PERCHÉ IL PG HA CHIESTO DI RIDURRE DA CINQUE A TRE ANNI L’INTERDIZIONE DAI PUBBLICI UFFICI PER IL BANANA? SI CERCA UNA “DISTENSIONE”?

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Paolo Colonnello per "La Stampa"

Il colpo di scena, probabilmente solo il primo di questa lunga maratona finale in Cassazione, arriva a cinque minuti dall'inizio dei Tg della sera. Quando il Pg Antonello Mura, dopo cinque ore di requisitoria, scandisce lentamente le sue conclusioni: «Voglia annullarsi la sentenza impugnata nei confronti del ricorrente Silvio Berlusconi...limitatamente all'entità della pena accessoria dell'interruzione dai pubblici uffici. Con la rideterminazione della stessa nella misura di anni 3...».

Ovvero: si mantenga ferma la condanna penale a 4 anni di Silvio Berlusconi ma si riveda l'interdizione dai pubblici uffici, passando da 5 a 3 anni. Una richiesta, apparentemente avulsa dalle conclusioni cui - in legittimità, merito e diritto - giunge lo stesso Pg che smonta una per una le 94 motivazioni di ricorso delle difese, di cui 47 solo quelle di Berlusconi. E che definisce «logica, conseguente ed esente da vizi» nonché «idonea a superare il vaglio di legittimità» la sentenza della Corte d'Appello di Milano.

Ma poi aggiunge, un'ultima, determinante postilla. C'è un'incongruenza, dice, tra l'interdizione fino a tre anni per le pene che non superino questo tempo e il salto a 5 anni, per un solo anno di condanna in più. «Non c'è graduazione della pena accessoria», spiega. E allora, suggerisce, può essere la stessa Corte di Cassazione a rideterminarla, abbassandola. Oppure, rimandandola in Appello.

L'onestà della richiesta, valutata alla luce del conflitto tra due articoli del codice (12 e 29), è fuori discussione perché la domanda è: cosa cambia se Berlusconi viene interdetto 3 anni anziché 5? Poco o nulla, nei termini di decadenza dal seggio senatoriale; poco o nulla in quelli di condanna penale, visto che con il rinvio eventuale a una nuova corte d'appello, la prescrizione dei capi d'imputazione non verrebbe toccata lasciando invariata la pena a quattro anni di reclusione. E il processo, che si prescrive nel settembre 2014, farebbe in tempo a concludersi.

Ma è il segnale che forse, in qualche modo, si vuole trovare una via d'uscita. Sebbene, per come la vedono gli avvocati del Cavaliere e i suoi supporter politici, non sarebbe questa la strada sufficiente per garantire una serena vecchiaia a Berlusconi con un seggio in Senato. Infatti il professor Franco Coppi scuote la testa: «Ho idea che domani (oggi, ndr) useremo argomentazioni completamente nuove. Puntiamo all'assoluzione completa».

«Il punto nodale» tra i 47 ricorsi di Berlusconi lo individua verso le due del pomeriggio il giudice relatore Franco Amedeo, riassumendo l'intera vicenda: «La configurabilità del reato presentato alla Corte». Che ovviamente il Pg Mura tenta di parare, spiegando che la ventilata derubricazione del reato da frode fiscale alla semplice accusa di false fatturazioni, non è una strada praticabile in quest'aula.

Primo perché sarebbe paradossale che il dominus di Mediaset e inventore del sistema di ricarico sui diritti televisivi da far girare nelle numerose società del comparto estero, venisse alla fine considerato alla stregua di un semplice pataccaro di false fatture. Secondo perché se venisse riconosciuto solo questo reato il processo sarebbe da considerarsi bello che prescritto da tempo.

«È opinione di questo Pg che nessuno dei motivi di ricorso abbiano fondamento alcuno», taglia corto, si fa per dire, il pg Mura. Men che meno questo. Berlusconi, dice il rappresentante dell'accusa, si occupa «dell'avvio, dell'evoluzione e del perfezionamento» del sistema che consentiva di far figurare nella dichiarazione dei redditi costi esorbitanti per i diritti cinematografici, quando invece lievitavano solo grazie alle «fittizie intermediazioni» della sua galassia estera off shore. Per questo va considerato responsabile a pieno titolo di tutti i reati ascrittigli. Il presidente Antonio Esposito ascolta con attenzione.

L'udienza è rinviata a questa mattina per le repliche delle difese. E non è escluso che il professor Coppi esponga la sua strategia soltanto domani. Tre giorni in Cassazione per un processo è un tempo che non ha forse precedenti. E infatti, prima che l'udienza Mediaset-Berlusconi abbia avvio, in mattinata i giudici affrontano ben 7 cause, dal mancato pagamento di alimenti, all'abuso edilizio. E in 40 minuti risolvono tutto con sentenza. «La legge è uguale per tutti» recita sopra lo scranno del presidente il monito meno sincero d'Italia.

 

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