DAGOREPORT – AVVISATE IL GOVERNO MELONI: I GRANDI FONDI INTERNAZIONALI SONO SULLA SOGLIA PER USCIRE…
Domenico Agasso per “la Stampa”
Cardinale Pietro Parolin, segretario di Stato vaticano, c'è chi dice che il Papa sia uno dei pochi leader, se non il solo, che cerca la pace vera, e non «camuffata» da tregua «inquinata» dal riarmo globale: si può arrivare alla pace attraverso le armi?
«Degli antichi romani si diceva: "Ubi solitudinem faciunt, pacem appellant", prima fanno il deserto e poi lo chiamano pace! Le guerre ci dimostrano proprio questa triste verità: la "pace" a cui esse portano è quella del deserto, anzi, oserei dire, la pace del cimitero, perché costruita sopra le macerie di tante distruzioni, soprattutto di vite umane, che nella maggior parte sono quelle di bambini, di donne, di anziani e di tanti altri innocenti. Pertanto, non si può arrivare alla pace attraverso le armi, al contrario ci si può arrivare solo rinunciando alle armi. Purtroppo, la disponibilità alla risoluzione pacifica dei conflitti è spesso inversamente proporzionale alla forza militare di cui si dispone».
Come valuta il ruolo delle religioni? E la posizione che ha assunto il Patriarca Kirill?
«Le posizioni pubbliche assunte dal Consiglio Ucraino delle Chiese e delle Organizzazioni Religiose dimostrano la totale sintonia tra i leader religiosi del Paese nel formulare condanna contro l'aggressione militare sofferta dall'Ucraina e nell'esprimere vicinanza alla popolazione, sollecitando anche aiuto militare a scopo di difesa. Quanto al Patriarca Kirill, mi permetto solo di citare le parole che il Santo Padre gli ha dedicato nel messaggio Urbi et Orbi di Pasqua: "Caro fratello, possa lo Spirito Santo trasformare i nostri cuori e renderci veri operatori di pace"».
Si può giustificare una guerra con la Parola di Dio?
«Ogni guerra, in quanto atto di aggressione, è un'azione contro la vita umana e, pertanto è un'azione sacrilega. Di conseguenza, non si può trovare alcuna giustificazione nella Parola di Dio, che è sempre parola di vita, non di morte».
La questione di fondo del conflitto riguarda i rapporti tra Russia e Chiesa di Mosca insieme con (contro) l'Occidente, come sostenuto nella stessa Chiesa di Mosca? Cioé, uno dei problemi chiave è la presunta decadenza delle democrazie liberali occidentali che andrebbe di pari passo con la secolarizzazione?
«È innegabile che il mondo attuale stia tentando di promuovere un'antropologia che si discosta dalla visione cristiana e che si rispecchia nei "Novi diritti", fondati su un approccio esclusivamente individualista. La stessa Chiesa cattolica riconosce il grave rischio che ciò comporta per la difesa e la promozione della dignità umana e non può non essere preoccupata al riguardo. Tuttavia, il modo di contrastare questo fenomeno da parte dei cristiani mai può essere violento, e meno ancora armato, ma deve ispirarsi a quello che Gesù stesso ha insegnato, una proposta sempre più credibile della verità evangelica sul mondo, sull'uomo e su Dio».
Qual è l'attività diplomatica della Santa Sede?
«Continua l'impegno per ristabilire la pace in Ucraina, a tutti i livelli. Rimane disponibile a facilitare qualsiasi negoziato tra le parti che possa mettere fine all'aggressione militare e proteggere la vita dei civili, che si trovano nelle zone di combattimento, anche attraverso corridoi umanitari. Le parole chiave per la Santa Sede sono: rispetto per la vita umana e disponibilità al negoziato».
L'organizzazione dell'incontro tra Francesco e Kirill si è interrotta
«La preparazione era arrivata ad un buon punto. Tuttavia, come il Santo Padre stesso ha reso pubblico nell'intervista a La Nación del 22 aprile, alla fine è stato ritenuto opportuno annullarlo, perché avrebbe potuto creare molta confusione. Immagino che finché la situazione attuale non conoscerà sviluppi positivi, rimarrà sospeso».
L'ipotesi del viaggio del Papa a Kiev è sempre «sul tavolo»? Quali dovrebbero essere le condizioni perché avvenga?
«Il Santo Padre è pronto a fare tutto quanto è nelle sue possibilità per mettere fine alla guerra in Ucraina e sta da tempo considerando con attenzione le possibili formule. Pertanto, il desiderio di realizzare un viaggio apostolico in Ucraina rimane vivo nel suo cuore, però la sua realizzazione è condizionata dalla possibilità di favorire un reale miglioramento della situazione nel Paese. Come lui stesso ha spiegato, non avrebbe senso un viaggio se poi, il giorno successivo, la guerra riprendesse come prima».
Quali sensazioni ha provato vedendo le immagini della ragazza ucraina e dell'amica russa che portavano insieme la Croce?
«L'immagine delle due donne, Irina e Albina, ucraina e russa, che portano insieme la croce il Venerdì Santo al Colosseo, durante la Via Crucis presieduta dal Papa, l'ho percepita - mi si passi l'espressione - come qualcosa di "scandaloso", nel senso paolino del termine, cioè come qualcosa umanamente difficile da comprendere. È stato, nello stesso tempo, un segno di speranza.
Nel mistero della croce troviamo la forza dell'amore e del perdono di fronte all'odio e alla morte. Questi sembrano prevalere, ma la vita e l'amore di Dio sono più forti. L'amicizia che esisteva prima della guerra e continua ad esistere anche ora tra quelle due donne, colleghe di lavoro, è più forte della divisione e dell'odio. La guerra pretende di dividere due popoli, che sotto la croce si riconoscono fratelli».
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