
DAGOREPORT - L’INCONTRO DI GIORGIA MELONI CON VANCE E VON DER LEYEN È STATO SOLO ''ACCIDENTALE'': È…
1 - MORETTI
Jena per “la Stampa” - Grazie a lady like ora il Pd ha perso pure il voto degli autoferrotranvieri.
2. IL RITORNO DELLA MORETTI “LADYLIKE”: “HO SBAGLIATO A VESTIRMI CASTIGATA. FU UN ERRORE COPRIRMI COME UN FERROTRANVIERE...”
Jacopo Iacoboni per “la Stampa”
È tornata Ladylike. «Non è che se una fa una c... una volta gliela puoi far scontare tutta la vita. Invece con me c’è stato un accanimento incredibile. Nella mia idea, dire “Ladylike” significava nient’altro che questo: una donna ha il diritto di piacersi, dobbiamo finirla con questi bacchettoni e questa bigotteria che ci impone, per essere credibili, di essere come degli uomini. Per questo ho pronunciato quella battuta sul fatto che mi hanno costretta in campagna elettorale a vestirmi da ferrotranviere, e mettermi il burqa e non andare mai in tv. Ma poi era ed è chiarissimo che ognuno si piace a modo suo». L’importante, conviene Alessandra Moretti, è che «nessuno tradisca quello che sente di essere». Invece...
Invece a lei, Ale, è successo che - dopo quell’intervista al Corriere in cui elogiava il tempo preso a prendersi cura di sé tra estetista e parrucchiere - mezzo mondo la sfottesse, sui social e nella campagna elettorale in Veneto alle ultime regionali. Da lei poi persa con quello che animi ingenerosi sottolineano «il peggior risultato elettorale della storia».
Le cause invece sono sempre più complesse, trattare la Moretti con razzismo sessista è stupido, prima che sbagliato. Anche perché l’analisi che fa ora con noi della sua sconfitta non è stupida, o autoconsolatoria. E va forse letta anche come un messaggio a Renzi. «La prima cosa da dire è che se ho perso è perché non sono stata credibile e convincente io. Detto questo, è evidente che ho pagato anche tantissima ostilità verso Matteo, l’esser stata troppo leale e filogovernativa, mentre altri, per esempio Emiliano, si smarcavano dal governo; il fatto che dobbiamo tornare a essere un partito radicato nei territori; e il non aver saputo spiegare le riforme che stavamo facendo».
Moretti condivide il jobs act («in Veneto ci ha fatto guadagnare 24 mila posti di lavoro») e anche la riforma della scuola: «Ma non l’abbiamo saputa spiegare, ci ha fatto perdere valanghe di voti. Ho pagato anche questo, oltre che i miei errori, che riconosco». I quali però vanno almeno condivisi con la sua agenzia, «Dotmedia mi ha dato dei consigli, in quel momento io avevo avuto una fragilità, aveva un senso apparire meno, e mostrarsi castigata»... Ale però in castigo, nell’animo e di conseguenza nell’abito, non ci sa stare. E ha perso (anche) perché non l’ha saputo rivendicare prima e fino in fondo.
3 - SFOGO MORETTI: “HO PERSO PER IL SOSTEGNO A RENZI E UN LOOK DA TRANVIERE”
Filippo Ceccarelli per “la Repubblica”
Era da un po’ di tempo che non si sentiva parlare di Alessandra Moretti, che ha fatto tanti giri e oggi non si è capito bene dove esattamente è ritornata. Così ieri ha fatto un comizio in un quartiere di Verona, a Saval, dalle parti di Chievo, e con la stessa vetusta immagine usata negli anni 80 da Andreotti e nei 90 da Cossiga, ha espresso la volontà di togliersi qualche «sassolino» dalle scarpe, dopo la personale, sonora e rafforzatissima sconfitta di maggio – avendo come capolista ottenuto in Veneto assai meno voti di quanti ne ha presi il Pd.
Sennonché quei due vecchi democristiani erano più sottili e prudenti. Mentre Moretti, figlia di questo tempo ridondante e volatile, forse anche senza volerlo, e poi magari addirittura pentendosene, s’è abbandonata al classico «sfogone» di natura per lo più egocentrica.
