RIUSCIRÀ SALVINI A RITROVARE LA FORTUNA POLITICA MISTERIOSAMENTE SCOMPARSA? PER NON PERDERE LA…
1 - I DUBBI DI STARMER SUL NUOVO CACCIA A RISCHIO LA COLLABORAZIONE CON L’ITALIA
Estratto dell’articolo di Antonello Guerrera per “la Repubblica”
Uno spettro si aggira sull’Italia. E se il Regno Unito del neo premier Sir Keir Starmer si sfilasse clamorosamente dal progetto Tempest Gcap, il caccia di sesta e ultima generazione da decine di miliardi di euro con Italia e Giappone? Un’intesa su cui Roma ha puntato molto (almeno 8,8 miliardi di euro), ma anche a livello politico, industriale e strategico.
Ufficialmente, tutto è confermato. In occasione della fiera della Difesa nell’inglese Farnborough in corso, è stato presentato il nuovo design del jet dell’avveniristico programma Gcap (Global Combat Air Programme) affidato all’italiana Leonardo, alla britannica Bae Systems e alla giapponese Mitsubishi. Sempre lunedì, Starmer ha ribadito «l’importanza del progetto e i benefici per il nostro Paese».
Ieri poi a Londra c’è stato il rituale incontro ministeriale tra i tre Paesi coinvolti, cui hanno partecipato il capo della Difesa britannica John Healy, l’italiano Guido Crosetto e il giapponese Minoru Kihara. Il primo ha dichiarato a fine summit: «Continuiamo a lavorare insieme su questo importante programma ».
Ad ascoltare chi era nella stanza, i britannici hanno confermato il loro impegno «strategico ». E Crosetto: «Significativo incontro. Occorre ora garantire il rispetto delle tempistiche e un quadro chiaro su condivisione di lavoro e tecnologie». Tradotto: per gli italiani è cruciale una ripartizione equa di brevetti e sviluppo tra i partner — roba da miliardi di euro, in prospettiva.
Ma a preoccupare gli addetti ai lavori e i giornali inglesi è stato l’atteggiamento di Starmer lunedì. Che, sotto pressione dei giornalisti, non ha confermato esplicitamente l’impegno Tempest a lungo termine. Chi lo ha incontrato poi a Farnborough, grandi aziende di Difesa incluse, ribadisce che «Starmer non ha mai menzionato il Gcap», che dovrebbe rimpiazzare il caccia Eurofighter Typhoon. «Ha ribadito il suo impegno sulla sicurezza europea. Ma su Tempest, nessuna rassicurazione».
[…] Crosetto ci ha detto di essere «convinto che il Regno Unito non si sfilerà. Il Tempest è un programma cruciale per tutti, anche perché porterà l’80% delle nuove tecnologie per la parte civile». Proprio lunedì, il Consiglio dei Ministri italiano ha approvato il Gcap, come il Giappone. Londra, invece, non lo ha ancora ratificato.
Il punto è che il governo Starmer ha appena avviato una “strategic review” della Difesa, […] Starmer potrebbe essere messo all’angolo dal Tesoro e costretto a una scelta dolorosa: rinunciare a uno tra il progetto Gcap/Tempest e l’Aukus dei sottomarini nucleari per l’Australia (insieme agli Usa). […]
Un altro timore tra i partner industriali è che Starmer possa sacrificare il Gcap anche per un ritorno geopolitico. Ossia, nell’ambito del suo riavvicinamento alla Ue e della ricerca di nuovo patto su Difesa e sicurezza europea contro la minaccia della Russia, il premier potrebbe decidere di puntare tutto sul deterrente nucleare da condividere con gli alleati europei, e magari ritardare il Gcap di anni. Un’ipotesi però mal accetta dai partner.
[…] Se la Gran Bretagna decidesse di ritirarsi o ridurre il suo impegno, il progetto del Tempest sarebbe in forte bilico. A meno che non spuntino altri partner, come l’Arabia Saudita caldeggiata dal governo Sunak, per rimediare alla penuria di fondi. A quanto si apprende, per l’Italia non sarebbe un problema.
