FLASH! - FERMI TUTTI: NON E' VERO CHE LA MELONA NON CONTA NIENTE AL PUNTO DI ESSERE RELEGATA…
1- L'EX CAPO DEL VIMINALE STASERA IN TV DA FAZIO
La Stampa- Roberto Maroni sarà oggi tra gli ospiti di Fabio Fazio a "Che tempo che fa", in onda su Raitre. L'ex ministro interviene dopo le polemiche sul caso Cosentino e il provvedimento di Umberto Bossi di sospendere ogni tipo di incontro pubblico alla presenza dell'ex ministro dell'Interno.
Lo stesso ex ministro l'ha annunciato sul suo profilo Facebook, «Domani sera sarò a "Che tempo che fa"... Rai 3 ...». L'altro ieri, a caldo, aveva commentato «stupefatto» e con «conati di vomito», la censura e il tentativo di allontanamento dal partito, promettendo comunque ai suoi che non ha alcuna intenzione di mollare. Già dall'ultima Pontida molti leghisti avevano innalzato uno striscione con la scritta «Roberto Maroni presidente del consiglio». I congressi avevano certificato la divisione tra maroniani e "cerchio magico" ma è il caso Cosentino che ha reso pubblica la spaccatura e il caos nel Carroccio.
2- DOPO L'EDITTO-BAVAGLIO, LA RETROMARCIA DI BOSSI: "NESSUN VETO A MARONI. PRESTO UN COMIZIO INSIEME"
Giovanni Cerruti per La Stampa
"Ciao Roberto, sono io». Quando Umberto Bossi comincia una telefonata così è perché ha qualcosa da dire, o da farsi perdonare. E alle cinque del pomeriggio, appena sente quella voce e quel tono, Bobo Maroni capisce che qualcosa è successo. Dietrofront. «Non è vero che non puoi fare comizi o andare nelle sedi. Qui c'è gente che vuole spaccare la Lega...», sussurra il Capo. «Va bene - è la risposta -, però sappi che non sono io a voler spaccare la Lega». Pochi minuti, ciao Umberto, ciao Roberto. Per Bossi dovrebbe esser finita qui, o almeno lo deve sperare, perché la Lega stava davvero arrivando alla secessione: ma da Bossi.
Mezz'ora più tardi il quotidiano La Padania avvisa le agenzie di stampa. «Bossi: niente veti a Maroni, presto un comizio insieme». E' un attimo e su Facebook comincia la festa: «La rivolta della base ha vinto!». «Ora vogliamo le scuse!». «Basta con i Colonnelli, le Badanti e le Trote!». La rivolta c'è stata, eccome se c'è stata. Il veto su Maroni, e questo non era mai accaduto nella storia della Lega, da militanti, sezioni, segreterie provinciali della Lombardia, era stato respinto al mittente. Inviti a Maroni dappertutto, compresa Gemonio dove abita Bossi. Manifestazione mercoledì sera a Varese.
Era pronta, la secessione da Bossi. O meglio da chi dal 2004 lo isola, lo condiziona, lo nasconde, lo usa. Il ni e pochi altri, non pervenuti.
La Padania all'annuncio fa seguire una nota attribuita a Bossi. «Chi spera in una Lega divisa e dà ascolto a intermediari confusi rimarrà deluso». Intermediari confusi? E chi sarebbero, i suoi consiglieri o chi ha mal interpretato le intenzioni di Bossi? Ripartono i post su Facebook e gli sms sui telefonini. «Fuori i loro nomi e fuori dalla Lega! Chi ha mal consigliato Bossi paghi togliendo il disturbo!». «Gli intermediari confusi mandiamoli in Tanzania!». «Troppo facile quando ci si accorge di essere in minoranza». E la richiesta sempre più insistente: «Non fermiamoci, facciamo i congressi». «Liberiamoci da chi rovina la Lega».
Per Bossi dovrebbe finir qui. «Ancora una volta i due vecchi amici si son dati la mano, convinti più che mai che la Lega sia molto più importante di beghe e contestazioni infondate», fa scrivere su La Padania. Ma quel che manca, e non è poco, sono le spiegazioni. L'altra sera Bossi si era limitato a ordinare il silenzio di Maroni, porte chiuse in tutte le sedi della Lombardia, senza aggiungere motivazioni. E nemmeno nella telefonata di ieri ha spiegato il perché del dietrofront. Roberto Calderoli ora s'intesta il merito della stretta di mano, ma è più probabile che sia stato il rischio di secessione delle sedi, dei militanti.
