URSULA VON DER LEYEN HA PRESO PER LA COLLOTTOLA GIORGIA MELONI - A MARGINE DEL CONSIGLIO EUROPEO…
1. LEOPOLDA, TUTTI SULL’ARCA DI NOÈ VERSO IL “PARTITO NAZIONE” - PER CONVINZIONE, PER LA RICERCA DI UN POSTO AL SOLE, PER CONTARE. E IL PD ATTRAE GLI OPPOSTI
Jacopo Iacoboni per “la Stampa”
Qualcuno dice elegantemente Big Tent - la grande tenda alla Tony Blair - qualcun altro Arca di Noè, Andrea Romano cita Jovanotti, «sogno una grande chiesa, da Che Guevara a Madre Teresa», Renzi dice «siamo quelli delle porte aperte, non quelli che ti cacciano fuori», comunque sia una circostanza clamorosa al Cibali c’è: un centrosinistra che si espande. Fino al rischio dell’ossimoro.
A produrre un effetto del genere possono concorrere molte motivazioni, più sottili della banale corsa sul carro del vincitore o del bisogno del tepore di un potente, per esempio la volontà di fare battaglie culturali «da dentro», la voglia di incidere, spostare il baricentro di Renzi nei limiti del possibile, o il semplice orrore del naufragio, la paura di sentirsi escluso. Fatto sta che nel partito a vocazione maggioritaria chiamato Leopolda-2014 c’è posto per tutti. Se il leader del Labour aveva, a riflettere sull’evoluzione del concetto di sinistra, Anthony Giddens e Peter Mandelson, qui c’è pur sempre Gennaro Migliore: «Qualcuno pensa che la sinistra sia il ragù della mamma». È domenica, e in effetti l’ora di pranzo si avvicina.
Migliore sta indirettamente rispondendo a Nichi Vendola che gli ha dato del «cortigiano» e vede nella Leopolda «una moglie per il Gattopardo». E così escogita la storia del ragù - citazione di Eduardo De Filippo -, critica a chi si affida solo a rassicuranti certezze. La cosa più bella che ha trovato qui, sostiene, è «la parola benvenuto».
Poi certo, è tutto un altro discorso vedere se ci sia spazio reale per le idee da cui lui proviene. Frasi come «il diritto di sciopero non è un diritto qualunque, è il primo dei diritti», che Migliore pronuncia non senza qualche emozione, fanno registrare uno degli applausi più tiepidi e rituali di tutta la Leopolda di quest’anno. Qualcosa che verrà potentemente travolto dal Renzi de «il posto fisso non esiste più».
Altre espressioni sono invece molto in sintonia con la platea, per esempio la proposta di Andrea Romano, anche lui nuovo iscritto al Pd, reduce dall’esperienza di Italiafutura e poi di Scelta civica con Monti, del «partito della nazione»: «Siamo una nazione adulta, che ha contribuito a fondare l’Unione europea, non dobbiamo avere remore a difendere l’interesse nazionale. La nazione siamo noi. Quelli che sono qui e quelli che sono fuori da qui». Il patriottismo non è conservatorismo, diceva Orwell. Il cui vero nome era, appunto, Blair.
Pazienza se un «partito» della Nazione può sembrare contraddizione in termini, il sincretismo di Renzi se ne frega serenamente. Attrae opposti. Sabato il prosaico Davide Serra, ieri il poetico astronauta Luca Parmitano, che ha proiettato in sala la foto dell’Italia scattata dallo spazio, con questo commento: «I confini li abbiamo inventati noi, vedete? Dall’alto non ci sono, i confini sono interiori, sono quelli che dobbiamo superare».
Sicuramente uno come il giovane Matteo Cuscela accede all’Arca perché - come dice dal palco - crede che «la mia generazione è quella che, né più né meno, cambierà il mondo». Ma a pochi metri c’è anche Fabrizio Landi, finanziatore della Fondazione Open, poi nominato nel cda di Finmeccanica, un corpaccione che alle parole del giovine sogghigna scettico, appoggiato a una colonna.
Renzi, pure in un discorso in cui è andato dritto come un treno sulla Cgil e gli oppositori interni al Pd, ha usato l’aggettivo «affettuoso» per descrivere l’atteggiamento che c’è qui. Il che, unito all’ineffabilità del potere, magnetizza persone diverse, Raffaele Cantone («la corruzione ci ruba il futuro») e lo sceneggiatore di Gomorra Stefano Pises, Patrizio Bertelli di Prada e il capo dell’Agenzia per le entrate Rossella Orlandi che, con qualche conflitto, chiama «Matteo» il premier. Da Madre Teresa a Che Guevara c’è spazio per tutti e un caffè caldo per il sindaco di Roma Ignazio Marino, ormai più renziano di Renzi: «Ha fatto un discorso che è il futuro».
2. RINNOVAMENTO PLEASE
David Allegranti per “la Stampa”
Una giovane donna si avvicina in zone proibite della Leopolda. Viene fermata subito dal servizio d’ordine. «Lei da qui non può passare senza il pass stampa». «Ma io faccio parte del governo!». Infatti, era il ministro Marianna Madia, scambiata per una giovane reporter. Madia, poi, parlando con i giornalisti muniti di tesserino, si è ritirata in un ministeriale riserbo: «Le vostre domande non sono di rinnovamento».
3. NIENTE MICROFONO AL SINDACALISTA
David Allegranti per “la Stampa”
Alla fine non l’hanno fatto parlare, Daniele Calosi, il segretario della Fiom di Firenze. Motivo? Si è rifiutato di mandare il testo scritto anzitempo all’organizzazione della Leopolda. A fine convention, il sindacalista e Matteo Renzi si sono trovati a Campi Bisenzio, dove il premier è andato per i 150 anni delle Officine Galileo. Renzi lo ha abbracciato e, rivolto ai fotografi, ha detto: «Fate una foto adesso, così gli rovinate la carriera».
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