RIUSCIRÀ SALVINI A RITROVARE LA FORTUNA POLITICA MISTERIOSAMENTE SCOMPARSA? PER NON PERDERE LA…
Gian Guido Vecchi per corriere.it
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Il volo A34994 da Atene è decollato da poco più di mezz’ora quando Papa Francesco raggiunge in fondo all’aereo i giornalisti che lo hanno seguito nei cinque giorni di viaggio a Cipro e in Grecia .
Santità, cosa pensa del documento (poi ritirato) che suggeriva ai funzionari della Commissione europea di non utilizzare la parola Natale perché divisiva e di optare invece per un termine neutro?
«È un anacronismo. Nella storia tante dittature hanno cercato di fare così… Napoleone, la dittatura nazista, quella comunista… è una moda di una laicità annacquata, acqua distillata, ma è una cosa che non ha funzionato nella storia. Credo sia necessario che l’Ue prenda in mano gli ideali dei padri fondatori, ideali di unità e di grandezza e stia attenta a non fare la strada delle colonizzazioni ideologiche.
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Perché tutto ciò potrebbe portare a dividere i Paesi e a far fallire l’Unione europea. L’Ue deve rispettare un Paese per come è strutturato dentro, la sua varietà e non uniformare. Credo che non lo faranno, ma devono stare attenti. Alle volte buttano lì dei progetti come questo e non sanno come fare. Ogni Paese ha le sue peculiarità, la sua sovranità, ma il tutto in una unità che rispetta le singolarità. Per questo dico: attenti a non fare colonizzazioni ideologiche. Comunque l’uscita sul Natale è un anacronismo».
Lei ha parlato della democrazia che si «arretra» in Europa. A quali Paesi si riferiva?
«La democrazia è un tesoro di civiltà e va custodita, non solo da una entità superiore ma anche negli stessi Paese. Contro la democrazia oggi vedo due pericoli. Il primo è quello dei populismi che stanno qui e là e incominciano a mostrare le unghie. Penso a un grande populismo del secolo scorso, il nazismo, un populismo che difendendo i valori nazionali, così diceva, è riuscito ad annientare la vita democratica e a diventare una dittatura, con la morte della gente. Stiamo attenti che i governi - non dico di sinistra o di destra - non scivolino su questa strada dei populismi che non hanno niente a che vedere con il popolarismo che è l’espressone dei popoli liberi, popoli con la propria identità, folklore, arte.
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Un secondo pericolo si ha quando si sacrificano i valori nazionali, li si annacquano in un “impero”, una specie di governo sovranazionale. Quindi, né cadere nei populismi né in un annacquamento della propria identità all’interno di un governo sovranazionale. C’è un romanzo scritto nel 1903 da Robert Hug Benson, “Il padrone del mondo”, che sogna il futuro in un governo internazionale che con misure economiche e politiche governa tutti gli altri Paesi. Quando si dà questo tipo di governo si prende la libertà e si cerca di fare un’uguaglianza fra tutti. -il pericolo si ha quando c’è il populismo e quando c’è una superpotenza che detta i comportamenti culturali, economici e sociali».
In Francia la Commissione indipendente abusi sessuali su minori ha parlato di responsabilità istituzionale della Chiesa, di dimensione sistemica. Che opinione ha di questa dichiarazione? Che significato ha per Chiesa universale?
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«Quando si fanno questi studi, dobbiamo stare attenti alle interpretazioni. Quando si considera un tempo così lungo, si rischia di confondere il modo di sentire di un problema. Una situazione storica va interpretata con ermeneutica dell’epoca, non di ora. Ad esempio la schiavitù, oggi diciamo che è brutalità ma un tempo c’era un’altra ermeneutica. Così le coperture. Non ho letto la relazione ma ho ascoltato i commenti dei vescovi , ora verranno a Roma e domanderò loro che mi spieghino la cosa».
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Perché ha accettato la rinuncia dell’arcivescovo di Parigi Aupetit?
«Lei mi domanda: cosa ha fatto di così grave da dover dare le dimissioni? Non lo sa? Prima di rispondere dirò: fate un’indagine. È stato condannato? E chi lo ha condannato? L’opinione pubblica. Se voi sapete perché, ditelo. È stata una sua mancanza, contro il sesto comandamento, ma non totale. Le piccole carezze, i massaggi che faceva alla segretaria, così sta la cosa. E questo è un peccato, ma non è un peccato grave. I peccati della carne non sono i più gravi.
Così Aupetit è un peccatore come lo sono io, come è stato Pietro il vescovo su cui Gesù ha fondato la Chiesa e che lo aveva rinnegato. Come mai la comunità del tempo aveva accettato un vescovo peccatore? Era una chiesa normale, nella quale si era abituati a sentirci tutti peccatori, umili. Si vede che la nostra Chiesa non è abituata a dire vescovo peccatore, siamo a abituati a dire che è un santo, il vescovo. Il chiacchiericcio cresce e toglie la fama di una persona. Il suo peccato è peccato, come quello di Pietro, il mio, il tuo. Ma per il chiacchiericcio, un uomo al quale hanno tolto la fama così non può governare. Questa è una ingiustizia. Per questo ho accettato la rinuncia di Aupetit: non sull’altare della verità, sull’altare dell’ipocrisia».
