DAGOREPORT – CON L'OPERAZIONE GENERALI-NATIXIS, DONNET SFRUTTA UN'OCCASIONE D'ORO PER…
Maurizio Molinari per “la Stampa”
È duello sull’Iran fra Benjamin Netanyahu e Vladimir Putin. Al centro della contesa c’è la decisione del Cremlino di sbloccare la consegna a Teheran degli missili anti-aerei S-300, sospesa nel 2009, perché Mosca li ritiene «difensivi» mentre per Gerusalemme «premiano le aggressioni dell’Iran ai suoi vicini e sono il frutto negativo dell’errato accordo-quadro sul nucleare siglato a Losanna».
Il fronte libanese
Nel tentativo di convincere Putin a tornare sui propri passi, Netanyahu lo ha chiamato sulla «linea rossa» che i due leader hanno creato nel 2012 per suggellare convergenze strategiche ed economiche in Medio Oriente. Ma questa volta la conversazione è stata tesa, al punto che alcuni dei contenuti sono stati rivelati nelle ore seguenti dai diretti interessati. Putin ha infatti ammonito, pubblicamente, Israele a «non vendere per ritorsione armi al governo di Kiev perché ciò aggraverebbe la crisi nelle regioni russofone dell’Est ucraino».
NETANYAHU ALL ASSOCIAZIONE DEGLI EBREI AMERICANI
E Netanyahu, nella giornata di ieri, ha fatto sapere di aver avvertito Mosca: «Se le vostre armi vendute all’Iran verranno trasferite in Libano diventeranno nostri legittimi obiettivi militari». Ovvero: lo Stato Ebraico teme che alcuni esemplari di S-300, con una gittata di 200 chilometri, saranno trasferiti da Teheran agli alleati di Hezbollah per alterare l’equilibrio militare lungo il confine israelo-libanese. È questo il «pericolo maggiore che viene dagli S-300 in mano a Teheran» spiegano fonti militari israeliane, perché il ruolo di difesa anti-aerea degli impianti nucleari iraniani «preoccupa ma non troppo» in quanto «esistono delle contromisure».
L’asse sciita
Ciò significa che il rapporto privilegiato fra Putin e Netanyahu, cementato dal 2012 sulle opposte frizioni con l’amministrazione Obama, rischia di indebolirsi non solo per il sostegno russo all’abolizione delle sanzioni all’Iran quanto per le forniture militari del Cremlino all’«Asse sciita Teheran-Baghdad-Damasco-Beirut» come lo definisce il ministro della Difesa Moshe Yaalon, considerandolo «la più seria minacce alla sicurezza nazionale».
Si spiega così anche la decisione di Netanyahu di annullare il previsto viaggio a Mosca per le celebrazioni del 70° anniversario della sconfitta del nazifascismo, modificando la precedente scelta israeliana di «essere presente a un livello più alto di Stati Uniti ed Europa». Sulle tribune della Piazza Rossa vi sarà dunque solo l’ambasciatore israeliano a Mosca.
In questo caso il segnale inviato al Cremlino concerne i valori che accomunano i due Paesi: Israele è l’unica nazione fuori dai confini dell’ex Urss dove esiste - a Natania - un monumento ai caduti dell’Armata Rossa nella «Grande Guerra Patriottica» ma la memoria dell’alleanza antinazista passa in secondo piano davanti al pericolo iraniano.
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