«Tutto è bene quel che finisce bene», dice Roberto Cota, il governatore del Piemonte, quando alle sei del pomeriggio lascia Stresa e la riunione dell'ufficio di presidenza del Parlamento Padano. Ha appena saputo della telefonata tra Bossi e Maroni. Evviva, la Lega è unita, non è successo niente o quasi. Sul Lago Maggiore c'erano anche Rosi Mauro e Renzo Bossi, piuttosto in difficoltà davanti alle domande. Come mai il Capo vuole il silenzio di Maroni? «Non so niente», risponde lei. «Non so un c.», aggiunge lui. E alle due del pomeriggio s'infilano al ristorante dell'hotel. Piatto del giorno, trota.
Eppure, a metà pomeriggio, le voci dei leghisti a Stresa erano sommesse e vaghe, se non minacciose come quella di Calderoli. «Le sezioni invitano Maroni? Non possono! Non possono!». Anche Calderoli, alla domanda sull'ordine bossiano, si era smarrito nella vaghezza. «Alla riunione di venerdì non c'ero, anzi c'ero e sono andato via prima della comunicazione. Non so altro». Nessuno sapeva, nessuno ha chiesto. Ma Facebook è arrivato anche in Padania e da lì è partita la rivolta di militanti e sezioni. Aspettando la manifestazione di domenica prossima a Milano, comincia la caccia agli «intermediari confusi»...
2- IL PARTITO NON SOPRAVVIVERÃ AL SENATÃR
Ferruccio Sansa per Il Fatto
Il codice della marineria dice che il comandante affonda con la nave. Quello della politica, che la nave affonda con il comandante. Che fine malinconica per la Lega. Degli inizi, i suoi vertici sembrano aver conservato l'arroganza (una volta dei vincitori, oggi dei perdenti). Gli italiani, però, non sono tanto stupidi da credere che basti togliersi la giacca e infilarsi la maglietta verde per tornare a essere partito di lotta. Non si lasciano convincere da slogan contro il governo quando la crisi è responsabilità di chi ora protesta.
Nemmeno i militanti leghisti sono stupidi. Anzi, ribellandosi ai capi - schierati con Cosentino pur di salvare il cadreghino - dimostrano che il loro attaccamento al Carroccio era spesso genuino. Ma Bossi e il suo Cerchio Magico, da tempo (forse da sempre), li hanno abbandonati. E anche Maroni non può ambire a essere leader: Bobo che fu ministro dei primi governi Berlusconi, poi sparò a zero sul Cavaliere, salvo tornare all'ovile e al Viminale. Maroni che come massima espressione di dissenso "osa" sbuffare di fronte al Senatùr.
Se, però, il partito si disgrega, restano milioni di elettori delusi e confusi che si sfogano in Internet e alla radio. Restano piccoli amministratori leghisti che si sono dimostrati migliori dei dirigenti. E soprattutto rimangono istanze che meritano ascolto. No, non la becera intolleranza che sfiora il razzismo, non il ribellismo retorico che ignora le leggi. Ma il desiderio di una politica lontana dai palazzi, più legata al territorio del Nord che tanto ha contribuito alla crescita dell'Italia.
Sbaglierebbe chi liquidasse, insieme con il Carroccio, anche i bisogni reali alla base della sua affermazione. Impossibile, però, che se ne faccia interprete il Pdl. E difficile che sia in grado di farlo un centrosinistra spesso ridotto ad apparato. Una cosa è certa: il rappresentante di questo scontento non può essere la Lega. Partita per sconfiggere "Roma ladrona" ha invece portato nel suo Nord tante logiche "romane": la fame di poltrone, l'affarismo, i tatticismi, la mancanza di democrazia interna.
Il Carroccio si ferma qui, quando pareva diventato movimento di massa si è rivelato un altro partito "ad personam": dopo Berlusconi pare questo il modello dei partiti in Italia, a destra come a sinistra. E Bossi ha deciso che la sua creatura non gli sopravviverà .
GALASSIA LEGA - CHI STA CON BOSSI E CHI CON MARONIBOSSI E MARONI ILLUSTRAZIONE - SECESSIONE BOSSI E MARONIIL COLPO DI FULMINE TRA BOSSI E MARONI Maroni Calderoli Bossi Vignetta di Benny da Libero Una foto di archivio di Roberto Maroni assistito da Roberto Calderoli e Umberto Bossi dopo gli incidenti di via Bellerio Bossi e MaroniBOSSI - MARONIBOSSI MARONI CALDEROLI Roberto Maroni con i suoi candidati Donato Castiglioni e Leonardo Tarantino ROBERTO MARONI ISABELLA VOTINO
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