DAGOREPORT - SI SALVINI CHI PUO'! ASSEDIATO DAL PARTITO IN RIVOLTA, PRESO A SBERLE DA GIORGIA…
Maria Teresa Meli per il “Corriere della Sera”
A parole tutti i leader della maggioranza negano che nella coalizione vi siano tensioni e problemi. Ma è veramente così? Le fibrillazioni sul referendum che riguarda il taglio dei parlamentari sembrerebbero dimostrare il contrario.
Il Pd chiede di approvare prima alla Camera una riforma della legge elettorale proporzionale che bilanci gli effetti di quel taglio. Ma i tempi sono strettissimi, Italia viva ha fatto una mezza apertura e niente di più e Forza Italia, su cui i dem pure puntavano, ha fatto sapere che prima del voto non si può pensare di cambiare la legge elettorale. Senza contare che autorevoli esponenti del Partito democratico, come Stefano Bonaccini, ritengono che ci siano cose «più importanti» di cui occuparsi.
Mentre il capogruppo dem al Senato Andrea Marcucci propone agli alleati di confermare ora la loro volontà di cambiare la legge elettorale, ma di incontrarsi per modificarla dopo il referendum.
Questo, però, non sembra l'unico tema divisivo. Ed è il motivo per cui tanti dossier vengono rinviati. In un quadro così frammentato il crescente potere di Giuseppe Conte viene visto dagli alleati con una certa apprensione.
Persino Goffredo Bettini, che è uno dei più grandi sostenitori del premier, in un'intervista a Repubblica qualche giorno fa non ha escluso che il governo possa avere bisogno di un rafforzamento del suo profilo politico.
Come a dire, seppure in garbato politichese, che Conte non può giocare da solo. Delle riserve di Luigi Di Maio nei confronti del presidente del Consiglio si è scritto e detto. E i dem, sempre attenti alle mosse dell'alleato grillino, hanno notato come ultimamente il ministro degli Esteri stia riprendendo potere nei gruppi parlamentari del Movimento 5 Stelle, arginando il peso di Conte. Perciò, dietro le quinte, si è ripreso a parlare di rimpasto.
vincenzo spadafora ministro dello sport foto di bacco
Un rimpasto che dovrebbe portare anche a un ridimensionamento del premier. Ufficialmente fioccano solo smentite sull'argomento, ma il lavorìo sotterraneo non sembra fermarsi.
Ieri è stato proprio Di Maio a negare che una ipotesi del genere sia sul tavolo: «Basta con questi retroscena. Il rimpasto non serve, il governo è solido e compatto». Secondo un tam tam parlamentare il titolare della Farnesina vorrebbe traslocare al Viminale. La smentita, perciò, era d'obbligo.
Dunque, chissà di che avranno parlato ieri Matteo Renzi e Di Maio? Il colloquio non deve stupire perché i due ormai si sentono con una certa regolarità. Circola voce che anche a Italia viva non dispiacerebbe cambiare qualche casella del governo, ottenendo magari la Difesa, benché Renzi abbia sempre decisamente negato di «volere poltrone o strapuntini».
Chi di sicuro non è interessato a entrare al governo è Nicola Zingaretti. Ieri il segretario dem, proprio per troncare le continue illazioni sulla sua presunta aspirazione a prendere il posto di Luciana Lamorgese, ha chiamato la ministra degli Interni per confermarle il «pieno appoggio» del Pd, blindandola.
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Ma in caso di rimpasto potrebbe entrare nel governo un altro dem di peso: il vicesegretario del partito Andrea Orlando. I giochi, però, entreranno nel vivo dopo il voto di settembre: saranno i risultati di quelle elezioni a determinare i rapporti di forza tra i partiti della coalizione e le scelte conseguenti.
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