''L’ESSERE STATI A CASA MELONI O DI LA RUSSA NON PUÒ ESSERE L’UNICO O IL PRIMO REQUISITO RICHIESTO…
Michele Ainis per "l'Espresso"
Domenica 8 luglio Eugenio Scalfari, sulle colonne di "Repubblica", ha puntato l'indice contro gli abusi della procura di Palermo, in relazione all'inchiesta sulla trattativa Stato-mafia. Anzi: contro il Grande Abuso, l'intercettazione telefonica nei riguardi del presidente Napolitano. E ha accompagnato la denuncia con un moto sbalordito, per il silenzio dei costituzionalisti, degli addetti ai lavori. Non a torto, anche se c'è qualche eccezione. D'altronde pure la politica ha mostrato una reazione blanda, se non proprio reticente.
Dichiarazioni di Cicchitto e Alfano, un'interrogazione congiunta di Enrico Letta e Andrea Orlando, la difesa d'ufficio di Casini. Ma lo sdegno è durato quanto la fiamma d'un cerino. E intanto il nastro registrato è sempre lì, una pistola carica chiusa a chiave nel cassetto. Nessuno l'ha distrutto. Sicché mi iscrivo anch'io fra le eccezioni, e pazienza se comunque resteremo in pochi. Sì, in questa vicenda c'è uno strappo alla Costituzione, maiuscolo come una montagna. Per una doppia ragione: formale e sostanziale.
La prima riposa sulla regola dell'art. 90, secondo cui il presidente è giuridicamente irresponsabile per gli atti compiuti nell'esercizio delle proprie funzioni. Significa che non può venire indagato, perquisito, intercettato, arrestato, processato. A meno che il Parlamento in seduta comune, a maggioranza assoluta dei suoi membri, non lo ponga in stato d'accusa davanti alla Consulta per alto tradimento o per attentato alla Costituzione.
Anche in questo caso, tuttavia, serve una delibera parlamentare per sottoporre a intercettazioni il capo dello Stato (art. 7, comma 2, della legge 5 giugno 1989, n. 219). Di più: la delibera può venire adottata soltanto dopo che la Corte costituzionale abbia sospeso il presidente dalla carica (comma 3).
Insomma la regola, per una volta, non si presta a equivoci. Semmai una zona d'ombra copre la responsabilità del presidente per i delitti comuni, che i costituenti non disciplinarono per una questione di riguardo verso il capo dello Stato, per non immaginarlo mentre ruba polli o truffa le vecchiette. Tanto che Orlando e Crisafulli - tra i massimi costituzionalisti del Novecento italiano - ironizzavano su un presidente costretto a ricevere gli ambasciatori stranieri in cella, anziché al Quirinale. Nessun dubbio, però, sull'immunità presidenziale in tutti gli altri casi. E l'immunità investe anche i ministri.
Come ha ricordato Valerio Onida sul "Corriere della sera" (4 luglio), Mancino e Conso all'epoca dei fatti erano ministri, eppure la procura di Palermo li ha messi sotto accusa ignorando le procedure dettate dall'art. 96 della Costituzione e dalla legge costituzionale n. 1 del 1989. Ecco, le procedure. Servono a garantire l'equilibrio fra i poteri dello Stato, ed è qui che la forma si tramuta in sostanza. Perché in caso contrario il potere giudiziario diventerebbe il tiranno delle istituzioni e dei governi. E perché dunque ogni abuso verso il capo dello Stato non colpisce la persona, bensì il nostro stesso Stato di diritto.
SCALFARI NAPOLITANO
AINIS MICHELE
Giovanni Conso
NICOLA MANCINO
Antonio Ingroia
SILVIO BERLUSCONI - Copyright Pizzi
''L’ESSERE STATI A CASA MELONI O DI LA RUSSA NON PUÒ ESSERE L’UNICO O IL PRIMO REQUISITO RICHIESTO…
FLASH! VERSO LE 13 AVVISTATO ALLA CAMERA L’AMMINISTRATORE DELEGATO DELLA RAI GIAMPAOLO ROSSI, CHE…
DAGOREPORT – LA ''SUGGESTIONE'' DI GIORGIA MELONI SI CHIAMA “SALVIN-EXIT”, ORMAI DIVENTATO IL SUO…
DAGOREPORT - PERCHÉ TRUMP VUOLE ESSERE IL "PACIFICATORE GLOBALE" E CHIUDERE GUERRE IN GIRO PER IL…
FLASH! - OGGI È UNA GIORNATA MEMORABILE PER DAVID PARENZO: IN STUDIO A "LA7", DURANTE "L'ARIA CHE…
FLASH! FABIO TAGLIAFERRI, L’AUTONOLEGGIATORE DI FROSINONE CARO A ARIANNA MELONI, AD DEL ALES, CHE D…