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Dagoanalisi di Francesco Bonazzi
Settecento figuranti in abiti cinquecenteschi, guidati dai Magi a cavallo agghindati alla maniera di Benozzo Gozzoli. Che sotto gli occhi benedicenti di monsignor Betori e del Principino Matteo, intorno alle quattro del pomeriggio deporranno i loro doni nel presepe vivente in piazza del Duomo.
Sarà sontuosa la Befana fiorentina di Renzie. A Roma, invece, temono che i doni in arrivo da Firenze siano un po' avvelenati. Renzie, che domani non mancherà di presenziare a Pitti Immagine con il gran capo di Unicredit Federico Ghizzoni, inizierà in settimana gli incontri bilaterali sulla nuova legge elettorale con tutti i partiti, compresi quelli che si oppongono al governino di Mezze Intese. Mentre Lettanipote comincerà a stringere sul contratto di governo sapendo che il segretario del Pd difficilmente cadrà nella trappola di accettare un rimpasto.
Certo, in una perfetta coreografia da grande partito della Prima Repubblica, il capo del governo e il segretario oggi si incontrerebbero "casualmente" all'ospedale Maggiore di Parma dove è ricoverato un uomo per bene e generoso come Bersani. Si farebbero fotografare insieme con il bavero alzato e il sorriso tirato. E declinerebbero qualsiasi domanda politica dei cronisti.
Ma in un qualche corridoio al riparo delle telecamere, si chiarirebbero rapidamente e fisserebbero il percorso per un vertice ufficiale prima del 16 gennaio, quando si riunirà la direzione del Pd. Non è escluso che questo accada, in un modo o nell'altro.
Del resto ce ne sono di faccende da chiarire, tra i due ex giovani democristiani. La prima è la faccenda del rimpasto, un'offerta indiretta (e recapitata a mezzo stampa) che Renzie ha preso come un trappolone. Perché è chiaro che se lui accettasse la promozione del fedelissimo Delrio o, peggio, la sostituzione di Fassina con uno dei suoi, farebbe la figura del "poltronista" e avrebbe poi le mani legate in sede di discussione del contratto di governo. Anche perché chi va al governo poi di solito si innamora del governo e si inebria con i primi inviti al Quirinale, come ha sperimentato sulla propria pelle Silvio Berlusconi.
Se non cede alle sirene del rimpasto, Renzie resta quello che dà le carte e Letta può fare il pesce in barile quanto vuole - pur di tutelare Alfano da proposte sgradite - ma alla fine ha i giorni contati perché vuole presentarsi a Bruxelles al prossimo esame sui conti, il 29 gennaio, con il contratto di governo alla tedesca già firmato.
E se anche avesse ragione Fassina, che ha detto al Corriere della Sera che Renzi si sta comportando con il governo Letta come Berlusconi alla fine del governo Monti, non bisogna dimenticare che la capacità di incassare colpi di premier e vicepremier è ben superiore a quella del bocconiano in loden. Il primo per motivi caratteriali e precisa strategia di posizionamento politico (vuole incarnare "la forza tranquilla" di chi lavora per il bene comune senza fare polemiche). Il secondo perché è terrorizzato dall'idea di elezioni a breve, visto che il suo Nuovo centrodestra non è ancora un partito strutturato ed è un totale rompicapo per i sondaggisti.
E sono proprio le paure di Alfano a spingere Letta in una partita che mai vorrebbe giocare, quella della legge elettorale. Il nipote di Gianni ha già fatto sapere a Renzie che la considera materia dei partiti e sulla quale il governo ha una posizione neutra. Ma Alfano da un lato accetta la sfida di Renzi e dice ai quattro venti che Ncd non ha paura e sta studiando, per esempio, modifiche al modello spagnolo. Ma dall'altro vuole che Letta e il governo coprano l'Ncd nella trattativa con il Pd, vincolando l'accordo sul superamento del Porcellum a un accordo prima nella maggioranza, e poi con chi ci sta.
Anche qui Letta farà di tutto per non farsi trascinare in battaglia, anche perché non è certissimo di quale sia la partita che giocherà il suo Lord protettore, Giorgio Napolitano. Conoscendone la determinazione sulla riforma della legge elettorale, e alla luce di quella telefonata di Capodanno tra il presidente della Repubblica e Renzi, sulla materia il premier finirà per fare non un passo indietro, ma due.
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