AVVISATE IL GOVERNO MELONI: I GRANDI FONDI INTERNAZIONALI SONO SULLA SOGLIA PER USCIRE DAI LORO…
Roberta Amoruso per “il Messaggero”
Non basta che sia il vicepremier Luigi Di Maio a dire che il pericolo della procedura di infrazione è sventato. Servirà il bollino ufficiale di Bruxelles per chiudere definitivamente il dossier, rassicurare i mercati e blindare lo spread. Ma la strada è quella giusta che può portare a un accordo Roma-Bruxelles sui numeri della manovra. Si capisce anche dalla dose di ottimismo nelle parole del commissario agli affari economici, Pierre Moscovici, che pure «non considera concluso il negoziato».
E si capisce da come lo spread ha imboccato la retromarcia nelle ultime settimane. Dal picco del 20 novembre a 336 punti (con il tasso al 3,70%), il differenziale di rendimento tra Btp e Bund ha lasciato per strada ben 70 punti base, se si considera la chiusura di ieri a quota 267 (comunque oltre il doppio dei 113 punti di fine aprile). Bene, dicono gli analisti, visto che ogni punto di spread in più costa caro al sistema Italia: euro più euro meno, ogni 1% di rendimento mantenuto per un anno può costare allo Stato circa 3,5 miliardi di maggiori interessi da pagare su Bot e Btp. Ma il conto, si sa, è salato anche per banche, imprese e soprattutto famiglie.
Dunque, ben venga che alla fine si stia arrivando a condividere la strada con l' Europa, lì dove i mercati temevano davvero che non si potesse arrivare dopo l' escalation di incaute dichiarazioni del governo giallo-verde.
È una buona notizia se alla fine anche Matteo Salvini e Luigi Di Maio hanno capito che perdere la fiducia dei mercati può fare male e che non serve prendersela con la vecchia e cattiva speculazione. Ma qualunque sia il punto di arrivo, nei nove mesi che ci separano dalle elezioni del 4 marzo, segnati da molte dichiarazioni sprezzanti verso l' Europa e il mercato, e altrettante correzioni di rotta, un bel pezzo della ricchezza italiana è andata in fumo sotto i colpi dello spread.
IL PREZZO DELLE PAROLE
GIOVANNI TRIA VALDIS DOMBROVSKIS
Secondo i calcoli della Fondazione David Hume, dalle elezioni al 7 dicembre scorso, le perdite virtuali di Borsa, obbligazioni e titoli di Stato, compresi quelli detenuti da Banca d' Italia e investitori esteri, ammontano a 244 miliardi. E a ben vedere i danni più importanti dell' incertezza politico-finanziaria, sono stati fatti tra le elezioni del 4 marzo e la nascita del governo a fine maggio, visto che dall' insediamento a Palazzo Chigi si contano perdite per soli 90 miliardi circa.
È bene precisare che si tratta di perdite virtuali, come puntualmente fa notare la Fondazione Hume. Chi in questi nove mesi ha mantenuto i nervi saldi e non ha venduto titoli in portafoglio, avrà perciò solo perdite potenziali.
Qualcun altro avrà anche potuto approfittare di certi prezzi scontati. Ma il discorso è diverso per chi invece ha ceduto alla paura delle turbolenze sul mercato. E se il caso Italia-Europa è finito nell' elenco delle variabili-choc da tenere sotto controllo, al pari della Brexit e del rischio dazi Usa-Cina, non è certo colpa della speculazione. È colpa di quel clima di incertezza che può fare solo danni al sistema Paese. Ben più danni di quelli che si meriterebbe un Paese saldamente proiettato alla crescita com' era l' Italia a inizio anno. «Le parole» di alcuni politici «hanno creato danni», ha sentenziato Mario Draghi a settembre reclamando «i fatti» del governo giallo-verde.
Ora i fatti sono arrivati: il 2,04% di deficit/pil è vicino a quanto si attende l' Europa e ben lontano dalla cancellazione di 250 miliardi di debito con la Bce proposta a maggio dall' economista della Lega, Claudio Borghi. Molto è cambiato da allora. Ma il prezzo pagato per trovare la rotta è stato alto.
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