PIÙ LO SCANDALO VATILEAKS SI INFITTISCE, PIÙ È CHIARO QUANTO RATZINGER FOSSE ACCERCHIATO - DALL’ANALISI DELLO SMARTPHONE DI PAOLETTO GABRIELE, VIENE FUORI UNA FITTA CORRISPONDENZA CON LA GOVERNANTE STORICA DI BENEDETTO XVI, LA PROFESSORESSA INGRID STAMPA - NON SOLO: IL MAGGIORDOMO SI SCAMBIAVA EMAIL E SMS ANCHE CON IL VESCOVO JOSEF CLEMENS, L’EX SEGRETARIO PERSONALE DEL PAPA PRIMA DI PADRE GEORG GAENSWEIN…

Marco Ansaldo per "La Repubblica"

Che cosa contengono gli sms scambiati tra il maggiordomo infedele e la governante del Papa? Lo scambio di messaggi, giudicato "numeroso" e contenente anche e-mail, trovato sul telefono portatile di Paolo Gabriele con la assistente di Joseph Ratzinger, la professoressa Ingrid Stampa, è solo uno degli ultimi fronti al centro dell'indagine sui Vatileaks. E il caso dei documenti trafugati dalla scrivania di Benedetto XVI e finiti su giornali, libri e tv, continua a riservare colpi di scena.

Perché un altro aspetto inquietante è anche quello connesso all'arresto avvenuto a fine maggio, ma rivelato solo lunedì scorso, quasi tre mesi dopo, dal portavoce papale, padre Federico Lombardi, del programmatore Claudio Sciarpelletti. Un aspetto legato alle attività del sofisticato centro computerizzato della Santa Sede, ai dati che vi sono protetti e alla successiva misteriosa scomparsa, avvenuta di lì a poco, e svelata da Repubblica a metà giugno, di un giovane hacker consulente dei servizi informatici del Vaticano.

Oltre ai vari regali per il Papa trovati al momento in cui la Gendarmeria ha perquisito la casa del maggiordomo - fra cui un assegno di 100mila euro intestato a "Sua Santitad Benedicto XVI", una pepita d'oro e un'edizione rara dell'Eneide - gli investigatori hanno infatti sequestrato il computer, le agende e lo smartphone di Paolo Gabriele. Rimasti in memoria, una lunga serie di sms ricevuti e inviati con Ingrid Stampa, la musicologa, traduttrice e curatrice degli ultimi libri di Ratzinger, assunta come governante nel 1991 alla morte della sorella del futuro Pontefice, Maria. Stesso nome assegnato dall'autore del libro "Sua Santità", Gianluigi Nuzzi, alla fonte che gli passava i documenti pontifici e - per ora - individuata dai magistrati vaticani solo nel maggiordomo papale.

Ma i messaggi telefonici e le email del maggiordomo, definite come «incriminanti» o «compromettenti », riguardano secondo la stampa tedesca anche l'ex segretario personale di Ratzinger prima dell'attuale padre Georg Gaenswein, il vescovo Josef Clemens. Questi lasciò l'allora cardinale solo due anni prima che assurgesse al soglio di Pietro, dopo averlo servito per 19 anni.

C'è poi il caso dell'arresto del programmatore informatico Claudio Sciarpelletti, messo in libertà provvisoria previa cauzione. Padre Lombardi l'altro giorno ha minimizzato il suo ruolo, dicendo che al processo in autunno l'uomo, accusato di favoreggiamento, rischia «poco o niente». Il suo nome si è tuttavia materializzato dal nulla dopo tre mesi, dopo che nei suoi cassetti nell'ufficio presso la Segreteria di Stato era stata ritrovata una busta a nome del maggiordomo, contenente i documenti di un capitolo del libro "Sua Santità". Sciarpelletti risulta aver dato tre versioni diverse e contrastanti sull'argomento e, come hanno evidenziato requisitoria e sentenza dei magistrati, tra lui e Paolo Gabriele c'è anche un misterioso "W" che sembra aver partecipato all'intercettazione delle carte.

Eppure Sciarpelletti, 48 anni, non risulta essere un pesce così piccolo: analista programmatore di prima classe, era infatti a capo del sistema informatico del Vaticano, e aveva i rapporti con consulenti e fornitori. Il giovane hacker, 36 anni, di cui Repubblica aveva parlato il 14 giugno, autore del sistema Firewall per proteggere i dati informatici, aveva la chiave per entrare nei sistemi cifrati. Tra i quali risultano, ad esempio, i nomi dei correntisti segreti dello Ior, l'Istituto per le opere di religione. Tra Sciarpelletti e il management della Segreteria di Stato si sono verificati dei contrasti.

L'hacker, che era stato perdonato e arruolato dalla Santa Sede dopo che era riuscito a entrare nel suo sistema, aveva capito che Sciarpelletti «non era uno stinco di santo» e che «faceva il doppio gioco». Quando il 23 maggio ha saputo del suo arresto, ha iniziato a temere per sé: è partito dall'Italia, ha cambiato tutti i suoi numeri e non si è fatto più trovare. Abilmente, si era fatto assumere dalla Santa Sede solo come consulente
esterno.

 

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