fine delle vecchie risorse economiche, eccesso di sfruttamento delle nuove, immigrazione e divisione razziale. Inoltre: l’ombra della grande spartizione tra le potenze del secolo in cui le Svalbard erano soltanto una meta da esploratori.

Per anni il cambiamento climatico è stato la sola storia da esportazione. Poi si è capito che era parte di un’evoluzione molto più complessa.

 

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Chi ha abbastanza anni e memoria e non appartiene alla minoranza negazionista per la quale «è soltanto un ciclo come gli altri» riassume in pochi esempi: «A marzo andavamo in motoslitta sul fiordo ghiacciato, ora vedi l’acqua»,

 

«Gli uccelli migratori tornano prima», «Le montagne erano gialle o rossastre in estate, ora sta tornando il verde». La valanga del 15 dicembre 2015 ha convinto quasi tutti. Line Ylvisaker ha scritto un libro Il mio mondo si sta sciogliendo , dal punto di vista di chi rimase intrappolato nella neve. E ha constatato un assurdo: considerate come fossero indipendenti, le Svalbard avrebbero la massima emissione di gas serra per abitante su tutta la Terra.

 

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Il bianco della neve è macchiato dal nero del carbone, ma per poco. La miniera 7 è la sola rimasta aperta e chiuderà in estate. Le sue strutture sono un anacronismo, la sua difesa una forma di nostalgia. È incredibile che anche la versione locale e maschile di Greta, il giovane Erik, provenendo da una famiglia di minatori si batta per difendere l’ambiente e il carbone, le case a impatto zero e i cunicoli in cui suo nonno e suo padre lavoravano sdraiati. A Oslo un uomo che si era avvicinato per curiosità a una manifestazione ecologista e aveva rivelato di essere un minatore delle Svalbard ricevette un inatteso ceffone. Qui è, ancora, un mito. C’è la sua statua in centro. È un simbolo, incassa un debito di sopravvivenza e ravviva una fiammella vagamente machista, ma il suo destino è quello del baleniere: ieri orgoglio, domani imbarazzo.

 

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Il turismo è la nuova forma di sfruttamento del suolo, soltanto in apparenza non invasiva. L’hanno definita «estrazione con anestesia, soffri quando l’effetto passa». Nell’utopia del dopo-carbone la natura dovrebbe riprendersi tutto, più bella di prima. La miniera di Svea è stata l’esperimento pilota: smantellata completamente, come non fosse mai esistita o rappresentasse un ricordo di cui vergognarsi. Rispettano invece l’ambiente le grandi navi da crociera che sbarcano centinaia di passeggeri mordi e fuggi?

 

Tempo fa un gruppo di ambientalisti consegnò a ogni pensionato tedesco sceso dalla scaletta per la sua avventura polare una coperta su cui era ricamata la scritta: “La tua vacanza farà sciogliere dodici metri quadrati del mio spazio vitale”. Ci si sono avvolti e l’hanno portata a casa: c’era anche il disegno di un orso polare, così carino. La popolazione di orsi supera quella degli esseri umani (3.000 contro 2.900).

 

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Un tempo fuggivano e non uccidevano le renne. Ora si avvicinano senza timore: due avvistamenti negli ultimi sette giorni, intervento di elicotteri con il governatore a bordo, turisti incauti rifugiati in una delle capanne costiere, lasciate aperte proprio per questo. La guida, munita del fucile obbligatorio, sotto inchiesta per imprudenza.

 

 

(…)  

 

Da terra di nessuno le Svalbard sono diventate Norvegia, ma con uno statuto speciale che consente ad altri Stati di avere proprietà per lo sfruttamento economico. È così che la Russia ha stabilito enclave a Pyramiden, ormai abbandonata, e Barentsburg, dove il 9 maggio del 2024 è stata organizzata una parata della vittoria con auto e motoslitte, vessilli russi e sovietici, il nuovo console sull’auto diplomatica sventolante bandiera rossa: un altro tempo, un altro spazio.

 

deposito globale di sementi delle svalbard

Quando si viene a sapere che la Russia ha chiesto l’appoggio della Cina per sviluppare una rotta marittima artica «più veloce tra Europa e Asia» e che la Nato è «in fermento», si allunga l’ombra del deja vu. E visto non da molto. La grande spartizione non è una teoria del complotto, la evoca chi la vorrebbe. Fino a poco tempo fa sarebbe stata una fantasia da risiko, il tetto del mondo spaccato in due: Groenlandia a Trump, le Svalbard a Putin.

 

putin trump

Accadde domani, lo straniamento.

lo scioglimento di un ghiacciaio a svalbard, norvegiaLe scogliere di Svalbard Orsi di Svalbard I ghiacciai di Svalbard Polo Nord archipelago di svalbard