DAGOREPORT - LA MAGGIORANZA VIAGGIA COSÌ “COMPATTA” (MELONI DIXIT) CHE È FINITA SU UN BINARIO…
Massimo Franco per il “Corriere della Sera”
Fino a ieri, forse, lo schema poteva reggere. Governo populista italiano uguale futuro.
Commissione europea uguale passato. Da qui la certezza di poter respingere le critiche alla manovra, come il rantolo di un mondo morente di mandarini e burocrati di Bruxelles: una resa dei conti che a maggio dovrebbe essere decisa dagli elettori con un responso scontato. Il problema, per M5S e Lega, è che lo schema sta saltando.
Le bordate contro il governo di Roma e la sua pretesa di avere le «mani libere» sul debito pubblico arrivano non solo dalle istituzioni continentali ma dagli Stati e dai loro governi: dai «popoli» evocati dai vincitori delle elezioni del 4 marzo come fonte di legittimazione unica e ultima di qualunque democrazia.
Non bastasse, a pretendere che la manovra economica limiti spese in deficit è una filiera numerosa di Paesi. Non ci sono soltanto Germania e Francia a chiedere il rispetto delle regole; a ricordare che non si può rimanere nella Ue e nel sistema della moneta unica violandone i fondamentali.
SEEHOFER KURZ SODER CHIUDONO LA CAMPAGNA CSU
Ieri, dopo la risposta di Palazzo Chigi alla richiesta di chiarimenti della Commissione europea, a invocare durezza contro l' Italia si sono presentati alcuni degli alleati teorici del populismo: perfino alcuni sovranisti, additati in passato come esempi. Quando l' esecutivo di centrodestra dell' Austria sostiene che la maggioranza Cinque Stelle-Lega «tiene in ostaggio il suo stesso popolo», segnala una rottura.
Certifica un isolamento italiano che non si può liquidare come conseguenza della divisione tra europeismo vetusto e virtuoso euroscetticismo. L'Austria nazionalista oggi declina la sua identità in chiave europea e anti-italiana; e non potrebbe essere diversamente.
giuseppe conte sebastian kurz 8
Come l'Olanda, come la Slovacchia, come le nazioni scandinave, grida un altolà al contagio potenziale in arrivo da Roma. Il piano di destabilizzazione dell'Europa ha vissuto una prima tappa, drammatica, nel giugno del 2016 col referendum inglese sulla Brexit. Ma le contorsioni britanniche e la soluzione che si sta abbozzando smentiscono un «effetto domino».
La Gran Bretagna non è l'avanguardia di uno sgretolamento continentale al rallentatore, ma la retroguardia di un'autosufficienza nostalgica e suicida.
Per quanto ammaccata e in crisi, la costruzione europea sembra reggere. Ebbene, pensare che alla maggioranza al governo in Italia possa essere concesso gratis il tentativo di una seconda spallata, significa non avere capito quanto sta accadendo. Anche perché la pretesa di una manovra costruita sulla spesa non nasce da una crisi economica generalizzata, ma da scelte politiche ritenute sbagliate e foriere di seri contraccolpi finanziari. È figlia di un azzardo con obiettivi elettorali e domestici. La sollevazione delle nazioni europee, dunque, era prevedibile. Spinge, non frena l' irrigidimento della Commissione nei confronti dell' Italia.
E dovrebbe fare capire all' esecutivo giallo-verde sia la pericolosità delle sue misure velleitarie; sia la prospettiva di condannarsi al ruolo di capro espiatorio, esponendo il nostro Paese a un trattamento ruvido e disastroso per le imprese e per le famiglie: in primo luogo per le più povere. L'illusione che nazionalismo significhi indulgenza verso i nostri strappi nasce da un'analisi ideologica e provinciale dei nuovi equilibri europei; e da una loro lettura di comodo.
Germania e Francia saranno pure insidiate dal radicalismo di destra e di sinistra, come gran parte degli Stati occidentali. E il «gruppo di Visegrád», composto da Polonia, Ungheria, Slovacchia e Repubblica Ceca, annidato nel cuore dell' Europa orientale, avrà anche alcune pulsioni filorusse e una carica ostile contro Bruxelles. Poi, però, ci si rende conto che i governi visti come «il nuovo» sono arcigni difensori della disciplina fiscale, e inclini a punire chi la viola. Il problema del governo italiano, dunque, sono le reazioni della Commissione Ue e dei mercati. E vengono usate da M5S e Lega come bersagli facili.
Ma poi ci sono gli interessi nazionali. E pensare di accreditare la manovra come un affare interno italiano è un' illusione. La questione è maledettamente europea, anche se probabilmente prevarrà la strategia dell'«avanti tutta»: Luigi Di Maio e Salvini mostrano una sicumera a prova di spread. Non si rendono conto di fornire armi a chi ha deciso di colpire l' Italia con l' intento di «punirne uno per educarne ventisette». Strategia miope e cinica, suggerita probabilmente da calcoli elettorali simmetrici e opposti a quelli di M5S e Lega. Ma facilitata dalla loro sfida senza rete.
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