DAGOREPORT - BLACKSTONE, KKR, BLACKROCK E ALTRI FONDI D’INVESTIMENTO TEMONO CHE IL SECONDO MANDATO…
Marco Conti per il Messaggero
«Se leggiamo i giornali, vediamo dei tentativi di dare qualche spallata al governo». Il presidente del Consiglio Giuseppe Conte dà ragione alle preoccupazioni del vicesegretario del Pd Andrea Orlando secondo il quale «nelle prossime settimane noi vivremo una serie di attacchi al governo finalizzati alla sua caduta» e «a rivedere il patto di governo e a riorganizzare la maggioranza».
IL FINE
Non solo quindi chiacchiericcio da Transatlantico - peraltro chiuso ai giornalisti da chi voleva aprire il Parlamento come una scatoletta di tonno - ma una precisa sensazione di assedio che il presidente del Consiglio non nega anche se non in grado - sostiene - di distrarlo dai decreti e dai Dpcm.
Quanto abbia contato tale preoccupazione sulla decisione di affrontare «il rischio calcolato» del tutti fuori da lunedì, è difficile quantificarlo anche se, nella conferenza stampa di ieri sera, il premier ammette che «non possiamo permetterci» di stare ancora a casa. Tradotto forse un po' brutalmente si potrebbe dire che «i soldi sono finiti, bisogna riprendere a lavorare. Costi quel che costi». Ed infatti la scelta dei mettere fine alle misure restrittive, con forte anticipo per alcune categorie rispetto alle previsioni iniziali e alcune regioni ancora in alto mare, sembra dettata più dall'emergenza economica che da quella sanitaria.
E così il primo a rimettere simbolicamente la testa fuori, è lo stesso Conte con la conferenza stampa nel cortile di palazzo Chigi con tanto di giornalisti in carne ed ossa a fare le domande. Una ripartenza obbligata dalle casse vuote del Mef, dall'impossibilità di ricorrere a nuovo indebitamento e dalla contrarietà del M5S a usare il Mes.
Tutti fattori che costringono Conte a trascorrere un'altra estate con il fiato sospeso, guardandosi le spalle, ma osservando con attenzione ciò che accade nelle aree del Paese dove la crisi economica rischia di esplodere ancor prima di settembre e ancor prima che si possa pensare di ricevere sostegno dai Recovery Bond. Scenari simili, se non peggiori, di quelli che portarono alla caduta dell'ultimo governo Berlusconi. Con la differenza che in quei giorni del 2011 non salivano i prezzi, ma lo spread e non c'erano valanghe di licenziamenti, aziende che non riaprono e suicidi.
Con le riaperture di domani, non solo il Paese ma anche il governo entra in una Fase2 ricca di incognite che Conte mostra di temere anche per la fragilità della maggioranza che lo sostiene. Nella settimana che si apre il presidente del Consiglio sarà in Parlamento per illustrare gli ultimi decreti e Dpcm. Ma il passaggio più complicato per la maggioranza sarà il voto sulle mozioni di sfiducia nei confronti del ministro e capodelegazione del M5S Alfonso Bonafede. Alle mozioni del centrodestra, si aggiunge ora quella forse più insidiosa perchè trasversale, a prima firma di Emma Bonino, seguita da quella di Renato Schifani e Matteo Richetti. Una mozione «garantista», sostiene Benedetto Della Vedova di +Europa, che rischia di mettere in difficoltà i renziani che sull'argomento non hanno ancora sciolto le riserve.
Italia Viva con Maria Elena Boschi, mostra soddisfazione per le misure economiche assunte dal governo con il decreto Rilancio. «Bene le riaperture, la cancellazione dell'Irap, la regolarizzazione dei migranti e il sostegno alle scuole cattoliche», sostengono i renziani, che però non hanno ancora spiegato come voteranno su Bonafede. Acque agitate anche nel Pd dove nessuno mette in discussione Conte, ma al Nazareno iniziano a percepirsi i venti contrari di sindacati e imprenditori delusi dalla montagna di miliardi stanziati nell'ultimo decreto che quasi o nulla ha per la crescita. Conte ha promesso che molto ci sarà nel prossimo decreto-semplificazioni che dovrebbe sbloccare miliardi già stanziati per opere mai avviate o da tempo sospese. Sempre però che i grillini permettano alla ministra De Micheli ciò che non hanno permesso all'ex ministro Toninelli.
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