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Fabrizio Melis per "Libero quotidiano"
Matteo Renzi e Giorgio Napolitano si vedranno oggi. L'incontro tra presidente del Consiglio e capo dello Stato, in preparazione da qualche giorno, è stato fissato ieri. Il momento è stato immortalato in un fuori onda raccolto dalle telecamere di Rai- News24: Renzi e Napolitano, all'Altare della Patria per le celebrazioni del 25 aprile,hanno un breve faccia a faccia: «Attendo convocazione per domani a qualsiasi ora», dice il premier chiedendo a Napolitano solo di non fissare l'incontro troppo presto perché «alle 10 ho l'incontro col premier ucraino Yatsenyiuk, che poi va anche dal Papa». Sistemata la logistica, restano i contenuti.
Esaurita la disamina delle pratiche economiche durante il lungo incontro col ministro dell'Economia Padoan tenutosi giovedì, il presidente della Repubblica col premier vorrà concentrarsi su quella del cammino sempre più accidentato della legge elettorale e delle riforme costituzionali. Il quadro è assai confuso. Il punto che duole maggiormente è quello relativo a Forza Italia, il cui atteggiamento appare destinato a rimanere insondabile fino alle Europee.
I pontieri tra Renzi e Berlusconi sono già al lavoro per ricucire l'intesa. Agli azzurri non dispiacerebbe trovare un'intesa per arrivare ad una sorta di moratoria elettorale delle riforme, congelando il tema fino al 25 maggio e tornando a prenderlo in mano a urne chiuse e a valutazioni fatte. L'idea però non piace a Renzi,che sull'impatto simbolico dell'approvazione in prima lettura della riforma del Senato punta moltissimo per la campagna elettorale e che non intende rinunciare ad un atout tanto importante.
Il problema però è che per raggiungere l'obiettivo è necessario prima di tutto disinnescare la mina interna. La minoranza del Pd, infatti, non ha intenzione di ammainare la bandiera del ddl Chiti (cioè il progetto alternativo di riforma di Palazzo Madama che sconfessa quello governativo). E il tempo stringe:mercoledì è prevista la presentazione in commissione del testo base, e il gruppo di Palazzo Madama oscilla vistosamente.
Per questo, lunedì Renzi vedrà Luigi Zanda ed Anna Finocchiaro per sondare gli umori dei senatori in vista dell'incontro faccia a faccia col gruppo che si terrà martedì. Questo il quadro, si capisce come la linea arcigna imposta dal premier ai suoi («Se Forza Italia dovesse cambiare idea e tirarsi indietro, il Paese comunque ha bisogno di una nuova legge elettorale e quindi andremo avanti con la maggioranza, con i numeri che abbiamo», afferma il ministro per le Riforme Maria Elena Boschi) sia pura tattica.
E che al coro si uniscano anche le altre forze di maggioranza («Noi siamo convinti che i numeri per approvare le riforme ci siano anche senza Forza Italia, poi sarà il popolo con il referendum a decidere se le vuole o no e siamo convinti che vinceremo il referendum», dichiara a nome del Nuovo centrodestra il ministro dell'Interno Angelino Alfano) non cambia la sostanza: i numeri per le riforme in questo momento il governo, semplicemente, non ce li ha.
Di questo,presidente del Consiglio e capo dello Stato non potranno non tenere conto durante l'incontro di oggi. Così come non potranno non affrontare quella che appare, inlinea teorica, la più immediata conseguenza di un eventuale stop al cammino delle riforme: le elezioni anticipate. Il tema è per ora solo oggetto di velate minacce: «Siamo gli unici a non temere nulla da un eventuale voto ma mi chiedo a chi convenga», afferma bellicosa la numero due del Nazareno Debora Serracchiani con il vistoso intento di spaventare Forza Italia.
Al di là della tattica, il tema è più concreto di quanto possa sembrare. Questo avviene perché Renzi il piano B delle elezioni anticipate ha iniziato ad accarezzarlo per davvero. Di fronte al rischio di vedere venire senza buco una ciambella su cui ha puntato letteralmente tutte le proprie fiche (al punto di annunciare il ritiro dalla politica in caso di fallimento), a Renzi risulterebbe più conveniente sfruttare la cosa per andare ad elezioni facendo una campagna elettorale a tutta birra contro il Palazzo infido e sabotatore del generoso tentativo modernizzatore.
Ci vorrebbe un incidente parlamentare ma, soprattutto, ci vorrebbe la disponibilità del Quirinale a sciogliere le Camere. Una disponibilità che fino ad oggi non è mai esistita, ma che Renzi confida possa emergere una volta che a Napolitano venga prospettato il possibile fallimento dello schema riformatore ispirato dal Colle. Sarebbe il terzo di fila.
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