report sigfrido ranucci

PUNTATONA DI “REPORT”: DAGLI ATTICI A DUBAI (C’ENTRANO LE TANGENTI PER IL “MOSE”?) AL RACKET DEGLI STABILIMENTI BALNEARI DI OSTIA – CON RELATIVA MINACCIA DI SCHIAFFONI ALL’INVIATO: IL CASO DELL’INGEGNERE CHE GUIDA LA LOBBY DEI BAGNINI DELLITORALE ROMANO

 

1. DALL’ATTICO A DUBAI…

Dal Corriere della Sera

 

SIGFRIDO RANUCCI MILENA GABANELLI

Il Burj Khalifa, simbolo di Dubai, è il grattacielo più alto del mondo con i suoi 820 metri che sembrano sfidare il cielo. Possedere uno dei suoi appartamenti costa milioni di euro. Le spese condominiali? Oltre 40 mila euro l' anno.

 

burj khalifa 2

Qui è stato girato un episodio del film «Mission Impossible» con Tom Cruise e hanno casa star del cinema, miliardari di tutto il mondo ed ex sportivi. «Report», in onda oggi alle 21.15 su Rai 3, sospetta che otto appartamenti del Burj Khalifa, per un valore totale di 8,5 milioni di euro, siano stati acquistati con denaro arrivato dai proventi di tangenti pagate per la realizzazione del Mose a Venezia.

CANTIERE DEL MOSE

 

I soldi, secondo il programma Rai, sarebbero arrivati da un conto corrente svizzero gestito da un nobile italiano, domiciliato a Losanna, che amministra alcune società a Panama. In queste ultime, ricostruisce «Report», sarebbero arrivati capitali da imprenditori e politici veneti che poi sarebbero stati reinvestiti all' estero. Per questo, il nobile italiano non sarebbe il reale acquirente dei costosi appartamenti a Dubai ma avrebbe usato i soldi delle presunte tangenti all' ex governatore veneto, Giancarlo Galan, che, però, dice di non saperne nulla e nega con forza.

GIANCARLO GALAN

 

«A Dubai sono andato una sola volta, ma si immagini», dice. Una risposta che non ha convinto la trasmissione di Sigfrido Ranucci: «Magistrati e guardia di finanza di Venezia sospettano che Galan abbia comprato anche le sue di case, utilizzando soldi delle tangenti».

 

2. … AL VERMINAIO OSTIA

Enrico Bellavia per la Repubblica

 

CARMINE FASCIANI

Da un lato gli appetiti dei clan, dall' altro la potente lobby dei balneari guidata da Renato Papagni. Così la raccontano gli uni e gli altri: due mondi separati. Roma ha finto di crederci per molto tempo. Inchieste e processi tracciano però uno scenario meno netto. Perché a Ostia, sulla spiaggia della capitale, crimine e impresa spesso sono andati a braccetto. Con la mafia intenzionata a mettere le mani su lidi e chioschi e una schiera di colletti bianchi pronti a disciplinare il traffico, forti degli appoggi burocratici in municipio, sotto ogni bandiera politica.

 

Illuminante un' intercettazione. Rivela, ad esempio, che quando Carmine Fasciani, il boss legato a doppio filo alla camorra di Michele Senese, brigava per avere la sua fetta di business sulla spiaggia fu proprio a Papagni che si rivolse. L' ingegnere, uno e trino, che guida la maggioranza dei 73 concessionari di Ostia che da tecnico si occupa delle istruttorie per le concessioni e gestisce in proprio due lidi, si sarebbe dato da fare per far avere al boss le autorizzazioni per un chiosco e un rimessaggio.

 

Renato Papagni

Ed è questa la Ostia che racconta l' inchiesta di Giorgio Mottola per Report, in onda stasera alle 21,15 su Rai 3. Durante la lavorazione, il giornalista si è beccato la minaccia di due ceffoni dall' ingegnere Papagni che ha poi tentato di infilargli in bocca il foglio con la mappa del raddoppio del suo lido rispetto alla concessione. Un vizio di famiglia, visto che il fratello, Paolo è a giudizio per le minacce alla cronista di Repubblica Federica Angeli, impegnata a smascherare proprio le infiltrazioni criminali dei clan nell' affare delle spiagge.

 

SPIAGGIA OSTIA

Da tempo, del resto, i boss hanno smesso di accontentarsi dell' intermediazione. E i lidi se li sono accaparrati. In uno di questi Armando Spada sequestrò e minacciò Angeli e anche Carmine Fasciani si era assicurato con la famiglia un florido stabilimento. Niente più briciole, ma una spartizione del territorio con abusi a raffica, cubature triplicate, planimetrie truccate o sparite, sotto il naso di funzionari perennemente distratti o corrotti. Sempre governativi i balneari, pronti a giurare dietro a Papagni che a Ostia la mafia non c' è, resistono.

 

OSTIA SPIAGGIA 1

Non sono rimasti indifferenti ai loro argomenti neppure i Cinquestelle. Tanto che in campagna elettorale proprio uno dei lidi per cui doveva scattare la decadenza ha ospitato cene elettorali 5S. I grillini del mare si sono occupati e tanto. A farne le spese però, finora, è stato solo la spiaggia attrezzata affidata a Libera e Uisp, stritolate fino alla resa dalla morsa di una burocrazia che non perdona.