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DAGOREPORT – SE C’È UNO SPIATO, C’È ANCHE UNO SPIONE: IL GOVERNO MELONI SMENTISCE DI AVER MESSO…
Anna Zafesova per "La Stampa"
Sono i ribelli siriani ad aver usato le armi chimiche, e Mosca sostiene di avere le prove dell'utilizzo del sarin contro i militari di Assad. Alla vigilia dell'appuntamento del G20 dove Barack Obama sperava ancora di «far cambiare idea» a Vladimir Putin, il ministero degli Esteri russo lancia ufficialmente l'accusa: il 19 marzo, in un sobborgo di Aleppo, 26 militari e civili sono morti e altri 86 sono rimasti intossicati a seguito dell'utilizzo di un ordigno chimico «costruito artigianalmente con materiali non in dotazione all'esercito siriano».
Poche ore prima Putin aveva condizionato il suo appoggio all'intervento contro Damasco a «prove evidenti» dell'uso di armi chimiche da parte di Assad, e all'assenso dell'Onu (che finora è stata proprio la Russia a bloccare con il veto nel Consiglio di Sicurezza), sostenendo che il Congresso non ha il diritto di «legittimare un'aggressione».
Ma intanto è Mosca che sostiene di avere le prove della colpevolezza dei ribelli: il documento, 100 pagine di perizie compiute da esperti russi sui campioni raccolti dai siriani, è stato consegnato all'Onu.
E, in attesa delle «prove evidenti» degli americani, Putin ha ripetuto l'ipotesi già ventilata da Mosca nei giorni scorsi che le accuse dell'attacco chimico ordinato da Assad siano «una provocazione dell'opposizione siriana per dare ai suoi protettori il pretesto per intervenire».
A questo punto, per quanto Putin neghi il «gelo» tra Mosca e Washington e non ritenga «una catastrofe» il vertice cancellato con Obama alla vigilia del G20, è rottura su tutti i fronti.
Ieri mattina, in un'intervista congiunta ai giornalisti russi e a quelli dell'«Associated Press», Putin aveva già dato del «bugiardo» a John Kerry, che ha cancellato la sua partecipazione al G20. «Dice bugie e sa di essere bugiardo, che brutto», ha commentato il presidente russo attribuendo al segretario di Stato americano l'affermazione che tra l'opposizione armata in Siria non ci siano affiliati di Al Qaeda (per quanto i giornalisti russi non siano riusciti a trovare il passaggio incriminato negli stenogrammi del Congresso americano).
Il leader russo è apparso perfettamente calato nella parte dell'antagonista degli Usa, usando toni da guerra fredda: al vicedirettore dell'Ap che gli chiedeva della reazione all'eventuale intervento americano in Siria ha risposto bruscamente: «Ma che domande fa, lavora per un media o per la Cia?», e ha accusato Washington di voler «screditare» le Olimpiadi invernali di Sochi accusando la Russia di calpestare i diritti dei gay russi che invece, secondo Putin, non vengono minimamente discriminati: «Ci sono persone così alle quali ho addirittura dato medaglie e premi per il loro lavoro, e amiamo Ciakovsky, non certo perché dicono fosse omosessuale, ma per la sua musica».
Così, mentre Obama da Stoccolma rievoca ancora il «reset» con Mosca, Putin pare averlo seppellito definitivamente: «Ciascuno di noi difende i propri interessi e principi, un lavoro che facciamo insieme, non facile, ma è routine». Che gli interessi siano ormai opposti lo testimoniano anche le bellicose intenzioni della marina militare russa, di rinforzare lo schieramento delle navi nel Mediterraneo.
E se prima si parlava soltanto di un pattugliamento (anche per la composizione della flottiglia), ieri il comando della marina militare ha dichiarato all'Interfax di «essere pronto a influire seriamente sulla situazione militare», coinvolgendo anche sottomarini: «Nel 1956 la sola presenza delle navi sovietiche ha impedito l'aggressione degli Usa contro l'Egitto», ha spiegato un portavoce, rievocando la crisi di Suez e quindi smentendo Putin che ieri ha negato di voler difendere l'alleato Assad.
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