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Francesco Semprini per "la Stampa"
«Inaccurato e fuorviante». Una sentenza senza possibilità di appello quella emessa da tre senatori degli Stati Uniti nei confronti di «Zero Dark Thirty», la pellicola di Kathryn Bigelow che racconta la storia dell'eliminazione di Osama Bin Laden. Dianne Feinstein, Carl Levin e John McCain, democratici i primi due repubblicano l'altro, sono usciti dalla sala di proiezione letteralmente infuriati tanto da inviare una lettera all'amministratore delegato di Sony Pictures Entertainment, Michael Lynton, nella quale sostengono che il film è una versione romanzata e poco attendibile del blitz al compound del leader di Al Qaeda.
L'ira dei tre senatori sarebbe scattata sul racconto delle torture, in particolare il «waterboarding, ovvero la famigerata tecnica di «annegamento controllato» usata non di rado nel passato, soprattutto a Guantanamo, per interrogare le persone sospettate di essere terroristi. «Riteniamo che la pellicola sia inaccurata e fuorviante - avvertono Feinstein e i suoi colleghi - e sembra suggerire che le torture abbiano portato ad ottenere informazioni determinanti».
Per questo sostengono si tratti di una rappresentazione «falsa che inneggia al mito secondo cui praticare le torture sia un metodo che paghi». Secondo quanto riferito dai media americani, il senatore McCain, lui stesso sottoposto a torture durante la prigionia in Vietnam, si sarebbe sentito male durante la proiezione.
Secondo il film, infatti, il passaggio chiave nella caccia al «most wanted» del Pianeta, ovvero l'identificazione del suo corriere, sarebbe avvenuta grazie alle informazioni estorte con le pratiche violente. «Non è così - inveiscono i tre senatori - siamo andati a rivedere i file della Cia e questo non risponde al vero». In realtà le informazioni sul corriere di Al Qaeda sarebbero state ottenute grazie a indagini che non avevano nulla a che vedere con il programma di interrogatori e detenzioni di Langley.
Per questo Feinstein, Levin e McCain chiedono una rettifica o meglio un chiarimento da parte dei produttori. «Riteniamo - scrivono i tre nella missiva - che voi abbiate il dovere di dire che il ricorso alle tortura nella caccia a Osama bin Laden non rifletti la realtà ma sia parte della fiction cinematografica».
«Siamo fan di numerosi film e capiamo perfettamente il grande ruolo che la cinematografia ha nelle nostre vite - proseguono - Ma il problema fondamentale è che chi vede «Zero Dark Thirty» crede che quanto raccontato corrisponda a realtà ». Il punto secondo i tre membri del Congresso è che la pratica del waterboarding e degli altri metodi coercitivi di interrogatorio appartiene a una pagina buia della storia americana che pesa sulla coscienza del suo popolo.
E su cui si è fatta luce anche grazie ai file riservati divulgati da Wikileaks alla fine del 2010 a cui potrebbe seguire la pubblicazione di un altro milione il prossimo anno secondo quanto dichiarato ieri da Julian Assange. «Non ci possiamo permettere di tornare indietro a quegli anni - scrivono i senatori - Voi avete il dovere di riferire le cose in maniera corretta». Non è la prima volta che si parla a livello istituzionale di «Zero Dark Thirty»: la pellicola è costata molto all'agente della Cia che ha ispirato nel film la 007 Maya, tra le principali protagoniste della cattura di Bin Laden. La carriera della donna è caduta in disgrazia a causa dell'invidia dei colleghi e delle accuse di aver raccontato ai produttori informazioni riservate.
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