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Francesco De Dominicis per "Libero Quotidiano"
Non c'è solo la controversa norma «salva Berlusconi». Il decreto fiscale del governo di Matteo Renzi fa acqua da tutte le parti. Di più: è un clamoroso regalo ai furbetti delle tasse da almeno 16 miliardi di euro. Peggio di un condono, perché taglia le gambe alla lotta all'evasione fiscale. A sostenerlo sono gli stessi funzionari del fisco che hanno messo nero su bianco tutti i pericoli contenuti nel provvedimento sul «3%» al centro delle polemiche. Otto paginette nelle quali gli alti dirigenti dell'agenzia delle Entrate certificano un clamoroso autogol dell'esecutivo guidato da Matteo Renzi.
A guardarla dal lato dell'evasore incallito, invece, il testo del governo è un capolavoro. «Significative appaiono le ricadute negative di alcuni interventi normativi sull'attività dell'amministrazione finanziaria e, in taluni casi, sugli interessi dell'erario» si legge nelle prime righe del documento di cui Libero è in possesso. Documento che le Entrate hanno spedito a palazzo Chigi e che ieri è stato al centro della riunione, al Tesoro, fra i membri della commissione tecnica guidata dall'ex presidente della Corte costituzionale, Franco Gallo. Riunione nella quale sono state valutate eventuali correzioni al decreto.
Anche se, a scorrere il rapporto delle Entrate, il testo andrebbe buttato nel cestino e scritto da capo. Insomma, non c'era solo il Cavaliere fra quelli che avrebbero beneficiato del colpo di spugna su evasione e frode fiscale, ma una platea vastissima di furbetti.
Quello che riguarda Berlusconi, dunque, è solo un aspetto, politicamente consistente, ma poco rilevante se si guarda alle finanze pubbliche italiane. Ed è proprio con lo sguardo rivolto alle casse dello Stato che alle Entrate - da pochi mesi dirette da Rossella Orlani, toscana e considerata fedelissima del premier - hanno lanciato l'allarme.
I timori degli 007 del fisco, come accennato, riguardano diversi aspetti del decreto: si contestano, a esempio, le nuove regole sulle «fatture relative a operazioni inesistenti», quelle sulle «dichiarazioni fraudolente» (in ballo ci sono, tra altro, le super inchieste sulle grandi banche) perché «creano un'ingiustificata area di non punibilità» e sono connotate da «precisa insidiosità e univoco antagonismo con le prospettive di accertamento». Tradotto: la riforma è stata scritta per fregare il fisco.
Dito puntato anche contro la depenalizzazione del reato di «dichiarazione infedele», contro le regole sulla «omessa dichiarazione» esclusa dal codice penale e contro le norme sullo «omesso versamento di ritenute certificate». Dubbi anche sulla norma che estingue alcuni reati fiscali quando l'imputato chiude il conto prima del giudizio di primo grado: «Potrebbe creare disparità di trattamento e far venir meno ogni forma di deterrenza» osservano gli sceriffi delle tasse.
Lunghe le considerazioni sul discusso «3%» che aiuterebbe Berlusconi. Il ragionamento non riguarda la sentenza Mediaset, ma è più ampio: secondo le Entrate quella nonna «vanifica l'intero impianto della riforma». C'è anche un esem pio: «Si pensi a un volume d'affari pari a 1 miliardo, non risulta punibile un'evasione Ires pari a 90 milioni pur in presenza di fatture false o frode». L'evasore applaude, il contribuente onesto mastica amaro.
Il passaggio più articolato è quello sui termini per gli accertamenti, dove l'eccesso di delega denunciato pare il vizio meno grave. «Viene ingiustificatamente inibito - si legge - il potere di contrastare efficamente le forme più insidiose di frode fiscale» con «l'attività dell'amministrazione finanziaria travolta con prevedibile perdita di gettito».
Solo per le 18mila verifiche in corso al 2014, tra sanzioni e imposte accertate, le Entrate - che parlano di «danno all'Erario di rilevante gravità» - certificano, con una stima definita «prudenziale», una perdita di gettito pari a non meno di 16 miliardi, ma il conto potrebbe facilmente superare i 20 miliardi. E qui scatta la «ola» nella curva degli evasori. twitter@DeDominicisF
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