DAGOREPORT - BLACKSTONE, KKR, BLACKROCK E ALTRI FONDI D’INVESTIMENTO TEMONO CHE IL SECONDO MANDATO…
1 - SCHLEIN ALLA BATTAGLIA SUL SUO NOME NEL SIMBOLO DEL PD PER LE EUROPEE. NO DA MEZZO PARTITO
Maria Teresa Meli per www.corriere.it - Estratti
Scendere a patti con le correnti per una come Elly Schlein è quasi un calvario. Quindi, quando si accinge a farlo, la segretaria dem decide di lasciarsi comunque una porta aperta. I maggiorenti del Pd non vogliono che si candidi in tutte le circoscrizioni?
Prodi, che alle primarie non l'ha votata e le ha preferito Bonaccini, le ingiunge di non candidarsi affatto e la critica perché non ascolta i suoi consigli? Ebbene la segretaria cerca di scartare e di mettere il suo nome accanto al simbolo, anche a costo di finire in minoranza nel suo partito.
Solo che Schlein decide di intraprendere questa strada senza avvertire nessuno. O quasi. Lo dice a Bonaccini. Di più, con un’abile mossa invita il presidente pd a proporre lui la novità.
Per il resto, silenzio. Quando Prodi viene a saperlo si attacca al telefono e chiama i maggiorenti dem a lui più vicini: «Con quale faccia ci batteremo contro il premierato se Elly mette il suo nome nel simbolo alle Europee?». E quando nella segreteria che precede la Direzione la proposta viene illustrata, Debora Serracchiani si dice contraria, mentre Peppe Provenzano e Marco Sarracino si inalberano.
nicola zingaretti elly schlein
I tre esponenti della segreteria non erano stati avvertiti prima.
Al contrario di Bonaccini, a cui Schlein aveva spiegato i suoi intenti: «È un modo per ottenere consensi con il mio nome, non è altro». Anche Dario Franceschini non ne sa nulla e la mattina, quando si avvia la Direzione, non nasconde affatto il suo disappunto: «Cos’è questa storia di Elly nel simbolo? Ma vi rendete conto a quali rischi andate incontro?».
Comincia la riunione e la notizia si è sparsa, poi Bonacccini la conferma sul palco. Le resistenze aumentano. Le perplessità si moltiplicano. Graziano Delrio è contrario e lo sono anche Cesare Damiano, Susanna Camusso, Laura Boldrini, Annamaria Furlan, Walter Verini, Piero Fassino Marco Meloni, Roberto Speranza.
«Elly, tu non sei Meloni, Salvini, non sei Tajani, non sei Renzi, Calenda. Sei meglio di loro e vieni da una cultura diversa», le dicono. «La tua guida è più autorevole e forte senza quella scelta», le obietta Gianni Cuperlo. Le chat dei parlamentari pd vanno in tilt. Anche chi le è vicino, nutre dubbi.
Le contestazioni finiscono per coinvolgere pure Bonaccini: «Se vuoi trasformare il Pd in un partito all’americana non puoi dirlo il giorno della presentazione delle liste. Devi fare una discussione interna. Perché così Elly rischia di fare del male ai suoi stessi candidati». Ma Schlein, che pragmaticamente ha accettato certi compromessi con le sue minoranze, non demorde.
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2 - SCOPPIA LA RIVOLTA NEL PARTITO MA ELLY: O FACCIAMO COSÌ OPPURE MI PRESENTO OVUNQUE
Francesca Schianchi per “la Stampa” - Estratti
Ora spetta alla segretaria prendere la decisione finale. Dopo lo sbigottimento di molti, svegliati da un messaggio di primo mattino con la proposta choc, la discussione in segreteria conclusa con tre voti contrari, la levata di scudi della successiva Direzione in cui è stata una sfilata di interventi per dirle «non farlo», tocca a una Elly Schlein irritata dall'andamento della riunione decidere se mettere il suo nome nel simbolo del Pd per la corsa alle Europee.
Ha tempo fino alle 16 per presentarlo al Viminale: ieri sera una nuova riunione ristretta, stamattina ce ne sarà un'altra, coi fedelissimi, per decidere il da farsi. La Direzione ha approvato all'unanimità le liste dandole anche mandato a completarle: lei non è più sicura di voler tirare dritto, ma se opterà per non toccare il simbolo, probabile che inserirà il suo nome anche nelle tre circoscrizioni in cui non è presente.
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schlein tessera pd con berlinguer
E non basta nemmeno farla avanzare a Bonaccini, come fosse una scelta condivisa: è proprio dalla maggioranza che partono gli attacchi più duri. A cominciare da Provenzano, tra i più furibondi, che chiede che «la discussione sul partito si faccia dopo le Europee, se qualcuno pensa di cambiare natura del Pd in senso leaderistico dobbiamo parlarne più avanti».
Dopo di lui è una lista lunga così di dichiarazioni apertamente contrarie o quantomeno perplesse, da Laura Boldrini a Susanna Camusso, da Marco Meloni a Graziano Delrio.
Non interviene Dario Franceschini, uno dei big che sostenne Schlein al congresso, ma tutti lo descrivono arrabbiato anche per essere stato tenuto all'oscuro, come tutti, fino a ieri notte.
dario franceschini cerimonia di presentazione dei david di donatello
Chi sottolinea il tentativo di cambiare la natura del partito e chi, compulsando il telefonino, mostra il simbolo del M5S con la scritta "Pace": ma come, si chiede qualcuno, loro scrivono un valore universale e noi il nome della leader? Ci mancava solo che arrivassero le dichiarazioni del padre nobile Prodi, quell'accusa di «ferita alla democrazia» a rendere più pesante il clima.
È il fuoco di fila del pomeriggio quello che Schlein non aveva messo in conto. Perlomeno non così compatto. Lei resta convinta di dover segnare la sua presenza ovunque: se non sarà nel simbolo, dovrà essere nelle liste, col rischio però di riaprire una partita già chiusa.
Per addolcire la pillola, i suoi insistono che non sarebbe un cambio di simbolo – servirebbe intervenire sullo Statuto – ma solo un logo elettorale. Il cambiamento passa inevitabilmente per delle tensioni, predica pazienza chi è intorno a lei. Ma ora la situazione è delicata: fare marcia indietro, significa lanciare un segno di debolezza che non le giova né nel Pd né nella competizione a distanza con Meloni. Allo stesso tempo, andare avanti contro il parere di buona parte del partito è una sfida complicata. Ha meno di ventiquattr'ore per fare la sua scelta: oggi la comunicherà in diretta Instagram.
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