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La migrazione è un tema centrale in molti Paesi d’Europa, soprattutto nell’Europa dell’est, ad esempio nella crisi bielorussa e con fili spinati al confine con l’Europa. Cosa si aspetta dalla Polonia e dalla Russia e da altri Paesi come ad esempio la Germania con il suo nuovo governo?
«Se avessi davanti un governante che impedisce l’immigrazione con la chiusura delle frontiere e con i fili spinati gli direi: pensa al tempo in cui tu fosti migrante e non ti lasciarono entrare, volevi scappare…
Chi costruisce muri perde il senso della propria storia, di quando lui stesso era schiavo in un altro Paese. Coloro che costruisco muri hanno questa esperienza dell’essere stati schiavi. Ma i governi devono governare e se arriva un’ondata migratoria non si governa più? Ogni governo deve dire chiaramente quanti migranti può ricevere, è un suo diritto, ma nello stesso tempo i migranti vanno accolti, accompagnati, promossi e integrati. Se un governo non può fare questo deve entrare in dialogo con altri Paesi.
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La Ue deve fare armonia per la distribuzione dei migranti. In Europa non c’è una linea comune, un’armonia generale. I migranti vanno accolti e integrati: perché se non integri il migrante, questo maturerà una cittadinanza di ghetto. L’esempio che mi colpisce di più sono gli attentati, la tragedia in Belgio, ed erano belgi ma figli di migranti ghettizzati. Certo, non è facile accoglierli. Ma se non risolviamo il problema rischiamo di far naufragare la civiltà in Europa. Non solo il Mediterraneo ma anche la nostra civiltà. I rappresentanti dei governi europei devono mettersi d’accordo.
Un modello è stata la Svezia che ha accolto migranti latino-americani di dittature militari e li ha integrati. Oggi sono stato in un collegio ad Atene e ho detto al responsabile che mi sembrava di stare davanti a una macedonia di culture. E lui mi ha detto: questo è il futuro della Grecia. Ma se un Paese manda indietro un migrante nel suo Paese allora deve integrarlo anche lì, non lasciarlo sulla cosa libica. C’è un filmato di Open Arms che fa vedere la realtà di ciò che accade».
Quando ci sarà il suo prossimo incontro con il patriarca di Mosca Kirill? Quali progetti comuni avete con la Chiesa di Russia e quali difficoltà?
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«E all’orizzonte l’incontro con Kirill. Credo che la prossima settimana verrà da me Hilarion per concordare un possibile incontro. Il patriarca deve viaggiare, va in Finlandia, non sono sicuro, e io sono disposto sempre, sono disposto ad andare a Mosca per incontrarlo. Per dialogare con un fratello non ci sono protocolli, si chiami Kirill o Crisostomo o Ieronimo. Siamo fratelli e ci diciamo le cose in faccia.
I fratelli è anche bello vederli litigare perché appartengono alla stessa madre Chiesa. Dobbiamo lavorare in unità e per l’unità. Il grande teologo ortodosso Zizoulas disse che l’unità la troveremo nell’eschaton… È un modo di dire ma non vuol dire che dobbiamo stare fermi aspettando che i teologi si mettano d’accordo. I teologi continuino a studiare, ma intanto noi andiamo avanti insieme, preghiamo insieme, facciamo la carità insieme».
Per cosa ha chiesto scusa ai patriarchi ortodossi?
«Ho chiesto scusa davanti al mio fratello di tutte le divisioni che ci sono tra i cristiani, soprattutto per quelle che noi cattolici abbiamo provocato. Ho voluto chiedere scusa, in particolare, guardando alla guerra di indipendenza della Grecia: una parte dei cattolici si schierò con i governi europei perché non si facesse indipendenza greca. E invece cattolici delle isole hanno sostenuto l’indipendenza.
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Ma il “centro”, diciamo così, in quel momento era schierato con l’Europa. Ho chiesto scusa per lo scandalo della divisione tra cristiani, almeno per quello di cui abbiamo la colpa. Lo spirito di autosufficienza ci tace la bocca quando sentiamo che dobbiamo chiedere scusa. Sempre mi fa bene pensare che Dio non si stanca mai perdonare, mai, siamo noi che ci stanchiamo di chiedere perdono, e quando non chiediamo perdono a Dio difficilmente lo chiederemo ai fratelli.
È più difficile chiedere perdono a un fratello che a Dio. Coi fratelli c’è la vergogna, l’umiliazione…Ho chiesto scusa per le divisioni che noi abbiamo provocato e per le divisioni provocate quando ci siamo schierati per l’Unione europea. E poi un’ultima scusa dal cuore: scusa per lo scandalo del dramma dei migranti, per lo scandalo di tante vite annegate in mare».
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Con i patriarchi ha parlato anche della sinodalità. Cosa ha inteso dire?
«Che siamo un unico gregge. La dinamica che regola le differenze dentro la Chiesa è la sinodalità, l’ascoltarsi gli uni con gli altri, l’andare insieme: “syn-odós” andare, camminare insieme lungo la stessa strada. Le Chiese ortodosse orientali e le chiese cattoliche orientali hanno conservato tutto questo. La Chiesa latina si era invece dimenticata del Sinodo. Paolo VI ha restaurato il cammino sinodale e stiamo facendo questo cammini per avere l’abitudine del camminare insieme».
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