Oh, povera me: «Non mi hanno fatta quasi mai andare in tv»; mi hanno imposto «un look castigato, da ferrotranviere» (si perdoni la pedanteria, ma quest’ultima sprezzante definizione riecheggia quanto in una remota Festa dell’Unità l’ancor giovane Petruccioli rinfacciò ormai una trentina d’anni orsono al suo compagno Vitali).
E comunque: “La mia campagna elettorale – ha insistito lei era completamente sbagliata». L’averla costretta a visitare come una trottola tanti paesi e villaggi, senza concentrarsi sulle città, si è trasformato «in un inutile e massacrante tour de force».
matteo renzi e alessandra moretti all incontro con i grillini
Il tutto senza dubbio aggravato, con l’aria che tira nel partito del Giglio magico, dalla scabrosa circostanza che la DotMedia, e cioè l’agenzia di comunicazione che aveva preso in carico e immediatamente vicariato Moretti all’indomani di un formidabile video in cui senza falsa modestia annunciava agli elettori l’entrata in scena di donne «più belle, più brave, più intelligenti», pure collegando il suo impegno pubblico alle risorse della ceretta e dell’estetista, insomma, il tutto reso più grave dal fatto che questa benedetta DotMedia, con sede a Firenze, è davvero vicina, ma molto molto vicina, quasi parente (come da vasta pubblicistica) del segretario-premier, che segue d’altra parte dall’anno 2008.
Impossibile che lei non lo sappia; così come è difficile che non abbia pensato a come Renzi avrebbe preso l’ultima bordata, questa appena un pochino più politica: l’essere stata «penalizzata » da un governo che ha affrontato le elezioni con quattro riforme ancora non approvate.
Ora, come si diceva, per carattere impetuoso e forse anche per generosità Moretti è partita dal fideismo pro Bersani, di cui fu accesa press-agent e che arrivò a paragonare a Cary Grant, per trasformarsi nell’arco di due tre anni in un assiduo e in fondo anche riuscito prototipo del renzismo da talk-show (a Porta a porta, una sera, la luce e il calore dei riflet- tori gli bruciarono un’elegante borsetta).
Almeno sui media, il personaggio è quello che è. Ferme restando interpretazioni e distorsioni sessiste, sempre in agguato, ma sempre invocate anche a difesa, Moretti ha fatto notizia a proposito di bellezza (valore della bellezza in politica), accorgimenti trasversali e cromatici (sua l’idea di vestirsi di bianco per le quote rosa), sviluppi sentimentali fra celebrities (le copertine con Giletti on the beach) e divulgazione di nuove tipologie di genere (nel suo specifico, dopo la faccenda dell’estetista, quella dell’intraducibile «Ladylike»).
Secondo alcuni cultori di musica leggera, nel video che suscitò le preoccupazioni della Dot-Media si sarebbe anche resa responsabile di un clamoroso scambio di cantanti: Mino Reitano al posto di Rino Gaetano ma anche tale equivoco appare francamente di scarsa influenza sui destini collettivi. Come sostenne in quell’occasione il suo conterraneo Massimo Cacciari, nel crollo estetico, etico e culturale della nostra epoca, Moretti «è un sintomo, non la causa».
E tuttavia, al netto dello sfogo e anche della successiva messa a punto, ciò che questa donna di 42 anni ha detto a proposito della sua campagna elettorale e ancor più dello spossessamento della sua identità da parte dell’agenzia e dei suoi specialisti - renziani o meno che fossero non pare il punto decisivo - è una testimonianza di prima mano che fa riflettere. Nel senso che una volta sacrificata sull’altare della più crudele e indiscussa divinità, la Comunicazione, la politica cambia le persone, anzi le stravolge, obbliga i candidati a essere quello che non sono, a rapportarsi con il pubblico secondo moduli, linguaggi e comportamenti che addirittura non condividono. Con buona pace dell’autenticità - e magari gli elettori se ne accorgono pure.
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