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Lancio stampa da “Panorama”
luigi de magistris con giorgio napolitano
Nell’archivio di Gioacchino Genchi, il consulente tecnico di Luigi De Magistris quando questi era pubblico ministero a Catanzaro, c’erano «i tabulati dei direttori dei servizi segreti» e «utenze riconducibili alla Santa sede, al Vaticano». Lo rivela il settimanale Panorama, in un articolo che sarà pubblicato sul numero in edicola da domani, giovedì 5 marzo.
Il dato è emerso il 12 febbraio scorso, in un’udienza del processo che si sta svolgendo a Salerno sull’ipotesi che l’inchiesta «Why not», condotta tra 2006 e 2007 in Calabria da De Magistris, sia stata ostacolata. Quel giorno è stato interrogato in aula Alfredo Garbati, il pm calabrese che nel dicembre 2007, due mesi dopo l’avocazione decisa dal capo della Procura generale di Catanzaro, subentrò a De Magistris in «Why not».
È stato Garbati a rivelare che nella banca dati c’erano anche «52 utenze telefoniche riferibili al Consiglio superiore della magistratura», tra cui quelle personali di alcuni suoi membri, più «14 utenze della segreteria generale della presidenza della Repubblica».
Panorama elenca altri tabulati telefonici finiti nei controlli (per abusi sui quali De Magistris e Genchi lo scorso settembre sono stati condannati a un anno e tre mesi di reclusione in primo grado a Roma): come l’utenza del Procuratore nazionale antimafia, quella di un suo aggiunto e di qualche sostituto. Per non parlare dei numeri di telefono di 13 parlamentari, di quello del presidente del Consiglio, del ministro degli Interni e del suo vice con delega ai servizi segreti.
CLAUDIO E LUIGI DE MAGISTRIS .png
Nell’archivio, sempre secondo Garbati, erano finiti anche i telefoni di funzionari dell’ambasciata americana a Roma, «circostanza che aveva messo in imbarazzo il nostro governo con il governo statunitense».
«Nei sospetti» ha aggiunto Garbati «c’era anche il Papa precedente, Papa Ratzinger, in quanto le sue segretarie, le ancelle, erano vicine a Comunione e liberazione, la quale è coincidente alquanto con la Compagnia delle opere». Garbati ha concluso: «Ipotizzammo che Genchi avesse una sorta di delega in bianco per allargare la sua indagine là dove ritenesse opportuno».
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