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DAGOREPORT – GENERALI DELLE MIE BRAME: L’AGO DELLA CONTESA POTREBBE ESSERE ANDREA ORCEL, BANCHIERE…
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Male a casa, male fuori, male in tutto. Il momento di Matteo Renzi non è solo quello fotografato dai sondaggi, che registrano un suo calo di popolarità impensabile fino all’estate scorsa. Il premier spaccone ha seri problemi in patria con il Grande Vecchio del Quirinale e non ne ha di meno con un’altra pantera grigia come Jean-Claude Juncker, presidente della Commissione Ue.
Lunedì scorso il presidente del Consiglio è andato da Re Giorgio con le nomine militari belle e fatte: Leonardo Gallitelli prorogato per un altro anno alla guida dei Carabinieri e il generale Claudio Graziano, attuale capo di stato maggiore dell’Esercito, promosso capo di stato maggiore della Difesa. Per l’Arma, sconfitta dunque la linea della Pinotti, che premeva per il proprio capo di gabinetto, Tullio Del Sette.
Ma con Napolitano è sceso un grande gelo perché Renzie aveva dimenticato il comma numero 9 dell’articolo 87 della Costituzione, quello che recita: “Il presidente della Repubblica ha il comando delle forze armate”. Renzi ha pensato bene di presentargli le nomine come una cosa fatta, un pacchetto “prendere o lasciare”. Solo l’ultimo sgarbo in un rapporto che, dopo la nomina di Gentiloni agli Esteri, si è molto deteriorato.
Una fase di scarsa lucidità è anche quella che ha prodotto un altro notevole pasticcio come la storia della precettazione dei ferrovieri da parte del governo. Presentata come un atto liberale di Renzie, la retromarcia rispetto al primo annuncio del ministro Lupi è stata dettata da un fatto molto semplice: la precettazione era comunque illegale, prima ancora che politicamente sciocca, perché avvenuta senza consultare l’Autorità per gli scioperi nei servizi pubblici essenziali.
Per Renzi le cose non vanno meglio dalle parti di Bruxelles. In Europa tutti guardano alle elezioni greche di gennaio e dicono che in caso di vittoria di Tsipras la speculazione si accanirà sull’Italia, vero anello debole dell’Eurozona. “Le vostre esistenze vivranno momenti difficili” è la profezia su noi italiani che circola a Bruxelles. Anche qui pesa l’irritazione nei confronti di Renzi, al quale viene dato sempre meno credito. Juncker, in particolare, lo vede come Berlusconi: un simpatico contapalle.
Per l’Italia, in ogni caso, saranno importanti le mosse della Bce e lo sforzo di Mario Draghi per varare l’acquisto di titoli del debito pubblico con i soldi dell’Eurotower. Solo che nella riunione del 22 gennaio prossimo non è detto che abbia la maggioranza per lanciare il suo “quantitative easing”.
Il problema è che accanto al ben noto fronte nord-europeo, coalizzato intorno alla Bundesbank, che vede l’ipotesi come il fumo negli occhi, si sta creando un secondo schieramento contrario rappresentato da quei paesi, come Spagna e Portogallo, che hanno sopportato cure durissime e ora non vogliono praticare sconti all’Italia e fiancheggiano la Germania. Perché di Italia solo si parla, visto che la Francia verrà sempre in qualche modo salvata per il fatto che è una potenza nucleare.
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