“CHIARA, TI RICORDI QUANDO HAI AMMESSO A FEDEZ CHE TI SEI SCOPATA ACHILLE LAURO?” - IL “PUPARO” DEL…
Fabio Martini per “La Stampa”
È durato un attimo, non ha fatto notizia, ma è un frammento significativo. È il primo agosto, a palazzo Chigi è in corso la conferenza stampa sull’ennesimo provvedimento in «progress», il presidente del Consiglio sta parlando e, attentissimo come è a tutte le voci che si muovono attorno a lui, gli arriva all’orecchio la voce di un giornalista che sussurra «più 0,2», alludendo chiaramente alla stima Istat sul Pil nel secondo trimestre, annuncio previsto per mercoledì. Renzi di scatto: «Come?».
Il giornalista: «Zero virgola due...». E Renzi: «Vediamo...». Pausa, sorriso e di nuovo «vediamo...». Come dire: e chi l’ha detto? Potrebbe essere anche una stima più negativa e infatti Renzi aggiunge: «Anche se fosse meno, il punto non è lo zero più o lo zero meno....».
Già da qualche giorno il presidente del Consiglio sta preparando il terreno per accogliere nel modo più indolore il comunicato col quale l’Istat - anche se la stima fosse migliore del previsto - fotograferà lo stallo dell’economia italiana, uno stallo insensibile alle tante scosse prodotte dal presidente del Consiglio.
Il problema è che lo stallo impone un aggiustamento dei conti e Matteo Renzi, - dopo una capillare consultazione con le personalità di cui si fida, a cominciare da Pier Carlo Padoan - ha preso le sue decisioni. Prima decisione: nessuna manovra correttiva per il 2014.
Seconda decisione, più sofferta: visto che siamo arrivati ad agosto, l’unico escamotage per rientrare di tante, troppe spese già fatte senza copertura, è quello di procedere con una serie di tagli ai vari ministeri che saranno in alcuni casi lineari, in altri parzialmente lineari, in ogni caso non selettivi, come avrebbe imposto una programmata spending review.
La terza decisione invece è strategica: se e quando Carlo Cottarelli si dimetterà, a quel punto il suo posto non sarà assunto da un «renziano» (si era parlato di Yoram Gutgeld) per la buona ragione che Renzi intende abolire la funzione «commissariale», voluta da Mario Monti e da Enrico Letta. D’ora in poi ogni ministro e ogni ministero saranno responsabilizzati, chiamati a fare i loro «compiti a casa» e in parte giudicati anche per la loro capacità di proporre oculati tagli di spesa pubblica.
Matteo Renzi si è convinto dopo aver personalmente studiato il bilancio dell Stato, ma anche dopo aver cercato di convincere i suoi interlocutori circa la fattibilità di opzioni di difficile realizzazione. A cominciare dall’allargamento della platea dei fruitori degli 80 euro, una istanza che Renzi ha informalmente riproposto anche di recente. Come gli hanno ripetuto i suoi interlocutori, prima ancora della legge di stabilità per il 2015, c’è da aggiustare i conti del 2014.
Su questo versante, in Parlamento, già da mesi , il capogruppo di Forza Italia Renato Brunetta ha esercitato un pressing costante, affiancato da Rocco Palese, capogruppo azzurro in Commissione Bilancio della Camera, che dice: «Per l’anno in corso i 4 miliardi e mezzo previsti di spending review sono rimasti lettera morta, con l’aggravante che il commissario Cottarelli ha evidenziato che nuove spese per un altro miliardo e 600 milioni sono state coperte con provvedimenti che dovrebbero essere fronteggiati con ulteriori tagli di spesa. In più, la possibile revisione al ribasso della stima del Pil comporterà un fabbisogno ulteriore che oscilla tra un minimo di 3 miliardi ad un massimo di 6. Poiché siamo ad agosto questo evidenzia sottovalutazione e imprudenza».
Proprio perché si avvicina l’autunno, il presidente del Consiglio si sarebbe convinto che l’unico modo per rientrare sia quello di procedere a tagli lineari ai vari ministeri, sapendo però che in diversi casi i capitoli di spesa risulteranno già impegnati per intero o quota parte. Ecco perché il governo si sta orientando verso tagli parzialmente lineari. Anche se, per ora nessuno sa dove calerà la scure.
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