Ma c’è una linea rossa: Riad non deve essere coinvolta in fase di progettazione e condivisione di segreti industriali, ma solo come utilizzatore finale ed enorme sbocco commerciale nel Golfo. […]
2 - IL TEMPEST, CHIAVE DI VOLTA DELL’AUTONOMIA STRATEGICA DEL VECCHIO CONTINENTE
Estratto dell’articolo di Gianluca Di Feo per “la Repubblica”
anthony albanese joe biden rishi sunak 2
Se si vuole dare una forma al concetto di autonomia strategica dagli Stati Uniti, allora l’unica è quella dell’aereo fantascientifico simile a una manta presentato due giorni fa al salone di Farnborough. Si tratta solo di un modello, con grandi ali e geometrie concepite per lasciare scivolare le onde elettromagnetiche e restare invisibile ai radar, che però rende visibile lo sforzo fatto finora sul progetto Gcap-Tempest.
Dietro la sigla Global Combat Air Programme c’è l’ambizione di restare protagonisti del settore aeronautico, il più avanzato di tutti dal punto di vista tecnologico, realizzando un caccia di sesta generazione: qualcosa che neppure Lockheed o Boeing stanno osando.
L’idea è stata britannica, con uno scatto d’orgoglio all’indomani della Brexit che restituisse al Paese la leadership aviatoria a livello mondiale.
A Londra però si sono resi conto che l’impresa era al di sopra delle loro risorse e hanno subito guardato a Roma: una scelta obbligata, perché le aziende elettroniche militari inglesi e scozzesi appartengono a Leonardo. Entrambe hanno una storia di collaborazioni sui velivoli da combattimento lunga mezzo secolo, che ha permesso di costruire - insieme alla Germania - il Panavia Tornado e poi l’Eurofighter Typhoon: ottimi cacciabombardieri esportati con successo, che hanno determinato ricadute significative nell’occupazione e nell’innovazione.
Poi alla fine degli anni Novanta entrambe le aviazioni hanno deciso di puntare sul Lockheed F-35, il solo jet stealth di quinta generazione in servizio nel pianeta: un programma in cui però britannici e italiani hanno un ruolo di secondo o terzo piano. Ed ecco il problema comune ai due Paesi: quando chiuderà la catena di montaggio dell’Eurofighter, che continua a venire aggiornato ed è in gara per importanti commesse export, scomparirà l’industria aeronautica di punta, quella che da sempre fa da traino alle ricerche nei settori d’avanguardia.
L’adesione italiana è stata decisa dal primo governo Conte, poi consolidata da quello Draghi e spinta con determinazione dall’esecutivo Meloni, sulla scia del feeling con i conservatori britannici. Poiché comunque il programma è veramente costoso si preventiva un investimento vicino ai cinquanta miliardi di euro - allora è scattata la ricerca di un terzo partner.
Le lusinghe alla Germania sono cadute nel vuoto: Berlino resta al fianco di Parigi in un progetto alternativo. Ed ecco nascere l’inedita alleanza con il Giappone, che condivide l’esperienza del F35 e non vuole abdicare alla sovranità tecnologica.
Il Tempest rappresenta una doppia sfida. Bisogna infatti elaborare la visione di un caccia che domini le battaglie nei cieli tra dieci anni - previsione forse ottimistica per l’ingresso in servizio - anticipando l’evoluzione scientifica e bellica. Un campo che sta subendo un’accelerazione imprevista per l’invasione russa dell’Ucraina e per il confronto sempre più teso con la Cina.
Per questo c’è da inventare il meglio di tutto, con un impulso colossale agli studi: materiali che assorbono le onde radar, intelligenza ar tificiale al massimo livello, sensori che vedano tutto senza farsi scoprire, apparati di comunicazione impenetrabili. Leonardo sta lavorando a un radar che fornirà 10 mila volte più dati di quelli attualmente esistenti oltre a una cabina di pilotaggio con un’interazione tra uomo e macchina degna di Guerre Stellari.
Il Tempest infatti viene disegnato per avere un pilota in carne e ossa, senza escludere che si evolva in un automa guidato dall’intelligenza artificiale. […]
La grande incognita resta la sostenibilità economica: tutte le nazioni devono far fronte al riarmo dettato dalle lezioni del conflitto ucraino, ricostituendo i reparti corazzati e l’artiglieria azzerati nell’ultimo quarto di secolo. I laburisti appena arrivati a Downing Street si chiedono quali siano le priorità: i tank oggi o il supercaccia domani?
Un’alternativa per limare i preventivi del Gcap potrebbe venire dal ritrovato europeismo del governo Starmer: riprovare a coinvolgere la Germania, sempre meno convinta del superjet da realizzare con i francesi. […]
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